Il massacro dell'Ucraina, tra impliciti ed evidenze
Il 24 febbraio 2022 iniziava l’invasione su larga scala dell’Ucraina, definita eufemisticamente da Putin “operazione militare speciale”. Se quest’ultimo l’avesse presentata per ciò che realmente è, cioè una guerra, quello stesso giorno sarebbe stato smascherato in primis davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU facendone espellere la Federazione Russa –che ne è discutibilmente membro permanente con diritto di veto- per dichiarazione unilaterale di guerra. Nei salotti televisivi e domestici italiani, sui social media e da certa stampa negazionista la realtà è sempre stata posta in forma dubitativa, quasi come se quell’aggressione militare punitiva e vigliacca fosse in qualche modo stata provocata. Ciò che Putin confidava essere un ‘blitzkrieg’ che in tre giorni gli avrebbe consentito di prendere Kyiv defenestrando Zelensky, s’è rivelata essere l’operazione fallimentare speciale più insensata della Storia moderna. Tuttavia, sospinta da un forte antiamericanismo latente e da un filoputinismo implicito, quella pletora di pacifinti ha proseguito sui media compiacenti la più mendace e vergognosa campagna di mistificazione storica dei fatti. A sinistra si sono posizionati gli intellettuali più cogitanti, che con fare più o meno accondiscendente hanno invitato a comprendere le presunte ragioni dell’aggressore rispolverando immaginifiche realtà storiche inesistenti, annessioni volontarie che non ci sono mai state e violando il principio dell’autodeterminazione dei popoli. All’estrema destra populista e sovranista si sono posizionati invece complottisti, cospirazionisti, trumpiani e gli stessi negazionisti che pochi mesi prima confutavano l’efficacia dei vaccini per il Covid e l’esistenza stessa della malattia.
La resistenza ucraina ci ricorda – e lo dovremmo menzionare più spesso - la militanza dei nostri partigiani contro fascisti nostrani e nazisti invasori.
Certamente tutti vorremmo che la guerra finisse presto: gli effetti catastrofici di quella scellerata e rovinosa iniziativa si sono materializzati nei raid quotidiani che hanno comportato la distruzione di villaggi e intere città in cui sono stati rasi al suolo ospedali, scuole, asili, centri commerciali e abitazioni; col massacro di civili inermi, la deportazione forzata di 17mila bambini (spesso resi orfani dagli stessi criminali che li hanno poi rapiti) nelle aree più lontane della Russia. I russi hanno torturato e violentato donne e bambini d’ogni età; hanno usato la minaccia nucleare diretta e indiretta prendendo in ostaggio centrali atomiche, hanno provocato il peggiore disastro ambientale causato intenzionalmente dall’uomo negli ultimi decenni distruggendo la diga di Nova Kakhovka. Hanno ricattato i più poveri e indifesi con la fame, distruggendo tonnellate di grano. Hanno usato il freddo e il buio per piegare un popolo che hanno già provato a sradicare 90 anni fa con l’holodomor, ripetendo uno dei peggiori genocidi della Storia. Ciascuno degli aspetti dell’essenza rascista è stato tanto evidente e ben documentato da indurre la Corte Penale Internazionale a spiccare per la prima volta nella Storia un mandato d’arresto nei confronti del Presidente d’una Potenza nucleare. Giunti a questo punto è necessario un approfondimento storico dei fatti -numeri alla mano- su iniziativa dei governi degli Stati liberi e soprattutto dell’ONU e di tutte le organizzazioni umanitarie. Le immagini dei palazzi bombardati, dei prigionieri torturati, bruciati e mutilati, delle donne violentate, degli anziani coperti di stracci che raccattano quel poco cibo che riescono a procurarsi seduti tra le macerie di quel che resta delle loro case, cancellata ogni intimità e ogni ricordo domestico nella miseria del presente, fatta delle cianfrusaglie che rimangono sono sotto gli occhi di tutti, e pongono ciascuno di noi dinnanzi alla propria coscienza. Vivere -o meglio, sopravvivere- sotto la minaccia continua delle bombe e del ricorso alle armi atomiche è indescrivibile: proviamo ad immedesimarci nei sentimenti di quel popolo massacrato, della “martoriata Ucraina” -come incessantemente Papa Francesco la ricorda e la presenta agli occhi del mondo
S’è perso il conto dei bambini morti sotto il fuoco russo: pare che siano finora oltre 500 i minori a cui è stata tolta la vita in nome di un’invasione che il regime e persino il Patriarca della Chiesa Ortodossa hanno giustificato come sacra e foriera di beatificazioni per i militari che si fossero distinti semmai con maggior ferocia in una guerra che non aprirà loro le porte di alcun paradiso -come al contrario gli è stato fatto credere- ed è ora che il mondo occidentale e le religioni pacifiche prendano le distanze da questo massacro del genere umano, dei più deboli e indifesi, perpetrato in nome di Dio accusando d’estremismo chi dissente e d’immoralità chi si discosta dal concetto di una vita sessuale diversa da quella prescritta dallo Stato. Incommensurabilmente più alto e grave è il numero dei piccoli sottratti alle loro famiglie e portati nella lontana steppa o in Siberia, di cui non si ha più notizia o traccia. Piccoli russificati, cioè cresciuti e ‘rieducati’ secondo i principi del regime a cominciare dall’inocular loro l’odio per una Patria lontana che viene dipinta come una realtà geografica e storica inesistente e “nazista”.
Vien da chiedersi in cosa eticamente si distingua questa dottrina che ispira il sacro furore contro le debolezze e le “immoralità” dell’Occidente dalle condizioni in cui vivono gli uomini e soprattutto le donne, private d’ogni più elementare dignità personale, del rispetto che si deve a ogni essere umano, della gioia e del desiderio di vivere, come accade in Afghanistan e in Iran.
Le evidenze sono palesi e gli impliciti vanno messi a nudo: dobbiamo inforcare occhiali che ci svelino la realtà del dolore della miseria, della sopraffazione e della morte per ciò che sono.
Gli estremismi politici, ideologici e religiosi sono una piaga devastante di cui dobbiamo capacitarci senza mistificazioni retrospettive e giustificazioni di qualsivoglia natura.
La guerra, le guerre devono finire senza che le vittime – gli Stati aggrediti, i popoli, i civili – siano costretti a rassegnarsi ad un’inaccettabile sottomissione. I tiranni non conoscono la Storia perché dimostrano di non averne imparato alcuna lezione.
Forse il sacrificio dei martiri porta prima o poi ad un riscatto ma il prezzo che si paga è quello di rinnovati, silenti olocausti. È ora che tutto finisca, certo ma non con la soccombenza.
di Paolo Pombeni
di Francesco Provinciali *