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23 settembre 2023
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Se non torna il Mattarellum, un rimedio c’è

Luca Tentoni * - 11.12.2014
Consultellum

Nel corso della discussione sulla riforma della legge elettorale è stato presentato un emendamento che rinvia l’entrata in vigore dell’Italicum al primo gennaio 2016 (come la stampa aveva anticipato da qualche tempo). Tuttavia, a sorpresa, si prevede anche che nel frattempo non si utilizzi il sistema ricavato dal “ritaglio” del Porcellum (il metodo per l’elezione di deputati e senatori col quale vennero ripartiti i seggi nel 2006, 2008 e 2013) operato circa un anno fa dalla Corte Costituzionale, ma la vecchia legge Mattarella (il Mattarellum in uso per le elezioni del 1994, 1996 e 2001). Lo scopo del “congelamento” dell’Italicum è politico: serve a prendere tempo per evitare che si voti per un Senato che forse fra un anno non sarà più elettivo, ma soprattutto vuole rassicurare gli alleati del Pd e la minoranza interna al partito che non si voterà nella primavera del 2015. Da un lato, infatti, il Consultellum è un sistema proporzionale che, così com’è, non permetterebbe probabilmente a nessuno di avere la maggioranza alla Camera e al Senato; dall’altro, il Mattarellum potrebbe consentire ai Democratici di vincere in un gran numero di collegi uninominali, qualora confermassero il 40,8% delle europee. Se col Consultellum l’arma delle elezioni era pressochè scarica, con il ritorno al Mattarellum il Pd avrebbe una possibile “uscita di sicurezza” nel caso di crisi politica in seguito ad un’elezione presidenziale tormentata o ad eventi socio-economici ora non facilmente prevedibili. C’è però da rilevare che, se la clausola di “congelamento” può andar bene a molti, il Mattarellum potrebbe non piacere ai partiti minori, che in caso di elezioni nel 2015 dovrebbero apparentarsi con i maggiori per non limitare la propria rappresentanza ad una “fettina” della quota proporzionale di seggi (il 25%) prevista dalla legge del ’93. L’Aula del Senato, dunque, potrebbe accogliere solo la clausola che introduce il rinvio, ma scegliere di tenersi il Consultellum per tutto l’anno venturo, in attesa che l’Italicum entri in vigore il primo gennaio 2016. Se così fosse, sarebbe molto difficile poter andare a votare anche in caso di necessità, a meno di vedersi costretti a nuove “grandi coalizioni”. Però un’alternativa c’è: si potrebbe apportare qualche modifica al sistema ritagliato dalla Corte, per rendere meno impossibile il raggiungimento della maggioranza dei seggi in entrambi i rami del Parlamento a uno o più partiti dello stesso orientamento politico. In questo nostro studio – che è una semplice “ricognizione” sull’arte del possibile, cerchiamo di capire come – con opportune modifiche e in presenza di determinate condizioni – anche il Consultellum possa riuscire a “produrre” un vincitore.

 

Verso il “Consultellum corretto” – primo “dettaglio”, le preferenze

 

Pur se la questione è oggetto di dispute (circa lo strumento normativo da utilizzare) il legislatore dovrebbe inserire nel sistema vigente una norma sulla facoltà per l'elettore di esprimere il voto di preferenza. La sentenza 1/2014, infatti, recita: “Eventuali inconvenienti potranno, d’altro canto, essere rimossi anche mediante interventi normativi secondari, meramente tecnici ed applicativi della presente pronuncia e delle soluzioni interpretative sopra indicate. Resta fermo ovviamente, che lo stesso legislatore ordinario, ove lo ritenga, «potrà correggere, modificare o integrare la disciplina residua» (sentenza n. 32 del 1993)”. Nulla vieta, per esempio, di introdurre con uno snello disegno di legge due preferenze – con l’obbligo che siano assegnate a candidati di genere diverso - per incoraggiare l'ingresso in Parlamento di un maggior numero di donne. In ogni caso, proprio la questione non ben definita del voto di preferenza potrebbe costituire l'occasione per "risistemare" più diffusamente il Consultellum (rendendo il sistema più disrappresentativo e premiante per i partiti maggiori) con due o tre semplici modifiche. Come abbiamo spiegato nel numero 79 di "Mentepolitica" (Senato, il problema del "Consultellum"), l'applicazione del meccanismo vigente ai risultati elettorali delle europee 2014 ci darebbe una Camera senza maggioranza (col Pd fra 270 seggi e 296, secondo D'Alimonte) e un Senato ancor più "balcanizzato": abbiamo stimato nella nostra simulazione che il Pd, a seconda della presenza o meno di coalizioni, avrebbe fra i 138 e i 154 seggi, il M5S fra 67 e 82, FI fra 57 e 59. Insomma, non vincerebbe nessuno e si dovrebbe formare una coalizione di governo più ampia dell'attuale (aggiungendo a Pd-Ncd-Udc-Svp la sinistra Sel-Tsipras oppure Forza Italia).

