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27 marzo 2024
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Guida alla lettura dei sondaggi pre-elettorali

Luca Tentoni - 03.09.2022
Sondaggio politico

Fra pochi giorni non si potranno più diffondere sondaggi d'opinione. In questo modo, le posizioni dei partiti verranno "cristallizzate" a quindici giorni prima del voto; il problema è che quei dati saranno confrontati con i risultati elettorali, dando verosimilmente adito all'ennesima polemica sui sondaggisti che sbagliano. Da quando è nata la cosiddetta Seconda Repubblica, i sondaggi sono diventati un elemento importante della campagna elettorale (Berlusconi, per esempio, ha usato i più vantaggiosi già nel 1994 per far propaganda al suo partito), però ancora non si è capito che questo strumento ha un limite. Così, soprattutto sui social (dove l'ignoranza e la malafede trovano un certo brodo di coltura) ci si scaglia contro i "sondaggi taroccati dal potere" (ogni tanto un bel complottone ci vuole, altrimenti alcuni internauti si sentono inappagati). Le rilevazioni delle società che operano seriamente e da molto tempo sul mercato sono degne di attenzione, anche se non si sottolineano quasi mai le istruzioni per l'uso: 1) il sondaggio fotografa l'esistente (neanche quello di oggi, ma di uno o due giorni fa quando sono state fatte le interviste); 2) a seconda del campione, il margine d'errore può essere più o meno alto (di solito è il 3%: ciò vuol dire che un partito del 12,5% vale in realtà fra l'11 e il 14); 3) le variazioni inferiori allo 0,3-0,5% sono quasi puramente nominali (non è il caso di enfatizzarle, dunque); 4) il dato risente della percentuale di quanti non rispondono o dicono di volersi astenere (ma quel che vale oggi potrebbe non avere senso il giorno del voto) o sono indecisi (quindi forse voteranno, ma oggi non ti dicono per chi, perché magari non lo sanno neanche loro); 5) chi oggi sceglie un partito potrebbe cambiare idea, poiché l'offerta è ricca (per esempio: chi oggi dice di votare Pd potrebbe poi scegliere Più Europa e viceversa); 6) non tutti quelli che oggi sono intenzionati ad andare a votare ci andranno (molti sì, ma un 5% di rispondenti che resta a casa cambia parecchio); 7) che dall'ultimo giorno di pubblicazione dei sondaggi al voto ci sono di mezzo due settimane di campagna elettorale; 8) che i sondaggi indicano le tendenze (per esempio, visto che la destra oggi supera di 15-20 punti il centrosinistra, si può affermare che la coalizione della Meloni è in vantaggio, ma non si può dire se il margine si assottiglierà o aumenterà), quindi si capisce ad oggi che ci sono due partiti un po' più grandi degli altri, due o tre di medie dimensioni, col resto tutto da scoprire. Su queste colonne, anni fa, abbiamo recensito il volume "Le divergenze parallele" (Laterza, 2018) nel quale si spiegava un fattore che regolarmente può far "saltare" i sondaggi pre-elettorali; o, meglio, può sorprendere chi crede che le rilevazioni abbiano valore predittivo (meglio gli oroscopi o altri mezzi di divinazione, allora...). Il fattore è il voto "last minute". Unito alla scarsa fedeltà dell'elettorato e all'incertezza (nel '18 solo il 50% aveva deciso in partenza per chi votare) c'è il 13% dei votanti (circa 11% degli aventi diritto) che sceglie il sabato o la domenica stessa, al momento di andare ai seggi. Che rilevazione si può fare su coloro i quali non sanno chi votare nemmeno quando varcano la soglia del luogo dove esprimeranno la loro preferenza? Ci sono, in sostanza, quattro milioni di persone che possono fare ciò che vogliono: distribuirsi come gli altri fra tutti i partiti; salire sul carro del possibile vincitore; soccorrere l'ipotetico sconfitto. In più, in questa campagna elettorale, abbiamo avuto un mese (agosto) nel quale non solo è stato difficile fare sondaggi, ma in cui le persone in vacanza hanno probabilmente pensato a ben altro. In quanto al motivo principale di preoccupazione degli italiani (il rincaro del prezzo del gas) non c'è qualcuno che ha la bacchetta magica per risolvere da solo la situazione (infatti i partiti cercano di mettersi d'accordo per cercare una soluzione, sempre che la si possa trovare solo in ambito nazionale). Quindi, oggi "votare con la tasca" ha poco senso, perché nessun partito regala il gas. In sintesi: prima di rovesciare accuse sugli istituti di rilevazione ed elaborazione dei dati, pensiamoci a lungo. Un conto è criticare le proiezioni sui voti scrutinati (se si sceglie male il campione dei seggi, si sbaglia il risultato finale: questo è l'eventuale errore da censurare), un altro conto è pretendere (stupidamente) che i dati divulgati prima del divieto di pubblicazione dei sondaggi corrispondano a quelli finali.