Cronaca di un ballottaggio annunciato

Da tempo era chiaro che il verdetto delle urne brasiliane sarebbe stato rimandato alla fine di ottobre. Il Presidente uscente, Dilma Rousseff, si è fermata al 41,6% dei consensi mentre Aécio Neves, candidato del Partido da Social Democracia Brasileira (Psdb), ha raccolto il 33,6% dei voti validi. La candidata verde, sostenuta dal Partito socialista (Psb), Marina Silva, ha superato di poco il 21%. Gli altri candidati sono rimasti di molto staccati: nessuno ha passato la soglia del 2%. La sfida, ora, rimane tra Rousseff e Neves ma bisognerà attendere ancora un paio di settimane, dunque, per conoscere il nome del prossimo inquilino del Palacio do Planalto.
Un risultato atteso, ma…
Un risultato, per certi aspetti, atteso. Vi era, infatti, la piena coscienza che Dilma avrebbe vinto il primo turno senza, però, assicurarsi l’accesso diretto al secondo mandato. Al contempo, la tendenza del sistema politico brasiliano, ormai da venti anni, si è andato polarizzando intorno alle due forze politiche risultate vincitrici la scorsa domenica: da un lato il Psdb e dall’altro il Partido do Trabalhadores (Pt), che attualmente esprime la presidenza. Nonostante tutto, però, la campagna elettorale, prima, e l’apertura delle urne, poi, hanno riservato alcune importanti sorprese.
La prima grande sorpresa era arrivata lo scorso 13 agosto quando un aereo privato era precipitato nei pressi della città di Santos. A bordo, c’erano il candidato presidente del partito socialista, Eduardo Campos, e la sua famiglia. Il Psb aveva fatto confluire, dunque, il sostegno alla candidata vice-presidente di Campos, Marina Silva, un personaggio complesso della politica brasiliana. Affiliatasi al Pt sin dalla prima metà degli anni Ottanta, Silva aveva occupato il ministero dell’Ambiente durante tutto il primo mandato di Lula (e parte del secondo), per poi prendere le distanze dal Presidente e candidarsi alle elezioni presidenziali del 2010 (raccogliendo quasi il 20% dei voti validi). Spina nel fianco delle amministrazioni petiste, Silva ha sfidato la solida base del partito di governo in particolar modo tra i ceti bassi anche grazie al suo attivismo all’interno delle comunità religiose pentecostali legate alla Asambleia de Deus, gruppi che negli ultimi anni hanno registrato un aumento importante del numero dei propri proseliti.
La candidatura presidenziale di Marina Silva aveva portato un piccolo terremoto nei sondaggi politici. In parte perché Silva drenando voti a Rousseff, in particolar modo, faceva raddoppiare il numero dei possibili consensi del partito socialista. In parte perché, la candidata socialista, in questo modo, andava ad occupare saldamente il secondo posto delle preferenze degli intervistati, spingendo al terzo il candidato del Psdb, Neves. Silva, dunque, sembrava poter diventare la voce unica di tutte quelle molteplici proteste che avevano caratterizzato il Brasile durante l’ultimo anno e mezzo.
La terza svolta è arrivata, poi, sul finire della campagna elettorale. Nel rush finale, infatti, il ‘fenomeno Silva’ si è iniziato a sgonfiare mentre si è ricompattato il consenso attorno a Neves. Il momento in cui è stato chiaro questo cambiamento è stato durante l’ultimo dibattito televisivo organizzato dall’emittente televisiva O Globo. Di fronte alle telecamere, le posizioni di Silva sono sembrate inconsistenti e incapaci di andare al di là della critica feroce dell’azione politica del governo.
Alla conquista degli ultimi voti
A ben vedere, i veri vincitori di queste ultime elezioni sono stati gli astenuti, che sommati al voto in bianco e il voto nullo, ha superato i 38 milioni (una cifra molto alta, considerando che Neves non è andato oltre i 34 milioni). Sono questi i voti che sia Neves che Rousseff stanno iniziando ad attrarre. Oltre, ovviamente a quel 21% che ha raccolto Marina Silva. Si tratta di un bel bottino da conquistare. Un bottino ampio e variegato il cui unico comun denominatore è la richiesta di una svolta sostanziale nella politica brasiliana. Una svolta, prima di tutto, capace di porre fine alla corruzione e che permetta, poi, l’inclusione di ampi strati della cittadinanza lontani dalla vita politica attiva. Già nel corso dei sondaggi preelettorali, il 74% degli intervistati si dichiarava a favore di un “cambiamento”. Un voto di protesta che domenica scorsa è si è diviso tra astensione e sostegno a Marina Silva. Alla prova del voto, in senso stretto, sono stati due partiti tradizionali a raccogliere quasi il 70% dei voti validi: o verso Rousseff, leader di un Pt logorato dai quasi dodici anni di presidenza; o verso un tal Neves, a capo di un partito che per anni a governato il Brasile (con le due presidenze Cardoso), nipote di un importante esponente politico ai tempi della transizione alla democrazia. Se poi esponenti di lungo corso e partiti politici tradizionali sapranno essere capaci di incanalare il cambiamento, ce lo diranno i posteri, a cui, ormai da troppo tempo, è riservato il potere di formulare l’ardua sentenza.
* Università di Bologna – Representación en la República Argentina
di Massimiliano Trentin *
di Giulia Guazzaloca
di Francesco Davide Ragno °