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17 aprile 2024
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Se Parigi si scopre “normale”

Michele Marchi - 10.07.2014
Liliane Bettencourt

Oramai assuefatti dagli scandali della politica italiana, finiamo per non prestare sufficiente attenzione a ciò che avviene Oltralpe. Il mese di luglio si è aperto con un vero e proprio terremoto politico-giudiziario. Non tanto per l’ennesima inchiesta che coinvolge l’ex presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy, quanto per le modalità con le quali il nuovo fascicolo è stato aperto e per la tempistica di questo nuovo affaire.

 

Mal comune, mezzo gaudio?


Bisogna innanzitutto chiarire un punto preliminare. Quando Sarkozy ha lasciato nel cuore della notte gli uffici della polizia giudiziaria di Nanterre, dopo oltre quindici ore in “stato di fermo”, è risultato evidente come almeno tre grandi questioni finissero per intrecciarsi: il complesso rapporto politica-magistratura, il futuro della destra repubblicana da qui alla prossima elezione presidenziale e l’annosa questione dei costi della politica. Per certi aspetti il sovrapporsi di questi tre dossier ci fa tirare un sospiro di sollievo: i nostri “cugini” francesi si trovano alle prese con questioni molto simili alle nostre e di conseguenza esce depotenziata l’idea dell’Italia come “malato cronico europeo”. D’altra parte l’ennesimo scandalo sottolinea la dimensione sistemica di una serie di criticità oramai consustanziali all’evoluzione dei sistemi democratici avanzati in questo avvio di XXI secolo.

 

Politica e denaro


Prima di tutto l’ennesimo affaire Sarkozy chiama in causa il problema dei costi della politica, non tanto  e non solo sul fronte degli sprechi o dei privilegi degli eletti, quanto in relazione alla necessità di finanziare l’attività dei partiti. Spesso in questi decenni si è parlato, anche giustamente, di un necessario ritorno della “politica”, di fronte al rischio di un trionfo del grande Leviatano della finanza. Ebbene in epoca di spettacolarizzazione della politica e di fine del militantismo è evidente che i costi sono lievitati e le possibilità di auto-finanziamento per un partito politico sono ridotte. L’UMP è da questo punto di vista un ottimo punto di osservazione per riflettere su questo tema. Almeno due degli affaires nei quali si trova implicato l’ex Presidente della Repubblica riguardano proprio il finanziamento delle sue campagne elettorali (2007 e 2012), uno riguarda i sospetti di finanziamenti provenienti dalla Libia di Gheddafi e l’altro le donazioni della multimiliardaria Liliane Bettencourt. Dopo l’annullamento dei rimborsi elettorali della campagna 2012, il prestito di massa con il quale i militanti hanno coperto quei costi, resta l’attuale drammatica situazione dell’UMP. Al 30 giugno 2014 il primo partito d’opposizione di Francia dichiara circa 75 milioni di euro di debiti. Al netto delle accuse reciproche (l’UMP reclama lo sblocco di corposi fondi statali non ricevuti come rimborso elettorale) e delle faide interne al partito in relazione alle modalità con cui si è giunti a questo colossale “buco” (tra le ultime notizie i 24 mila euro spesi dalla moglie del presidente Copé per viaggi aerei nel territorio francese nell’ultimo anno), è evidente che la legge del gennaio 1995 voluta da Philippe Séguin per regolare una serie di illeciti finanziari dell’allora partito gollista RPR, non sembra oggi più sufficiente.

 

Politica e giustizia


La seconda grande questione riguarda il rapporto tra politica e magistratura. Nel suo breve e pugnace intervento televisivo di poche ore successivo alla sua garde à vue di oltre mezza giornata, Sarkozy ha assunto i toni del “perseguitato politico”. Alcuni commentatori non hanno esitato a riproporre l’immagine del “Sarko-Berlusconi”. Senza dubbio il numero delle inchieste nelle quali si trova coinvolto possono assimilare Sarkozy a quel campione dello scontro magistratura-politica dell’ultimo ventennio della Repubblica italiana che è Silvio Berlusconi. A Parigi, però, si stanno soppesando tutti i rischi connessi ad una così profonda e pervasiva giuridicizzazione della vita politica. Autorevoli commentatori, anche apertamente schierati a sinistra, hanno avanzato qualche perplessità perlomeno su tre punti. Era necessario “umiliare” Sarkozy ponendolo in stato di fermo? Di nuovo, come è stato spesso a ragione rimproverato proprio allo stesso Sarkozy, ad essere intaccata è stata la “funzione presidenziale”. È lecito affermare l’uguaglianza di tutti di fronte alla legge. Discrezione e pacatezza avrebbero però giovato non poco per ridurre il discredito della prima istituzione repubblicana. In secondo luogo un dibattito per nulla a senso unico si è aperto sull’uso (per molti abuso) delle intercettazioni telefoniche, soprattutto ancora una volta se applicate pesantemente ad un ex Presidente della Repubblica. Infine l’annosa questione della “politicizzazione” della magistratura. Una delle due “dames” che hanno interrogato Sarkozy (le ha definite così, non riconoscendo loro alcuna autorevolezza e legittimità) pare essere iscritta al Syndicat de la magistrature, apertamente schierato a sinistra ed esplicitamente critico verso Sarkozy nel corso delle campagne elettorali per le presidenziali del 2007 e del 2012.

 

Crisi politica contingente?


Infine la questione più propriamente politica e qui ci si potrebbe forse solo soffermare sulla specificità del caso francese. In fondo l’ennesimo affaire mescola le carte nella corsa alla leadership dell’UMP, dopo le dimissioni del suo presidente Copé, ancora una volta per uno scandalo di false fatturazioni. I commenti glaciali di Fillon e Juppé e la freddezza del leader dei quarantenni Le Maire sulla vicenda Sarkozy, ma anche i richiami al ritorno di una destra “dei valori” da parte di personaggi a lui vicini come Rachida Dati e Henri Guaino, anticipano mesi di fuoco da qui al congresso straordinario di novembre e poi ancora sino alle primarie per l’elezione presidenziale previste per l’autunno del 2016. Ancora una volta, però, senza sottostimare le specificità, il laboratorio francese presenta una destra moderata in realtà non in grado di offrire una proposta politica credibile ad un’opinione pubblica in totale rottura con il suo presidente e il principale partito di governo. Se la gauche socialista di Hollande non si sta mostrando in grado di uscire da una mera battaglia di retroguardia sulla difesa di un modello di welfare oramai superato, la destra moderata non riesce ad allontanarsi dalla sua immagine “gestionaria” e finisce per rincorrere l’estrema destra accentuando la sua dimensione valoriale ed ideologica, laddove la più netta caratteristica del gollismo, da de Gaulle a Chirac, è sempre stata l’assoluto pragmatismo.

 

Crisi politica sistemica?


Insomma tra le pieghe degli affaires che forse, ma non è così scontato, affosseranno la nuova corsa all’Eliseo di Nicolas Sarkozy si annidano alcune tra le più inquietanti patologie comuni alle maggiori democrazie occidentali contemporanee. La crisi di Sarkozy e della destra transalpina ci dicono molto della crisi italiana e di quella europea. Se mai l’Ue uscirà dalla sua impasse economica e monetaria, non dovrà certo trascurare il preoccupante stato di salute politico di molti dei suoi più autorevoli Paesi membri.