La campagna elettorale
Nell'analisi delle dinamiche politiche e sociali, i sondaggi hanno un ruolo importante, se valutati con criterio. Purtroppo l'uso che mezzi di comunicazione, classe politica e opinione pubblica fanno di solito dei dati è simile all'approccio verso gli oroscopi. Eppure i sondaggi non hanno alcun valore di previsione: con un margine d'errore determinato dall'ampiezza del campione cercano di individuare una tendenza, considerando che il giorno della rilevazione non è quello del voto e che persino negli exit-poll della giornata di votazione ci possono essere molti fattori (la reticenza dell'intervistato, la "desiderabilità sociale" di certe risposte rispetto ad altre, il contesto nel quale si svolge la consultazione popolare) tali da rendere più difficile "proiettare nell'urna" il responso di un'indagine di questo tipo. Come spiega bene Nando Pagnoncelli nel suo recente "Le mutazioni del signor Rossi", "non v'è dubbio che negli ultimi anni, soprattutto nelle situazioni di incertezza, le aspettative di precisione delle previsioni siano significativamente aumentate" ma "ciò che fa riflettere riguarda il vero e proprio cambiamento della funzione d'uso del sondaggio, della sua destinazione, dei suoi obiettivi: non è più solo uno strumento di conoscenza e analisi dell'elettorato, utile per capire il contesto, ma è sempre più strumento di previsione e comunicazione politica, indirizzata a un'opinione pubblica disorientata e a un elettorato sempre più mobile e bersagliato da milioni di informazioni". Il quadro, in realtà, è molto chiaro: i sondaggi - se tralasciamo i margini d'errore e ci concentriamo sui grandi aggregati - ci spiegano che l'elettorato italiano è in maggioranza incerto o incline ad attenuare il grado di partecipazione al voto rispetto al passato e che, fra chi ha una posizione politica già definita, esistono tre aree (di dimensione non uguale, ma non troppo dissimile) di aggregazione del consenso: una che gravita attorno al Pd, una rappresentata dal M5S e una - più articolata, magmatica e per ora lungi dall'essere ricondotta ad unità - che corrisponde all'incirca ai "confini" del centrodestra versione 2013. Questa "foto" dei 50 milioni di elettori italiani è confermata da tutte le rilevazioni campionarie e da tutte le consultazioni che si sono succedute negli ultimi tre anni. Perciò, invece di accapigliarsi intorno allo scarto (inferiore o uguale al margine d'errore) fra M5S, Pd e un eventuale centrodestra in caso di ballottaggio con l'Italicum, si dovrebbe cogliere il dato di un sistema che, fatta eccezione per le "europee" 2014, non sembra avere un polo o un partito predominante. Questa situazione di grande fluidità elettorale e di massima incertezza non può che essere il miglior terreno per le campagne di comunicazione politica. Gli indecisi sono molti, gli elettori del proprio partito da "fidelizzare" sono tanti, i margini espansivi sono buoni se si indovina la tendenza giusta. Come durante le interrogazioni a scuola o all'università, c'è chi spera di spostare il centro dell'attenzione su un tema sul quale è particolarmente "ferrato". Così, ogni forza politica cerca di orientare l'"agenda" in modo da portare il confronto sul terreno più agevole. Si punta (il Pd) sulla riforma costituzionale (così tanto che Renzi si dice pronto a dimettersi in caso di sconfitta, nella consultazione del prossimo ottobre) su ordine pubblico e immigrazione (la Lega) o, ancora, sull'avversione nei confronti di euro e Unione europea (M5S e parte del centrodestra, soprattutto Lega e Fd'I). In questo scenario, basta variare la priorità per orientare a proprio vantaggio una fetta non irrilevante dell'elettorato. Poichè le prossime elezioni per la Camera vedranno la prima applicazione dell'Italicum (che assegna il premio di maggioranza a chi ottiene il 40% dei suffragi al primo turno oppure a chi vince il ballottaggio fra i due partiti più votati) la gara è aperta, tanto che può essere sufficiente classificarsi al secondo posto nella prima domenica di votazione, per poi giocarsi il "premio" nella manche decisiva. I sondaggi ci dicono che nessun distacco appare oggi incolmabile e che, perciò, nel mercato elettorale la caccia al voto è aperta e incertissima. Per questo motivo stiamo vivendo una campagna continua, giocata sui social network, sui mezzi di comunicazione tradizionali e condotta col massimo dispendio di energie e di idee. Così, tornando al testo di Pagnoncelli, si comprende perchè "il sondaggio elettorale e d'opinione, in virtù della sua immagine di neutralità, viene utilizzato per influenzare le opinioni, modificare il clima sociale e gli orientamenti di voto, per legittimare le proprie tesi e delegittimare quelle degli avversari. una sorta di gioco in cui lo specchio può essere deformato e condurre all'amplificazione dei giudizi, delle opinioni, degli atteggiamenti che trovano conferma in un fenomeno che si autoalimenta, sfuggendo ad ogni controllo" ("Le mutazioni del signor Rossi", cit.). Per una volta, si è tentato un esperimento senza alcun valore scientifico, ma probabilmente ugualmente indicativo di un certo "atteggiamento" sociale. È stata posta agli utenti di un social network una domanda del tutto neutrale su un fenomeno politico, indicando le varianti possibili. All'inizio, i rispondenti hanno iniziato a distribuirsi in modo non troppo difforme rispetto ai risultati di sondaggi veri e recenti, ma da quando alcuni simpatizzanti di un fronte hanno iniziato a passarsi parola sul sondaggio e a votare in massa, il risultato si è spostato in modo eclatante verso l'ipotesi da loro desiderata. Alla fine, il risultato ottenuto è stato talmente a favore di una delle risposte da sembrare oggettivamente inverosimile da raggiungere in una vera consultazione elettorale. Eppure, nessuno ha commentato il "sondaggio" dicendo che si trattava, ovviamente, di un "campione senza valore". Allo stesso modo non sono poche le persone che, quando si pubblica un sondaggio autentico, lo propagandano se conforta le loro tesi oppure lo etichettano come "inutile, falso, inattendibile" se favorisce altri soggetti politici. A riprova del fatto che ormai ciò che conta è la percezione del reale, non la realtà stessa. La cattura del consenso - con qualsiasi mezzo sia perseguita - sembra diventare talvolta (senza generalizzare, ovviamente) il fine ultimo e supremo. Il che conduce ad uno strano rapporto fra politica e opinione pubblica, dove non si comprende se è la prima che orienta i gusti e le scelte della seconda o viceversa. In ogni caso, il circolo vizioso che ne deriva non è positivo nè per l'una, nè per l'altra. Se la percezione di una politica prende il posto del dato fattuale, non ci si può stupire se i dati virtuali sono considerati più importanti (o più pericolosi, dagli avversari politici) rispetto all'agire politico effettivo.