 

Secondo “dettaglio” – l’abolizione delle coalizioni “inutili”

 

Se però il legislatore dovesse (o, meglio: volesse) completare il Consultellum, potrebbe non limitarsi ad aggiungere la preferenza unica o doppia "di genere". Una seconda modifica potrebbe consistere nell'abolizione dell'apparentamento in coalizioni: del resto, che senso ha mantenerlo, visto che non ci sono più premi di maggioranza? Com'è ora, dopo il ritaglio della Consulta, l'apparentamento non serve più per vincere, ma per aggregare: i partiti minori possono usufruirne per ottenere soglie d'accesso più basse per Camera e Senato, mentre i maggiori lo possono usare per "minacciare" i più piccoli spingendoli ad alleanze alle quali forse non sarebbero entusiasti di aderire. Finchè il Pd aveva archiviato la "vocazione maggioritaria" veltroniana, l'ipotesi che i Democratici andassero alle elezioni da soli non era realistica. Ma ora che col 40,8% delle europee Renzi può essere tentato di vincere senza alleati, il meccanismo delle coalizioni non conviene più, perchè permette a FI e Lega di riunirsi, salvando da soglie di sbarramento alte i partiti minori e riducendo potenzialmente (a causa dell'aumento dei gruppi ammessi al riparto dei seggi) la rappresentanza parlamentare del Pd. L'abolizione degli apparentamenti renderebbe inoltre difficile lo sviluppo di un soggetto politico autonomo alla sinistra dei Democratici, perchè in Senato la soglia rimasta (dopo la scomparsa di quella del 3% prevista per i partiti coalizzati) sarebbe quella dell'8% regionale. Questa modifica al Consultellum, come l'introduzione del voto di preferenza, non richiede tempi e testi lunghi. Nel centrodestra, una lista unica con candidati di Ncd, Udc, FI, Lega, FdI diverrebbe a quel punto ancor meno probabile di un già difficile accordo per una nuova edizione (sotto forma di coalizione) della CDL.

 

Terzo “dettaglio”, la “cura belga” per il Consultellum

 

Già così disegnato, il Consultellum darebbe al Senato (secondo la nostra simulazione basata sui risultati delle elezioni europee del 2014) 154 seggi al Pd (17 seggi in più che con le coalizioni), 0 a Sel-Tsipras (-9), 3 a Svp (=), 82 al M5S (+15), 59 a FI (+2), 13 alla Lega (-4), 4 al Ncd-Udc (-8) e 0 a FdI-An (-12). In pratica, col 40,82% dei voti il Pd sarebbe ad appena quattro lunghezze dalla maggioranza assoluta in Senato, raggiungibile con l'apporto di Svp e Ncd. Tuttavia la modifica decisiva potrebbe essere un'altra: introdurre, per la ripartizione regionale dei seggi, il "metodo belga" del divisore, che premia i partiti maggiori. Se ogni partito "corresse" per conto proprio, il Pd avrebbe 165 senatori (la maggioranza degli eletti è 158); 3 la Svp; 74 il M5S; 54 FI; 12 la Lega; 6 Ncd-Uc; 1 FdI-An. Nel caso di competizione con un partito unico del centrodestra il Pd arriverebbe a 158 con Tsipras e a 161 con la Svp. In sintesi, il sistema del Senato può essere facilmente trasformato in un meccanismo favorevole ai partiti più forti grazie alla scarsa "ampiezza" delle circoscrizioni regionali (in media eleggono 15,45 senatori, ma solo otto assegnano almeno 20 seggi: di queste, solo Lombardia, Lazio e Campania arrivano oltre quota 25, contro ben dieci regioni con meno di 10 seggi in palio) e all'uso del "metodo belga" (variante del D'Hondt). Il metodo del divisore e la ridotta ampiezza delle circoscrizioni regionali rendono pressochè superfluo mantenere la soglia di sbarramento regionale del 8%, che dunque potrebbe essere abolita. Infatti, solo in quattro regioni i partiti eleggono senatori anche se non raggiungono l’8% dei voti (mantenendo la soglia, invece, quattro seggi – tre Ncd e uno FdI - passerebbero a M5S e FI, i quali ne guadagnerebbero due ciascuno) Con queste tre modifiche, il Consultellum potrebbe produrre una maggioranza anche in Senato, sempre che il Pd si confermi intorno al 38-40% e che ciascuno dei suoi concorrenti resti sotto o intorno al 20%. C’è poi da aggiungere, a titolo di curiosità, che il metodo belga (divisori 1, 1.5, 2, 2.5… n) non è molto diverso (sovrarappresenta un po’ meno i partiti maggiori, ma non molto) da quello proposto dal M5S dopo una consultazione in rete fra i sostenitori (Atto Camera 2352) nella sua proposta di legge elettorale per la Camera (1, 1.8, 2.6, 3.4 … n). In un’ipotetica circoscrizione con 10 seggi in palio e la distribuzione dei voti delle europee (Pd 40,8 M5S 21,2 FI 16,8 Lega 6,2 Ncd 4,4) col sistema dell’attuale Consultellum avremmo 4 seggi al Pd, 2 ciascuno a M5S e FI, uno a Lega e Ncd; col metodo M5S il Pd avrebbe 5 seggi, M5S 3, FI 2; col “belga” abbiamo invece Pd 6 seggi, M5S 2, FI 2.

 

Un rimedio anche per la Camera

 

Questo impianto produrrebbe una maggioranza dei Democratici in Senato. Per quanto riguarda la Camera, per ottenere lo stesso effetto bisognerebbe aggiungere un intervento sul “Consultellum Montecitorio”: la ripartizione dei seggi col metodo belga in circoscrizioni provinciali anzichè in quelle attuali, ben più ampie. Insomma, se oltre la clausola che "congela" l'Italicum non venisse reintrodotto il Mattarellum, o se si votasse prima dell’approvazione definitiva dell’Italicum, potremmo avere ugualmente un sistema “di riserva”. Del resto, un conto è la volontà politica, un altro conto gli accadimenti che si susseguono nel tempo: quel che oggi non sembra fattibile potrebbe esserlo domani. Perciò, se la situazione dovesse cambiare, non è improbabile che si possa andare al voto dopo aver rapidamente adottato "correzioni sovrarappresentative" come quelle che abbiamo evidenziato in questa nostra ipotesi di scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* Analista politico e studioso di sistemi elettorali