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27 marzo 2024
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L’antigermanesimo elettorale. Cui prodest?

Gabriele D'Ottavio - 29.04.2014
Berlusconi e Merkel

A cent’anni dallo scoppio della Prima guerra mondiale l’antigermanesimo torna a essere un’utile risorsa propagandistica. In Italia a sfruttare la sua efficacia è stato Silvio Berlusconi, il più abile e spregiudicato interprete della nostra democrazia mediatica, almeno fino ad oggi. Così sabato scorso a Milano, durante la presentazione degli eurocandidati di Forza Italia, Berlusconi ha cercato di trasformare lo sconveniente episodio che nel 2003 lo aveva visto protagonista di uno spettacolare scontro con Martin Schulz in una nuova conveniente occasione per accreditarsi come il leader politico più determinato a ribellarsi alla presunta sudditanza dell’Italia nei confronti della Germania. Altro che «nuova gaffe». La frase pronunciata sabato, «per i tedeschi i lager non sono mai esistiti», fa parte di una precisa strategia elettorale, peraltro già collaudata alle politiche del 2013. Già un anno fa Berlusconi passò buona parte della sua campagna elettorale ad additare la Germania di Angela Merkel come la responsabile di tutti i mali nostrani, dallo spread all’Imu, e a criticare l’allora Presidente del Consiglio Mario Monti per aver seguito una politica troppo germano-centrica. Ricordate? «Lo spread è un imbroglio […] che è salito quando la Germania ha deciso di fare una cosa nel suo interesse, ordinando di vendere i titoli italiani» («La Stampa», 12 dicembre 2012). All’epoca le promesse di Berlusconi di ridurre la pressione fiscale e di restituire la tassa sulla prima casa e, indirettamente, anche la prospettiva di una maggiore conflittualità con la Germania furono, almeno in parte, premiate dagli elettori, i quali consentirono all’allora ancora «Cavaliere» una sorprendente, anche se incompiuta, rimonta. Per il leader di Scelta Civica Mario Monti l’effetto fu l’opposto. Il suo tentativo di sfruttare elettoralmente il notevole prestigio e i grandi consensi di cui godeva  all’estero e soprattutto in Germania fu un flop. Ricordate la frase attribuita a Monti sui presunti timori della Cancelliera nei confronti di un possibile governo Bersani-Vendola? Il tentativo del Presidente del Consiglio in carica di strumentalizzare la sua affinità con la Merkel per screditare la coalizione di centrosinistra si rivelò un boomerang. Non solo Monti venne smentito da Berlino qualche ora dopo, ma con quella dichiarazione finì probabilmente per rafforzare negli elettori animati da populisti e popolari sentimenti antitedeschi la convinzione che egli fosse davvero il portavoce della Merkel. Che l’antigermanesimo paga elettoralmente l’ha capito anche Beppe Grillo, il quale ha recentemente affermato che il Movimento 5 Stelle vincerà le europee e che «dalla Merkel» ci andrà lui. 

C’è dunque da aspettarsi che in quest’ultimo mese di campagna elettorale i partiti facciano nuovamente a gara per accreditarsi come i più antitedeschi? Da cittadini europei, ma prima ancora da cittadini italiani, c’è da augurarsi di no. Per carità, le critiche circostanziate alla politica europea tedesca sono legittime. Ma gli effetti di frasi false e offensive come quella pronunciata sabato da Berlusconi sul presunto negazionismo dei tedeschi purtroppo non si esauriscono con le elezioni. Contribuiscono piuttosto a consolidare nell’opinione pubblica pregiudizi e stereotipi negativi e finiscono per danneggiare anche l’immagine che del nostro paese si ha all’estero. Forse è utile ricordare il commento dell’aspirante cancelliere socialdemocratico Peer Steinbrück, il quale all’indomani del risultato delle politiche italiane si disse «inorridito dalla vittoria di due clown», con chiaro riferimento alle perfomances di Grillo e Berlusconi. Un commento che venne opportunamente giudicato fuori luogo dal nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al punto da vedersi costretto ad annullare l’incontro programmato da tempo con Peer Steinbrück e a pronunciare la dura frase: «Noi rispettiamo la Germania, ma esigiamo rispetto per il nostro Paese». Sarebbe bene se cominciassimo a esigere anche dai nostri politici maggior rispetto per il nostro paese, soprattutto quando non si curano delle conseguenze negative che le loro azioni e persino le loro parole possono avere sull’immagine internazionale dell’Italia.