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11 dicembre 2024
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Puntiamo sulla scuola

Francesco Provinciali * - 21.11.2020
DAD

Di tutte le preoccupazioni che hanno accompagnano la diffusione pandemica una della più avvertite, oltre il dato strettamente legato alla salute e ai contagi, è stata quella legata al funzionamento delle scuole: spazi, arredi, banchi, profilassi, sanificazione delle aule, organici dei docenti, orari di apertura, contenuti didattici, anche attraverso un ‘patto di solidarietà’ con le famiglie come auspicato dal Ministero.

Dopo la riapertura di settembre, preceduta da un periodo di incertezze e di ritardi, in via sperimentale è stata avviata la didattica a distanza, che tuttavia – nonostante la buona volontà di dirigenti scolastici e docenti- ha palesato difficoltà procedurali, basti pensare che il 30% delle famiglie del Sud Italia non possiede un pc o un tablet. Proprio in questi giorni il Governo ha deliberato la concessione di un bonus ad hoc. La ripresa virulenta della pandemia e il lockdown a zone sta condizionando l’incerta e aspirazione di normalità e necessita di dotarsi di una specie di paracadute per un atterraggio morbido, sul piano organizzativo e funzionale e su quello psicologico e relazionale, a scuola e a casa.

Gli istituti scolastici hanno superato l’impatto della riapertura ma la fase quasi drammatica attuale rende complicata sia la gestione della didattica in presenza che la DAD, ogni fase di funzionamento è peraltro condizionata da una iperproduzione normativa della burocrazia centrale e di quella dell’autonomia scolastica. Non si riesce a comprendere che una programmazione didattica produttiva ed efficace coincide con uno sforzo di semplificazione che accompagni i processi organizzativi.

Questi primi mesi di scuola hanno dimostrato quanto sia importante prestare attenzione anche ai fattori soggettivi, che riguardano la rassicurazione emotiva, il sentirsi parte di una comunità che ha le sue regole ma che non può trasformare un ambiente educativo ad alto tasso di socializzazione in  un luogo di costrizione: le aule, le palestre, gli angoli attrezzati, i laboratori, gli spazi interni/esterni non devono essere vissuti come letti di Procuste inospitali. Il timore che tutto funzioni davvero non deve trasformare l’aula didattica in una sorta di ambulatorio medico ma, tenendo conto delle incognite legate alle schizofrenie della pandemia, neppure correre il rischio di generare o far circolare nuovi improvvisi focolai.

Non possiamo certo permetterci che questo accada nelle nostre scuole, dobbiamo capire che il concetto di responsabilità riguarda tutti e non ammette deroghe, per dirla con Bernanos … “che non siamo noi a custodire le regole ma sono le regole a custodire noi”.

Tuttavia non siamo autorizzati a dimenticare che la dizione “sistema scolastico” implica il concetto di gestione del capitale umano. Questo vale sotto il profilo delle tutele sanitarie ma anche nel perseguimento del fine precipuo per cui esiste la scuola e istruzione e formazione avvengono in contesti  istituzionalizzati: il diritto allo studio ha il suo correlato speculare nel dovere sociale di perseguirlo come obiettivo di civiltà sul piano etico e come investimento primario che ogni Stato dovrebbe finanziare, avendone poi un ritorno in termini di elevazione culturale e di crescita e progresso economico, di sommo bene comune. E’ di questi giorni una stima della Banca Mondiale che ha previsto che i cinque mesi di chiusura forzata delle scuole costeranno agli alunni di oggi che li hanno subìti minori entrate economiche nella vita adulta per una cifra complessiva pari al 7% del PIL planetario. Ma anche guardando oltre il dato meramente economico ci sono altre conseguenze che dovrebbero preoccupare: la qualità delle relazioni interpersonali, l’aderenza o il discostamento rispetto agli obiettivi formativi, la loro programmazione, le occasioni di verifica, il tener desta la motivazione (ad insegnare e ad imparare) che poi è il gusto di andare a scuola o di imparare da casa volentieri, senza essere sopraffatti dai condizionamenti ambientali. Ma non si può trascurare l’incidenza che il riassestamento del sistema scolastico sta determinando nel rapporto insegnamento-apprendimento, a partire dalla rimodulazione oraria delle lezioni, all’avvicendamento dei docenti su gruppi classe prevedibilmente ridotti, all’uso dei libri di testo.

E’ necessario pensare agli spazi, alle aule e ai banchi ma senza dimenticare i contenuti didattici.

La scuola non è luogo di mera assistenza custodiale.

L’equivalenza della didattica a distanza con quella tradizionale per le scuole superiori risolve il dimenticato problema del sovraffollamento nei trasporti da e per la scuola.  Paolo Crepet mi ha espresso la sua preoccupazione verso il rischio di un rapporto educativo anaffettivo nella scelta della DAD.

Le nuove tecnologie hanno una valenza sussidiaria rispetto alla didattica in presenza, la cultura è interiorizzazione di saperi e competenze: occorrerà prestare molta attenzione affinchè le chiavi di funzionamento della scuola siano presto restituite a chi ci lavora.

Esistono meccanismi di verifica e controllo sull’ordinato svolgersi della vita scolastica, facciamoli funzionare rispettando la sintesi necessaria tra la libertà d’insegnamento e il diritto allo studio.

Una vita scolastica regolamentata e ricca di motivazioni restituisce la necessaria rassicurazione emotiva.

Un recente Rapporto ONU paventa il pericolo della sesta estinzione della vita sulla Terra, la prima per mano dell’uomo e pone il problema della sostenibilità ambientale uomo-natura. Siamo 7.7 miliardi e a fine secolo diventeremo 11 miliardi: c’è posto per tutti? Il biologo Edward Wilson ha affermato che al raggiungimento dei 6 miliardi di esseri umani sul pianeta è scattato un semaforo rosso: la pandemia in corso è anche causata da questo sforamento demografico che provoca una ribellione della natura.

Si prevede che in futuro potranno esserci nuove, più complesse pandemie che attaccheranno il genoma umano. Che fare? La soluzione è sui banchi della scuola di oggi: le generazioni future hanno il diritto ad una formazione aggiornata agli sviluppi della scienza e a tale sviluppo potranno concorrere, con l’istruzione, la cultura, la ricerca. I vaccini del futuro saranno prodotti dagli studenti di oggi.

Dobbiamo investire sulla scuola perché contiene “in nuce” il nostro futuro: il fiume della vita passa da qui.

 

 

 

 

* Già dirigente ispettivo MIUR