Ultimo Aggiornamento:
17 aprile 2024
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Se il Front National vince tra la gente, il modello francese ha fallito

Francesca Del Vecchio * - 17.12.2015
Fraternitè

Il doppio turno premia i moderati. Accade in Francia, dove domenica 13 dicembre si è disputata la partita più importante: il ballottaggio per le elezioni regionali. I Repubblicani smentiscono i pronostici fatalisti, conquistando sette regioni, a fronte delle cinque dei Socialisti. Nulla di fatto per il Front National, vincente al primo turno con le percentuali di voti più alte in ben sei regioni (Nord-Pas-Calais/Picardia, Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Champagne-Ardenne/Lorena/Alsazia, Centro, Midi-Pyrénées e Borgogna/Franca Contea).

Nonostante gli esiti - più rassicuranti rispetto a quelli dello scorso 6 dicembre - non tranquillizzano i numeri di questa tornata elettorale. Il partito di estrema destra - guidato da Marine, figlia di Jean-Marie Le Pen - guadagna alle urne percentuali significative: 6,6 milioni di voti pari al 28%. Cifre che lasciano poche speranze per i sostenitori del modello d'integrazione transalpino, ad oggi al collasso. A dirlo è la crescente insofferenza nei confronti di immigrati e stranieri espressa attraverso il voto al Front National. Il suo 29% - circa - del primo turno è sintomo dell’interesse pubblico per le battaglie anti immigrazione, oltre che per l’economia nazionale e sicurezza interna di cui il Front National si è fatto propugnatore accanito. Il modello francese di convivenza e integrazione - con la presunzione dell'assimilazione - ha dimostrato le sue falle già con le rivolte delle banlieues del 2005, quando ai ragazzi veniva imposta la rimozione delle proprie specificità culturali, pur mettendo in atto discriminazioni sociali sulla base di quelle stesse origini. Per poi confermarsi un sistema del tutto inutile dopo gli attentati dello scorso 13 novembre, durante i quali un giovane provenienti dal sobborgo parigino di Courcourennes si è fatto saltare in aria nel teatro Bataclan.       È la parola banlieue a suggerire l'inefficacia del principio cui si ispira: ban vuol dire “mettere al bando”, lieu è “luogo”, dunque "luogo da mettere al bando".

Di certo il voto al Front National - checché ne pensino i politologi - è la traduzione della paura che pervade la Francia dopo l'annus horribilis 2015, iniziato con Charlie Hebdo il 7 gennaio. I 130 morti degli attentati terroristici dello scorso novembre, alle urne, si sono trasformati in un 28% che ha conferito al partito più populista d'Europa il primato in una delle maggiori società politiche dell'Occidente: la Francia. La minaccia jihadista e il pericolo terrorismo - armi brandite contro la tolleranza dei socialisti da Marine e Marion (nipote della prima, anche lei candidata per il FN in Provenza-Alpi-Costa Azzurra, Alsazia-Champagne-Ardenne-Lorena, Alvernia-Rodano-Alpi e Paese della Loira) - hanno instillato negli elettori il germe dell'odio e del risentimento, dirottando le coscienze verso islamofobia e anti-immigrazione. Conseguenze significative in un Paese che conta circa 6 milioni di musulmani, tutt'altro che sereni per l'ascesa delle bionde di casa Le Pen. Il Front National conquista i francesi a colpi di retorica anti-europeista. Ma se prima doveva prestare attenzione alle dichiarazione antisemite di Jean-Marie - per cui le camere a gas erano un "dettaglio" della storia - ora può concentrarsi sulla lotta per le frontiere: frontiere nazionali contro Schengen e l'appartenenza all'Unione Europea, frontiere interne tra francesi e immigrati per consentire ai primi i benefici sociali, frontiere culturali per cui il principio di laicità è usato in modo selettivo, e cioè contro il velo islamico ma in difesa della cristianità.

Il risultato ottenuto dal FN non ha solo influito sulle coscienze dei cittadini francesi chiamati al voto. Ha anche rafforzato quel senso di appartenenza e comunitarismo di tanti giovani arabi delle banlieues, per cui fuggire verso gli estremismi religiosi del fondamentalismo si trasforma nell’unica soluzione per sopravvivere alle discriminazioni di una società, solo a parole, impegnata nel processo d’integrazione. La comunità musulmana francese – ma più trasversalmente di tutta Europa - è costretta a fare i conti con altrettante frange estremiste al proprio interno. Non basta la presa di coscienza di una parte di essa per ridurre la frattura multiculturale, anzi: inevitabilmente il gap si allarga. La promessa di uguaglianza e di pari opportunità sottesa al modello assimilazionista proposto dalla Francia, non è stata mantenuta e le comunità musulmane, in particolare le seconde e terze generazioni, hanno fatto i conti con una realtà sperequata sul piano scolastico e universitario, lavorativo e perfino abitativo. Condizioni che incrociano la crescente influenza esercitata dalle correnti radicali dell’Islam che rifiutano la separazione tra religione e politica della laïcité.

La lezione francese – monito per gli altri Stati europei – insegna ai moderati e ma soprattutto alla società che la demonizzazione dell’Islam da parte degli intransigenti di estrema destra altro non fa se non spingere nelle braccia delle frange terroristiche islamiste i giovani che nei loro paesi d’adozione di sentono stranieri. È il meccanismo dell’alienazione.

 

 

 

 

* Francesca Del Vecchio, praticante giornalista. Collabora con Prima Comunicazione e ha collaborato con il canale all news Tg Com 24.