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30 novembre 2024
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La drammatica fine dell'esperimento di Wukan: corruzione, democrazia e repressione in Cina

Aurelio Insisa * - 21.09.2016
Esperimento Wukan

Giorno 13 settembre, dopo violenti scontri tra le forze di polizia in assetto anti-sommossa e i cittadini inferociti, le forze dell'Ufficio di Sicurezza Pubblica cinese hanno posto fine alle proteste che hanno scosso sin da giugno il piccolo villaggio di Wukan, nella provincia del Guangdong, Cina meridionale. La violenta repressione delle forze dell'ordine è l'ultimo capitolo di una storia che ha avuto inizio nel 2011 ed è assurta a paradigma delle irrisolte contraddizioni politiche ed economiche della Cina contemporanea.

Nel 2009, la comunità di Wukan venne gravemente danneggiata dalla decisione presa dall'amministrazione locale di espropriare diversi appezzamenti di terra e rivenderli ad attori del mercato immobiliare per un guadagno vicino ai 100 milioni di euro, pagando invece alle famiglie sfrattate delle compensazioni irrisorie per poche migliaia di euro.

Casi come quello di Wukan si sono in realtà ripetuti in migliaia di altri villaggi sparsi per il paese negli ultimi anni. Le ragioni del fenomeno delle espropriazioni illegali sono complesse. A monte vi è un quadro legale in cui cittadini e collettività non possiedono la terra ma soltanto (revocabili) diritti di sfruttamento. In questo contesto, l'abolizione della tassa sull'agricoltura nel 2006, che diminuì sostanzialmente le entrate delle amministrazioni locali, incentivò l'aumento degli abusi da parte delle amministrazioni locali. Infatti, sebbene il governo centrale promise già nel 2005 di coprire i mancati introiti con trasferimenti annui di fondi pubblici, a partire dalla seconda metà degli anni 2000 le amministrazioni locali divennero sempre più dipendenti dalle speculazioni nel mercato immobiliare.

In questo contesto, uno studio condotto nel 2011 dalla Jamestown Foundation (Wukan Uprising Highlights Dilemma of Preserving Stability), individuò le ragioni dell'intensificarsi del fenomeno delle espropriazioni in due “forze” di carattere opposto. Da una parte le azioni regolatori promosse dal governo centrale dopo il surriscaldamento del mercato immobiliare a seguito dello stimulus package all'economia nazionale del 2008-09. Dall'altra le valutazioni di carattere PIL-centrico dei quadri locali effettuate dal governo centrale, che legano il mantenimento delle cariche amministrative alle performance economiche. Detto ciò, le espropriazioni non vanno soltanto a coprire i mancati introiti delle amministrazioni locali, ma costituiscono anche la principale fonte di arricchimento illecito per gli amministratori, i quali sono immancabilmente legati agli speculatori edilizi tramite vincoli di parentela o altre relazioni di carattere personale, generalmente conosciute col generico termine di guanxi.

 

Da Xue Jinbo a Lin Zuluan: ascesa e caduta dell'esperimento Wukan

 

Dopo due anni di inutili petizioni a seguito delle prime espropriazioni, il 21 settembre del 2011 le proteste degli abitanti di Wukan arrivarono nel capoluogo di contea, Lufeng, chiedendo la rimozione dei vertici locali del partito responsabili per gli illeciti. Le proteste vennero violentemente represse, ma l'azione delle forze dell'ordine tuttavia non si risolse nella solita escalation repressiva. Invece, una prima trattativa tra il villaggio e l'amministrazione della prefettura di Shanwei prese il via, continuando fino a dicembre di quell'anno, quando Xue Jinbo, uno dei rappresentati selezionati dagli abitanti di Wukan, morì in circostanze “poco chiare” sotto la custodia della polizia dopo un discusso arresto. La morte di Xue scatenò un nuovo round di proteste che sfociò in un vero e proprio assedio del villaggio da parte delle forze di sicurezza che bloccarono per giorni l'accesso di beni e persone. La protesta ottenne un'eco globale e spinse il governo provinciale del Guangdong, ed in particolare l'allora segretario Wang Yang (oggi vice-premier della Repubblica Popolare), ad accettare le richieste dei manifestanti. Gli abitanti di Wukan furono quindi liberi di indire nuove elezioni locali senza la diretta supervisione del partito, ed elessero i propri rappresentanti il 3 marzo del 2012. In maniera rocambolesca, Wukan assunse quindi l'improbabile ruolo di “laboratorio della democrazia cinese”, una definizione certamente semplicistica ma non priva di una verità di fondo.

Dopo quattro anni, Wukan tornò a far notizia il 16 giugno di quest'anno, con l'arresto per abuso di ufficio e concussione di uno dei leader eletti il marzo del 2012, Lin Zuluan. Lin ammise di aver commesso i reati imputati in una dubbia “confessione” trasmessa dalla televisione di stato CCTV e, in un tipico caso di giustizia lampo cinese, è stato recentemente condannato a tre anni di reclusione. In realtà, pochi mesi prima, nello scorso marzo, lo stesso Lin Zuluan aveva firmato una lettera aperta ai suoi compaesani  nella quale denunciava nuove espropriazioni illegali, e dichiarava che la terra di Wukan era stata nuovamente “stuprata dal potere, dal denaro e dal crimine organizzato”. L'arresto di Lin ha innescato una nuova quanto prevedibile ondata di mobilitazione e proteste a Wukan che si è protratta fino al drammatico, recente finale, con nuove scene di guerriglia urbana e decine di abitanti picchiati e arrestati dalle forze dell'ordine. La situazione rimane incerta al momento, ma è lecito pensare che non vi saranno elezioni libere a Wukan nel prossimo futuro.

Cosa trarre dal triste epilogo dell'esperimento Wukan? Al di là di chiavi di lettura prettamente “emozionali”, legate alle irrealistiche aspettative sullo stato del processo democratico nella Cina tutta suscitate dalle elezioni locali del 2012, la storia recente del piccolo villaggio del Guangdong indica un “immobilismo”, tanto preoccupante quanto atteso, nella risoluzione dei problemi che causarono le prime proteste nel 2011. Le espropriazioni forzate sono continuate fino al giorno d'oggi perché le cause strutturali del fenomeno sono rimaste inalterate. Allo stesso modo la continua assenza di political accountability a tutti i livelli di amministrazione, e non soltanto a quello più basso come nel caso di Wukan, continua a perpetuare un diffuso clima di opacità che alimenta l'abuso di potere. In'ultima analisi, a causa del loro carattere strutturale, i fenomeni di corruzione in Cina non verranno risolti fino a quando, come è avvenuto negli anni recenti, essi continueranno ad essere concettualizzati ed affrontati in termini quasi esclusivamente moralistici, legati alla disciplina di partito e alle qualità personali dei singoli attori politici operanti all'interno Partito Comunista.

 

 

 

 

* Dottorando presso il Dipartimento di Storia della University of Hong Kong