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Dipartimentali francesi: alcuni spunti a metà del percorso

Michele Marchi - 26.03.2015
Nicolas Sarkozy & Marine Le Pen

Presentando il voto dipartimentale su queste colonne si era concluso ribadendo il valore “nazionale” di questa importante consultazione “locale” (http://www.mentepolitica.it/articolo/le-elezioni-dipartimentali-francesi/422 ). Da questo punto di vista il primo turno di domenica 22 marzo non ha tradito le attese. Se la stampa europea, e quella italiana in particolare, si è lanciata in improbabili commenti, tutti tesi a sottolineare un supposto (quanto inesatto) arretramento del FN, il primo punto da sottolineare è che vincitori e vinti potranno essere proclamati solo e soltanto dopo il secondo turno di domenica 29 marzo.

Sempre nel già citato contributo si era sottolineato come l’appuntamento elettorale di fine marzo, il penultimo prima delle presidenziali del 2017, racchiudeva un’importanza particolare per le tre principali formazioni politiche del Paese e in più costituiva un banco di prova da non trascurare per l’evoluzione del sistema politico transalpino nel suo complesso. Vediamo schematicamente le interessanti indicazioni emerse dal primo turno.

 

Un Ps comunque, ancora una volta, perdente

 

Nonostante il Primo ministro Valls si sia affannato a spostare l’attenzione sul fatto che il Front National non sia risultato primo in termini di voti e tutti i principali dirigenti del partito abbiano evidenziato un arretramento inferiore rispetto a quello prospettato dai sondaggi, il PS ha ottenuto il 21,2% dei voti, molto vicino a quel 19% del 1992, peggior risultato nelle consultazioni cantonali nella storia della Quinta Repubblica. La decisione di Valls di drammatizzare e nazionalizzare lo scrutinio, con l’esplicito richiamo all’elettorato di sinistra per fare blocco contro l’ “onda”  del FN, qualche risultato in termini di mobilitazione lo ha dato (anche se dai dati disaggregati risulta che il 46% di chi aveva votato Hollande nel 2012 si è astenuto). Nel complesso l’esito resta però pessimo. In un quarto dei cantoni il PS ha già visto eliminato il suo candidato al primo turno. A questo punto è probabile che tra i 20 e i 30 dipartimenti passeranno da guida socialista all’UMP. Il PS interrompe in maniera brusca la sua crescita continua a livello locale, in atto da un ventennio. Si tratta, senza dubbio, dell’ennesimo voto sanzione nei confronti del governo e soprattutto dell’Eliseo. Si tratta anche degli effetti della profonda divisione a sinistra. Anche in questo caso il Primo ministro si è affannato ad addizionare i voti del PS a quelli di verdi, comunisti, Front de gauche e candidati di sinistra senza etichetta, per concludere che si tratta di un 36% molto simile alla somma dei voti di destra repubblicana più centro. È evidente che il richiamo all’unità di tutta la sinistra repubblicana in funzione anti-FN potrebbe avere un suo appeal in vista del 2017. Oggi però si tratta di un’addizione solo teorica, dal momento che proprio dal suo arrivo a Matignon nell’aprile 2014, la distanza tra il PS e le altre forze di sinistra è aumentato su questioni determinanti di natura economica e sociale.

 

Vittoria di Sarkozy o vittoria dell’unità destra-centro?

 

Sarkozy è il vincitore di questo primo turno. Il suo UMP, unito praticamente ovunque ai centristi dell’UDI, ha raccolto il 29,19%  dei voti. I candidati destra-centro nel loro complesso salgono al 36,56%. Già comparando questo voto con le ultime cantonali, quelle del 2011 (si votava per il rinnovo soltanto di metà dei consigli generali), in realtà si nota che l’avanzamento è piuttosto modesto, cioè soltanto del 3%. Dunque non bisogna sovradimensionare la performance del partito guidato, di nuovo, da Sarkozy. Peraltro nella campagna elettorale condotta dall’ex presidente per questo voto locale si celano potenziali problematiche da affrontare sul medio termine. È certamente vero che Sarkozy, stringendo quasi ovunque alleanze con il centro, ha sfilato ad Alain Juppé la sua carta politica principale. Sino al voto di domenica 22 marzo, la guerra intestina tra i due più accreditati concorrenti per la candidatura a destra del 2017 si era giocata proprio sull’idea di aprire al centro (di Juppé) o di “cacciare nelle terre del FN” (di Sarkozy). L’ex inquilino dell’Eliseo è riuscito nell’impresa di tenersi stretto il centro e contemporaneamente di condurre una campagna molto di destra (sui temi di immigrazione, identità, radici cristiane, Schengen, ecc..). La vera incognita, dopo il secondo turno di domenica, sarà comprendere se e come Sarkozy riuscirà a fare la sintesi tra “destra repubblicana” (aperta ai centristi) e “destra décomplexée” (attenta all’elettorato FN e alla porosità tra questo e quello UMP).

