L’enigma di una legge elettorale con scarso consenso
Per quanto i sostenitori della attuale proposta di legge elettorale si diano da fare per sostenere la tesi di un testo non perfetto, ma il migliore possibile, resta il fatto che si tratta di un sistema cervellotico e molto poco attraente. Non che questo sia abbastanza per augurarsi una debacle di Renzi, perché non si può fare a meno di ragionare su cosa ci attende dopo, ma bisogna pur ammettere che non si sta lavorando nel migliore dei modi.
Partiamo a ragionare dall’inizio. Giustamente il Capo dello Stato aveva sempre chiesto che si procedesse per una riforma elettorale basata su un ampio consenso parlamentare. Ci si era andati vicino con la proposta simil-tedesca (neppure quella un capolavoro, a dire il vero), ma che comunque aveva il pregio di basarsi su un accordo ampio che includeva i Cinque Stelle. E’ stata fatta fallire per l’incapacità di Forza Italia e dei grillini di tenere a freno le pulsioni al protagonismo becero di Biancofiore e Fraccaro su un tema delicatissimo come il meccanismo particolare per la rappresentanza in Sudtirolo. Stupisce che nessuno nei due partiti che pure sono stati danneggiati da questo improvvido comportamento li abbia in qualche modo sanzionati.
Fallito quel tentativo di largo accordo è diventato subito evidente che ci si avventurava sul terreno paludoso della ricerca di intese fondate su spregiudicati do ut des nell’ottica di raccogliere una maggioranza ampia a qualunque costo, ma senza che nessuno dei contraenti potesse temere troppo per le sue fortune.
I Cinque Stelle si sono tenuti fuori per la semplice ragione che l’accordo si basava sul presupposto di favorire la partecipazione di tutti al banchetto della spartizione, a patto che si coalizzassero, perché quello era l’unico sistema per raggiungere il fine. M5S non vuole fare coalizioni, anzi non ne può fare per la semplice ragione che altrimenti perderebbe quella che vuole sia la sua identità di unico partito antisistema. Per questo la butta in caciara sostenendo che si tratta di una legge concepita contro di lui per la paura che le elezioni gli consegnino il potere.
In realtà non è esattamente così, perché i partiti gli hanno fatto il massimo favore che potevano fargli mettendolo in condizione di fare la vittima del sistema. Una palese sciocchezza dei suoi avversari che gli regalano una ottima arma propagandistica in questi tempi di antipolitica.
Il fatto è che la legge è irrazionale e difficilmente comprensibile. Come più volte detto il mix di collegi uninominali e di proporzionale intrecciati strettamente non ha senso. I tecnici possono anche capire che è fatto per raggiungere una formazione omogenea tra Camera e Senato visto che entrambi hanno il potere di dare la fiducia al governo (così non è in Germania, e questo rende tranquillo il voto disgiunto). La gente normale si chiede perché e non capisce.
L’eccesso di furberie su pluricandidature e soprattutto sul recupero di listerelle fra l’uno e il 2,99 per cento, cioè sotto la soglia di ammissione, puzza letteralmente del peggior politichese. In un paese dove si dovrebbero scoraggiare le frammentazioni senza senso vengono invece premiate.
La quasi certa impossibilità di avere una maggioranza parlamentare con origine nella scelta degli elettori diffonde la convinzione che tutto sia fatto per lasciarsi poi ampio spazio per giochetti parlamentari successivi. Un altro regalo al grillismo e in genere a tutti gli integralismi di vari marca, che già stiamo vedendo all’opera.
Quale è il risultato di questa operazione politica? In astratto si sarà data soddisfazione al Presidente della Repubblica che chiedeva una legge con largo spettro di consenso parlamentare, ma anche qui si è fatto uno scivolone. Se quel consenso era così largo da coinvolgere una quota ampia delle opposizioni come ci sta l’imposizione del voto di fiducia che per sua natura è un’arma nelle mani della maggioranza di governo che taglia fuori le opposizioni?
Si dirà che la gente di tutto questo non si accorge. Forse la gente in generale no, ma larghissima parte di coloro che fanno opinione sì. Non sfuggirà infatti che questa proposta di legge non ha sostegno nella stampa e fra gli opinion maker se si eccettuano quelli che per mestiere stanno alla corte dei capi partito. Il massimo di comprensione che si registra è da quelli che devono ammettere che mandare al diavolo l’ennesima occasione di riforma sarebbe stato grave, per cui bisogna trangugiare anche questa schifezzuola.
Naturalmente le colpe per essere arrivati a questo punto non si possono scaricare solo sui grandi partiti e men che meno sul solo PD. E’ l’intera classe politica che si è dimostrata non all’altezza delle responsabilità storiche di questo momento delicato, perché tutti, nessuno escluso, hanno lavorato alacremente per rendere impossibile un accordo ragionevole e per evitare questa deriva da suk arabo. Se le opposizioni che si credono dure e pure lavorano solo per costringere i loro avversari a gettarsi in abbracci pericolosi è difficile che poi questo non si realizzi.
A questo punto preoccupa un appuntamento elettorale che si giocherà con un campo discreditato dai sospetti reciproci, con regole difficili da comprendere e con partiti che faranno di tutto per giocare le proprie carte senza tanti scrupoli. Siamo curiosi di vedere come saranno le candidature nei collegi uninominali e come saranno le famose liste corte in quelli proporzionali, ma non riusciamo ad essere fiduciosi che si opererà tenendo conto del delicato momento interno e internazionale.
di Paolo Pombeni