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17 aprile 2024
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I problemi profondi del paese

Paolo Pombeni - 29.03.2023
Salvini immigrazione

Le piccole baruffe della politica politicante appassionano poco il paese. Le sistemazioni correntizie in Forza Italia e nel Partito Democratico sono roba per addetti ai lavori, le intemerate di Salvini sull’immigrazione opera di oscuri burattinai sono battute di repertorio. Andrebbe rilevato che la politica al momento coinvolge poco la gente e che i media per aizzare le curiosità degli utenti devono ricorrere a rappresentazioni emotive: i bambini senza diritti concepiti con le gravidanze per procura, quelli morti nei naufragi delle carrette del mare. Non che siano, in particolare i secondi, eventi immeritevoli di compassione, ma toccano fenomeni circoscritti, mentre di quelli di interesse generale ormai ci si occupa molto poco.

Sulle nostre debolezze strutturali messe a nudo dalla gestione dei fondi del PNRR c’è un’attenzione superficiale, così come è scivolata rapidamente nel nulla la constatazione delle molte disfunzioni del nostro sistema di sanità pubblica emerse con le indagini della procura di Bergamo. Quando i politici ne parlano lo fanno solo per colpevolizzare gli avversari, come se chi denuncia fosse privo di responsabilità.

Qualsiasi obiettivo indagatore delle origini delle nostre difficoltà non ha esitazioni a ricostruire come tutto abbia origini da una dissennata gestione della nostra struttura di burocrazia pubblica, un fenomeno che data da molti decenni. Gran parte delle inefficienze della prima, abbastanza lunga fase della lotta all’imprevista pandemia di Covid 19 sono attribuibili al concorso fra le debolezze della struttura ministeriale centrale e quelle delle strutture regionali che grazie ad un pasticciato para-federalismo vantavano ampie sfere di autonomia. Non solo nessuno sembra aver pagato per gli errori e le disfunzioni, e non è l’aspetto peggiore della faccenda perché non è con punizioni più o meno esemplari che si risolvono i problemi, ma non ci risulta si sia fatto gran che per efficientare meccanismi che hanno mostrato come minimo di aver bisogno di manutenzione.

Qualcosa di simile si può dire per le difficoltà in cui si trova avviluppata la “messa a terra” del PNRR, tanto che circolano notizie allarmate sulla possibilità di sospensione delle prossime tranche di finanziamenti. Lasciamo pur da parte notizie che hanno dell’incredibile, come quella che ci informa che per onorare l’impegno di mettere a dimora molte migliaia di alberi si è ricorsi semplicemente all’impianto in vaso di poco più di primizie da poco spuntate dai semi, cosa che a Bruxelles sembra non abbiano ritenuto consona agli impegni presi (e immaginiamo i sarcasmi su queste “italianate”). Speriamo si tratti del solito caso estremo che da solo non rappresenta il modo di funzionamento del sistema-Italia.

Ciò di cui si discute negli ambienti specialisti è la constatazione che non solo l’assegnazione dei fondi è finita in una eccessiva marea di rivoli perché c’erano un bel po’ di clienti da soddisfare (spesso più per reclami di riconoscimento al “prestigio” di questo o quello che per ragioni di incrementare filiere di sviluppo), ma che troppo è andato a soggetti che non avevano le capacità di organizzare l’attuazione dei progetti e poi quella di gestirli.

È qui che entra in campo la situazione del nostro sistema burocratico. Regioni e comuni, a cui si sono affidate “fette” con la spartizione della torta europea, non hanno sufficiente personale per far fronte alle incombenze relative a quanto debbono gestire e spesso quel poco personale che hanno è anziano e demotivato (oltretutto non dimentichiamo che gestire denaro pubblico per i “non disinvolti” è oggi sinonimo di rischi di grane giudiziarie).

Il fenomeno non è frutto di qualcosa accaduto in un momento preciso o sotto un governo, nazionale o regionale, preciso. Sono situazioni che si sono venute determinando in lunghi decenni di incuria per l’amministrazione pubblica, con clientelismi e servilismi che hanno coinvolto partiti di ogni colore (e che continuano a coinvolgerli: tanto per questa roba non si pagano prezzi in termini di consenso elettorale). È dunque un gioco da ragazzi per ogni maggioranza politica accusarne un’altra di essere all’origine di quelle inefficienze che spiegano, e scusano gli scarsi risultati raggiunti.

Il fatto è che per uscire da questa situazione l’unica via percorribile sarebbe la ricostruzione di una forma matura di solidarietà nazionale. Solo uno sforzo il più possibile unanime per mettere fuori circolazione il groviglio di tribalismi, clientelismi, lobbismi e quant’altro, per riscoprire e valorizzare meriti e competenze fuori di ogni considerazione delle fedeltà di bandiera, può metterci in grado di affrontare le strettoie che il PNRR ci ha messo dinnanzi (e che comunque non riguardano solo il PNRR, perché il sistema dovrà pur funzionare anche dopo).

È utopistico metterla in questi termini? La situazione che si va delineando nel mondo dovrebbe invitare tutti alla ragionevolezza. Se anche solo banalmente si mettono in fila la crisi della guerra russo-ucraina, le enormi tensioni presenti in Israele (un punto delicato dello scacchiere internazionale), il quadro del Nord Africa, alcune ombre sulla situazione americana con il risveglio di Trump, le fibrillazioni per il fenomeno dell’inflazione unito alle difficoltà nel settore bancario, ce n’è più che abbastanza per capire che non è il momento adatto per lasciarsi andare alle piazzate e alle demagogie di varia natura.

L’Italia affronta questo tornante con in più la responsabilità di non buttare al vento l’insperata fortuna di poter utilizzare un finanziamento “extra” molto notevole per riprendere la via di uno sviluppo e di una crescita che sembravano essersi incagliati. Non pare proprio il caso di sciupare tutto per lotte di fazione che non hanno alcun senso politico, né alcuna prospettiva.