 

Il FN non ha arretrato, anzi…

 

Ha avuto poco senso titolare, come larga parte della stampa europea ha fatto, che il primo turno ha visto un arretramento del FN, essenzialmente perché i sondaggisti avevano parlato di un possibile sfondamento della soglia del 30% e invece i voti effettivi del Front si sono fermati al 25,12%. Il successo di Marine Le Pen e del suo Front è al contrario netto (vedi anche http://www.slate.fr/story/99391/graphique-evolution-scores-fn ). Prima di tutto perché bisogna comparare il voto dipartimentale a quello cantonale del 2011. Ebbene pur votandosi, in quell’occasione, solo per il rinnovo di metà dei consigli generali, il FN aveva ottenuto 1,1 milioni di voti. Al primo turno di domenica scorsa ne ha ottenuti 5,1 milioni. Se anche si è deciso di affrontare una comparazione scorretta, quella cioè tra il voto di domenica scorsa e quello delle europee di maggio 2014, si può notare che il FN ha raccolto quasi mezzo milione di voti in più (appunto quasi 5,2 milioni contro i 4,7 milioni del FN, primo partito di Francia alle europee). In secondo luogo mai dal 1973 ad oggi il FN in elezioni cantonali, ma anche municipali, aveva superato o si era avvicinato ai due milioni di voti. Con lo score di questo primo turno il FN conferma di possedere ciò che non aveva mai posseduto, cioè una base elettorale a livello locale. Il FN dopo il primo turno è in testa in 40 dipartimenti, in circa metà dei cantoni avrà il candidato al secondo turno e ha già eletto otto consiglieri al primo turno. Naturalmente come per l’Assemblée nationale e il Sénat continuerà ad essere sotto-rappresentanto dopo il secondo turno (potrebbero essere tre i dipartimenti a guida FN dopo il 29 marzo) ma questo è un discorso che riguarda il sistema elettorale e un bipartitismo oramai sempre più artificialmente mantenuto in vita dal PS e dall’UMP. Se su questo punto si farà qualche considerazione conclusiva, bisogna aggiungere un’ulteriore indicazione interessante giunta da questo primo turno riguardo al FN. Il partito di Marine Le Pen conferma la forza nei suoi storici bastioni del nord-est e del sud-est, ma addirittura alza la testa lungo una direttrice ovest/sud-ovest del tutto nuova e, fatto forse ancor più rilevante, ottiene percentuali elevate in cantoni come il Nord-Médoc (dipartimento Gironde) agiati e con problematiche non in linea con quelle solitamente favorevoli al voto frontista. Sembrano confermarsi le tre aree di successo del voto frontista ben descritte da Pascal Perrineau. In primo luogo quella  del sud-est, radicale e di lunga tradizione pieds-noirs. In secondo luogo quella del grande nord-est legato soprattutto alla protesta per la de-industrializzazione e ai problemi dell’immigrazione (non a caso molti elettori FN sono ex elettori o ex militanti di sinistra). E infine una terza area collocata tra il centro e l’ovest, composta da elettori che vivono la crisi delle aree rurali e peri-urbane, un elettorato poco identitario e privo di reali punti di riferimento politico-ideologici.

 

In attesa del secondo turno, qualche considerazione

 

Aspettando i dati definitivi, quelli che davvero potranno certificare vincitori e vinti si possono avanzare tre rapidissime considerazioni. Il bipartitismo al momento si regge sulle spalle del sistema elettorale e della dinamica “presidenziale” ma è sempre più lontano dagli umori dell’elettorato o perlomeno di quello che decide di recarsi alle urne. Dal primo turno di queste dipartimentali escono tre blocchi, naturalmente non omogenei, composti da un terzo di voti alla sinistra, un terzo alla destra (repubblicana) e poco meno di un terzo all’estrema destra. Da questa considerazione ne deriva una seconda, in particolare utile per UMP e PS. Se i due protagonisti del bipartitismo alla francese vogliono essere certi di giocarsi al ballottaggio la guida dell’Eliseo, devono lavorare prima di tutto per assicurare una forte partecipazione (mobilitare cioè a fondo innanzitutto il proprio elettorato, in particolare il PS) e in secondo luogo garantire il maggior livello di unità nel proprio campo. Su questi due fronti il PS sembra piuttosto in ritardo. Infine una notizia non positiva per Marine Le Pen. Pur essendo in procinto di vincere la sua scommessa locale, è evidente che se Marine Le Pen vuole garantirsi qualche possibilità anche minima di vittoria nel 2017, ha bisogno che esploda la destra repubblicana. Al contrario da questo voto esce consolidata l’ipotesi di stretto accordo destra-centro. Se Sarkozy riuscirà nel suo equilibrismo, le possibilità di un replay nel 2017 dello scontro Hollande-Sarkozy del 2012 non sono così remote. Comunque un passo alla volta, domenica si torna al voto per i dipartimenti.