Ultimo Aggiornamento:
24 aprile 2024
Iscriviti al nostro Feed RSS

La BCE senza una strategia e noi?

Gianpaolo Rossini - 23.09.2014
Euro

La Bce  estrae  il suo bazooka ma le polveri sono bagnate. La grande operazione sbandierata da mesi è arrivata ma è un mezzo flop. Le banche cui è destinata la liquidità offerta dalla BCE chiedono solo 82 dei 100 (o forse 200) miliardi che erano stati previsti.  Insomma molto rumore per nulla, ma soprattutto la dimostrazione che quando si arriva tardi dopo annunci per mesi senza seguito il mercato non riesce più neppure a digerire la magra medicina offerta. Non è un bel segnale. E’ però la dimostrazione che la Bce  non può continuare a vivere di annunci e che questi scivolano via come l’acqua sul marciapiede. Le banche non sono più disponibili, o lo sono solo in parte, a sporcarsi le mani. Faticano a finanziare le imprese perché le imprese non si espongono in quanto non vedono segnali positivi per investire.  La BCE ha lasciato crescere le posizioni debitorie dei settori pubblici di molti paesi – Italia compresa – senza intervenire energicamente per eliminare gli spread  e questo ha imposto ai paesi più deboli manovre fiscali su manovre e tagli alla spesa pubblica riducendo la domanda interna in maniera eccessiva soprattutto per pagare interessi divenuti esorbitanti a causa della inanità della BCE e dei veti tedeschi sugli eurobonds. Ora anche la politica monetaria può poco perché arriva tardi. Siamo in una trappola della liquidità in cui si continua ad accumulare liquidità in attesa di tempi migliori e intanto i prezzi scendono facendoci entrare in un processo deflativo che non sarà facile fermare, visto anche la ormai quasi impotenza cui si è autocondannata la Bce, brava nel chiedere riforme ai paesi ma un po’ meno nel fare il suo mestiere.

E l’Italia? Siamo in deflazione e ci resteremo per parecchio. Questo ha un aspetto positivo se non è accompagnato da un tasso di cambio che si rafforza perché siamo più competitivi e possiamo esportare di più. Certo esportiamo già molto. Ma con politiche fiscali solo con il segno meno e politiche monetarie inesistenti spingere  le esportazioni è l’unica strada che ci resta, almeno finché gli Usa non si stancano di avere conti con l’estero in rosso.

Ma questo non basta e allora occorre fare emergere una parte almeno di risorse oggi non in circolazione. Oltre alle misure già individuate in queste pagine nelle scorse settimane, se ne possono introdurre anche altre. Ad esempio dobbiamo fare investire di più  alle società in concessione e alle imprese produttrici di servizi pubblici in parte in mano pubblica ma anche a volte privatizzate. Queste imprese (come Hera, Iren) possono dare un contributo agli investimenti in infrastrutture locali di cui abbiamo necessità stimolando anche il settore delle costruzioni senza necessità di aggiungere volumi cementificati con un eccesso di immobili abitativi. Altre, come Anas, potrebbero cominciare ad introdurre pedaggi su autostrade e superstrade in concessione vincolando le nuove entrate a investimenti e all’assunzione di personale per la riscossione. Nelle regioni del Sud dove c’è una discreta fetta di redditi nascosti al fisco, facendo pagare alcuni servizi in maniera congrua significherebbe stanare anche parte di attività economica nell’ombra. Non dimentichiamo poi altri fenomeni che non sono di evasione ma di pura illegalità che però potrebbero essere affrontati con misure intelligenti. Abbiamo circa 4 milioni di auto non assicurate in Italia. Una cifra colossale che darebbe un po’ di ossigeno alle assicurazioni e anche al fisco visto che si tratta anche di mancate entrate fiscali. Il registro automobilistico esiste e questo può essere utilizzato per avere dati incrociati delle assicurazioni per perseguire chi non stipula una polizza. Chi invece si mette in regola potrebbe avere uno sconto se lo fa entro una scadenza stabilita, in caso contrario incorrerà in una multa salata.  Infine possiamo accrescere la nostra attività estrattiva, magari rivedendo il regime delle royalties al rialzo, sopratutto in Adriatico dove la Croazia e altri paesi dalmati hanno iniziato numerose prospezioni e stanno iniziando ad estrarre  gas e petrolio in abbondanza proprio di fronte alle nostre coste in acque internazionali. Insomma dobbiamo fare qualche riforma ma non possiamo aggiungere incertezza e ansie a pensionati e lavoratori perché questo ha poi un impatto deleterio sulla domanda e, aspetto non certo secondario, sulla domanda di beni durevoli, di immobili, e infine sulla decisione di mettere su famiglia, elemento fondamentale se non vogliamo che la decrescita della popolazione si traduca in una ipoteca ulteriore sul nostro benessere presente e futuro. Insomma, lo ripetiamo da un po’, riduzioni di spesa pubblica vanno bene, mercati che funzionano meglio anche, ma dobbiamo riuscire a mobilizzare le grandi risorse nell’ombra del nostro paese.