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Non dimentichiamo le radici strutturali della crisi di governo
In attesa di capire se, come caldamente speriamo, la crisi politica apertasi nelle scorse settimane si evolverà positivamente, con la nascita di un governo di alto profilo sostenuto lealmente da una maggioranza espressa dalle forze politiche presenti in parlamento, non è forse inopportuno fare qualche considerazione sulle ragioni di fondo che hanno portato a questa crisi.
In primo luogo, ovviamente, occorre porre mente al risultato elettorale del marzo 2018. Da quelle elezioni usciva confermato l’equilibrio tripolare che aveva già caratterizzato le elezioni del 2013. Semmai, rispetto a cinque anni prima, tale equilibrio era ulteriormente peggiorato, perché adesso il partito di maggioranza relativa era il Movimento 5stelle, cioè una formazione politica non solo a vocazione demagogica ma animata da un personale che, con molta buona volontà, si può definire come raccogliticcio, quando non costituito semplicemente da semicolti. A rendere la situazione ancora più cattiva, va poi considerato che, sul versante del centro destra, Forza Italia che, pur con tutti i suoi limiti, è una forza politica costituzionale e pienamente democratica, era sopravanzata dalla Lega, che è invece una forza politica toto corde demagogica, del tutto omologa e speculare al movimento grillino.
Con questi numeri in parlamento le maggioranze possibili leggi tutto
Si accettano miracoli per i rifugiati dell’Arca politica
Si pronuncia Draghi, ma molti, dentro e fuori il Palazzo, leggono o pensano Maghi. Al premier incaricato si attribuiscono virtù e capacità taumaturgiche tali da fare immaginare la rapida guarigione del Paese, la normalizzazione della vita politica, il rilancio economico, il rinnovamento ecologico, il futuro radioso delle prossime generazioni, magari persino sgravate dall’enorme debito pubblico, accumulato in decenni e appesantito dalla distribuzione di aiuti per fare fronte alla pandemia.
Per Mario Draghi parlano naturalmente la sua storia, la sua carriera, le sue competenze, il suo coraggio e i suoi successi, in Italia e in Europa, oltre a un bagaglio di rispettabilità e di carisma internazionale che si riverbera negli occhi stranieri, quindi benefico per il nostro Paese. Mentre in tanti, anche in questo contesto, hanno osservato l’Italia con preoccupata commiserazione, ecco ancora una volta lo scatto machiavellico, il colpo di reni, la stampella oltre l’ostacolo e via “metaforando”.
In una situazione eccezionale, il prossimo premier sarà anche una specie di Alto Commissario alla ricostruzione, un po’ come avviene dopo guerre e terremoti, affinché l’azione politica sia più efficace e più spedita, soprattutto quando ci sono da spendere bene notevoli risorse.
Mettere Draghi in discussione, prima ancora che si installi a leggi tutto
Il nocciolo della questione politica
La pessima abitudine di correre dietro ai lemmi del populismo rende incomprensibile ai più una crisi che invece è piuttosto rivelatrice della situazione in cui si trova la nostra politica. Renzi ha ripetuto l’errore che aveva già fatto ai tempi della campagna per il referendum sulla riforma costituzionale: presentare le sue proposte come una risposta alle pulsioni scatenate dalle demagogie correnti. Allora il tema era il taglio della poltrone e dei costi della politica che si sarebbero avuti con la riforma del Senato. Oggi si torna ad insistere sul disprezzo per le “poltrone” a cui Italia Viva rinuncia mentre gli altri se le tengono strette. Non portò fortuna a suo tempo, temiamo che più o meno la stessa cosa possa accadere ora.
La questione di chi occupa i ministeri (e ancor più il ruolo di premier) non è affatto roba da poltronisti. Tocca il cuore del fare politica, perché nella storia d’Italia non c’è stato momento in cui riforme significative e portate a termine non abbiano incrociato uomini politici e di governo capaci di assumersene il carico. Avere al ministero della giustizia con lo stato poco brillante del nostro sistema giudiziario un autorevole competente che possa almeno provare a mettere in riga leggi tutto
Trasformismi
Se ci fossero ancora gli strilloni che vendono i giornali in strada, sentiremo urlare ovunque: “Ultim’ora! Cade il governo per mancanza di trasformisti!”. Ma come? Dopo tanta, prolungata retorica, sulla natura trasformistica del nostro Paese, proprio adesso nel momento più cruciale della storia degli ultimi anni, non si trovano questi politici sempre disposti a passare da una parte all’altra? E’ noto che il tema su cui molti negli ultimi anni hanno insistito per denigrare il sistema politico italiano è stato quello dei cosiddetti “cambi di casacca”, in riferimento ai passaggi da una formazione partitica all’altra da parte di molti rappresentanti politici. E’ stato dimostrato, numeri e percentuali alla mano, che questo fenomeno non conosce colore politico e non si ferma di fronte ad alcun ostacolo. Quando fa comodo se ne usufruisce, quando non ci riguarda lo si condanna, approfittando della ormai comprovata memoria breve dell’elettorato. Condanne e anatemi si abbattono su questa attitudine che però è un’altra cosa rispetto al più complesso fenomeno del trasformismo. La crisi attuale, come è noto, è anche l’esito di un sistema, quello proporzionale, che gli italiani hanno scelto per dare più rilevanza al ruolo della rappresentanza rispetto a quello della governabilità pur sapendo che il proporzionale per sua leggi tutto
Il suicidio assistito del governo Conte
Se l’opinione pubblica osservasse la realtà tenendo il binocolo con la lente d’ingrandimento puntata su un quadro più ampio, avrebbe una diversa consapevolezza della nostra “salute” sociale, economica e persino politica e del modo con cui il Paese ha affrontato nel suo complesso la pandemia.
