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16 marzo 2024
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Dieselgate e ratings: un’Europa che non vuole diventare adulta

Gianpaolo Rossini - 18.01.2017
Dieselgate

Il dieselgate ha per ora toccato Volkswagen ed FCA. Questi due produttori sono colpevoli di avere venduto su suolo americano auto diesel che inquinano troppo, più di quanto non dichiarassero i test ufficiali e i dati forniti dalle stesse case produttrici.  Per i produttori che non vendono negli Usa auto diesel come Renault e PSA i problemi sono marginali. Perché tutto questo? La ragione è che in Europa, come su altri temi, si è ritenuto di percorrere una strada diversa da gran parte dei paesi avanzati. Ovvero si è voluto a tutti i costi perseguire da oltre tre decenni lo sviluppo della trazione basata sul gasolio anche per le auto. Mentre nel resto del mondo sviluppato si faceva il contrario addirittura bandendo in alcuni casi la trazione a gasolio per automobili, come in Giappone, Brasile, Cina, in Europa ci si intestardiva sullo sviluppo dei motori diesel nonostante numerosi studi ne individuavano il grado di nocività ambientale e gli effetti particolarmente gravi sull’apparato respiratorio. Le lobby dei grandi produttori europei hanno spinto non solo per forme di tolleranza ma addirittura per agevolazioni fiscali di questo combustibile per auto. Senza accorgersi che così si condannavano a dover sostenere spese per Ricerca e Sviluppo maggiori degli altri concorrenti giapponesi, americani e recentemente anche cinesi. In Giappone e negli Usa ci si è concentrati sulla trazione ibrida benzina elettrica e negli Usa su quella elettrica. In entrambi i casi le aziende di quei due paesi che non hanno investito sul diesel ora si trovano con un grande vantaggio competitivo. L’Europa come al solito ha voluto segnare la sua diversità che si è tradotta nell’ennesima trappola suicida. Se si faranno verifiche attente tutte le case produttrici europee di diesel saranno messe sotto accusa, Renault e Psa comprese. Ma anche BMW, Mercedes e Volvo non saranno da meno perché utilizzano per diversi modelli motori Reanult, Psa e Volkswagen. Se i controlli saranno seri nessuno sfuggirà. Non solo, potrebbero tra poco nascere class actions di consumatori che hanno sofferto a causa di malattie respiratorie e collaterali imputabili al gasolio, così come è avvenuto per le sigarette e per l’amianto. E allora che fare? Se l’Europa ha a cuore la salute dei suoi cittadini e la sopravvivenza della sua industria automobilistica deve stabilire molto presto un calendario chiaro e semplice per un veloce abbandono dei motori diesel, stabilendo ad esempio che entro il 2020 non si possano più vendere in Europa automobili con motori diesel. Perché questo tipo di motorizzazione non può soddisfare più i requisiti ambientali che ci siamo dati e che il resto del mondo ha adottato. Ha raggiunto un limite minimo di produzione di scarichi inquinanti che non può essere superato. E allora deve essere abbandonato. E l’Ue deve fornire una direzione chiara nei tempi e nelle modalità. E deve  impedire che ancora una volta si inneschino infantili polemiche nazionali tra italiani, tedeschi e francesi su chi ha prodotto le auto più inquinanti. La colpa è comune e la soluzione deve essere comune. L’Europa non può permettersi per l’ennesima volta che la mancanza di una direzione federale su un tema comune finisca di nuovo in beghe nazionalistiche come è avvenuto sull’immigrazione, il cui costo è stato altissimo visto che l’assenza di una politica continentale chiara e forte su questo tema è stata la scintilla che ha portato al macigno della Brexit.

Se non basta, a fronte del dieselgate c’è un altro paradosso che ammorba l’Europa e che ancora una volta è frutto della nostra stupida diversità. Riguarda il peso dei giudizi delle agenzie di rating. Queste sono in maggioranza nordamericane (Usa e Canada). In Eurolandia le loro valutazioni contano molto di più che nei paesi dai quali provengono. Infatti determinano due parametri fondamentali della nostra politica monetaria federale fatta dalla BCE: 1. il merito dei titoli sovrani di un paese e se quindi questi meritino di essere acquistati dalla BCE nelle sue operazioni di immissione di moneta nel sistema economico, 2. il costo della provvista di liquidità delle banche di un paese presso la BCE. Ora non c’è nessuna logica economica che imponga tutto questo. Tant’è che la FED dei ratings delle agenzie non ha mai tenuto alcun conto e se ne straciccia completamente. Perché la BCE non può fare altrettanto? Perché questo è scritto nei trattati e nello statuto della BCE. Ok. Ma i trattati si possono cambiare e gli statuti anche. Come ha fatto più volte la Fed. Perché noi no? Questa pazza Europa vuole realmente andare avanti? O vuole lentamente avvicinarsi alla sua eutanasia?