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La questione del voto a distanza

Luca Tentoni - 24.10.2020
Voto a distanza

Le assenze in Parlamento dovute al contagio da Covid 19 o da quarantena precauzionale cominciano ad essere troppe, soprattutto considerando che il margine della maggioranza non è così ampio (in Senato; alla Camera, pur essendo rassicurante, non ha evitato la mancanza del numero legale, tempo fa). L'idea di conteggiare questi assenti come in missione può andar bene per assicurare la validità delle sedute, ma una sproporzione fra contagiati o parlamentari in quarantena di maggioranza e opposizione può rovesciare i rapporti di forza: non per motivi politici - il che sarebbe accettabile - ma per una semplice - inaccettabile - casualità. Ecco perché il senatore del Pd Stefano Ceccanti sta raccogliendo le firme dei suoi colleghi per dare il via al voto a distanza, che in altri paesi è stato già sperimentato. Eppure, il centrodestra (in particolare la destra neomissina di FdI e quella leghista) non vuole introdurre deroghe alla normale procedura. Tuttavia, è bene ricordare che - in occasione della legge contro l'omofobia - il rinvio dei lavori parlamentari è stato chiesto proprio dal centrodestra (che un po' temeva di soccombere e un po' voleva rinviare sine die il varo di un testo molto sgradito a Salvini e Meloni). Poiché la concordia e il "disarmo bilaterale" della prima fase della pandemia è ormai un pallido ricordo, è evidente che anche così si cerca di orientare l'esito dei lavori parlamentari. Il tutto, mentre più di diecimila italiani si ammalano ogni giorno: una circostanza che dovrebbe imporre alla politica da un lato più sobrietà (evitando polemiche e blocchi alla proposta di voto da remoto) e da un altro lato un pizzico di buon senso. È vero, gli strumenti informatici possono subire attacchi, quindi le votazioni potrebbero essere alterate in caso di hackeraggio, però si potrebbero escogitare alcune contromisure, grazie ai tecnici informatici. Ciò che rileva non è solo la necessità di presenza alle votazioni, ma anche alle discussioni. Il Parlamento non può permettersi di riunirsi in fretta e con presenze limitate persino durante la pandemia. Per contro, il voto e l'intervento da remoto non possono essere assicurati se non a chi dimostri di essere nelle condizioni di malattia, contagio o quarantena fiduciaria (la deroga si può applicare, ovviamente, anche in caso di altre malattie che impediscono al deputato o al senatore di presenziare). Abbiamo tuttavia il sospetto che questa procedura non si attiverà: l'opposizione sospetta che la maggioranza voglia assicurarsi in questo modo la presenza costante di tutti i suoi, blindandosi; la maggioranza, dal canto suo, deve fare i conti con i propri assenti non giustificati, come quelli che - non essendo malati - hanno contribuito giorni fa a far mancare il numero legale. Il sospetto reciproco e l'impressione che la situazione di emergenza non sia percepita appieno dalle forze politiche come tale rende tutto più complicato. L'idea che qualcuno sogni di far cadere il governo su una votazione importante, in piena pandemia, per una casuale maggior assenza dei parlamentari giallorosa, è semplicemente aberrante, però - come Trump ci insegna - ormai tutto è permesso, senza problemi e senza remore.