Negli Stati Uniti (un quarto dei contagi del mondo e record di decessi, davanti a Brasile, India, Messico) la pandemia è fuori controllo, mentre Biden cerca di rimediare i guasti del “seminegazionismo” di Trump. Il virologo Fauci ha detto di essere stato considerato come “una puzzola in un pic nic”. L’assalto a Capitol Hill ci dice quanto il Paese sia diviso e quanto siano impregnate di fanatismo ideologico, razziale, religioso le trame sotterranee della violenza. Qualche cosa di molto peggio dei vari populismi e negazionismi nelle nostre case italiane ed europee.
In Gran Bretagna, la gestione ondivaga dell’emergenza sanitaria ha per conseguenza il record europeo di decessi, oltre centomila. La Brexit - scelta populista che i britannici pagheranno per anni - ha ulteriormente complicato le cose.
La Francia si appresta a decretare un altro lockdown pesante. La presunta efficienza dello Stato è stata messa a dura prova dalla somministrazione a rilento dei vaccini, mentre si pagano errori di misure contraddittorie, leggi tutto
La politica e il Paese
La crisi non è affatto “pazza” come sostengono i corifei dell’ormai tramontato governo Conte2. E’ semplicemente il frutto di una situazione politica che era evidente da tempo e che non si è voluta affrontare nella convinzione che a congelarla bastasse l’emergenza epidemica. Non si è tenuto conto che quel fattore prima o poi l’avrebbe portata al punto di rottura.
E’ così emersa una dicotomia fra la politica, incapace di esprimere un sistema di governo (che è qualcosa di più complesso di un esecutivo in carica), e il Paese, bisognoso di riforme e di interventi che lo facciano uscire dalla stagnazione in cui si trova da tempo intrappolato. Tuttavia sarebbe bene ricordare che la situazione attuale non ha le sue radici nella contrapposizione dei due soggetti, bensì deriva da un loro profondo intreccio. Vediamo di metterla in termini semplificati. La crisi politica è determinata dal fatto che in parlamento convivono una maggioranza relativa affidata ad un partito di agitazione, i Cinque Stelle, privo di una cultura adeguata, e due partiti cosiddetti sovranisti, ma in realtà più che altro demagogici, che sommati hanno una forza analoga a quello, i quali non sono capaci di ragionare se non nella più vieta logica della contrapposizione a prescindere. leggi tutto
Occorre un immaginario correttivo (Non strumentalizzare la conta dei morti)
Sono più di ottantamila le vittime per Covid dall’inizio della pandemia (83681 al 21 gennaio 2021): rapportata al numero di casi e abitanti, questa cifra racconta un Paese ai primissimi posti nel mondo per diffusione della malattia e decessi. Dal confronto con la media dei deceduti degli ultimi cinque anni, sappiamo anche che il Covid si è portato via migliaia di vite in più. Quante? Difficile stabilirlo con certezza.
Le stime possono essere per difetto, se riuscissimo a conteggiare anche le vittime “indirette” del Covid: decessi conseguenti al sovraccarico di pronto soccorso e di ospedali che ha imposto rinvii e cancellazioni di interventi chirurgici, ritardi di diagnostica e prevenzione. Proprio il sovraccarico delle strutture sanitarie è la grande emergenza, che peserà anche sul futuro, più ancora del conteggio dei morti avulso dal contesto. Le stime, peraltro, potrebbero essere per eccesso, se il dato assoluto sulle vittime di Covid fosse rivisto alla luce di diagnosi, concause, accuratezza dei certificati di morte che dovrebbero indicare anche le patologie sofferte dal paziente. La contabilità, rispetto agli anni precedenti, dovrebbe tenere anche conto del numero minore di morti per altre cause (ad esempio, per incidenti stradali e sul lavoro) in relazione ai mesi di lockdown e a ridotte attività economiche e mobilità sociale. leggi tutto
Andante ma non troppo
Nella giornata in cui si ricordavano i 5 anni della scomparsa di Ettore Scola è andata in scena l’ennesima commedia all’italiana. E ancora una volta la location è stato il Parlamento, segnatamente il Senato della Repubblica. Aveva ragione il politologo Paolo Pombeni, direttore di Mente Politica a dire che era sbagliato sostenere che la crisi era inspiegabile, mentre un esiliato illustre come Enrico Letta, vittima di “uno stai sereno” aveva invece evidenziato che lo “strappo è la follia di una persona sola”.
Al netto della vicenda – commenta un fine osservatore come Massimo Franco- “Il saldo della crisi aperta inopinatamente da Matteo Renzi è un indebolimento vistoso sia della maggioranza, sia dello stesso Conte, sia, ed è l’aspetto più inquietante, del Paese”.
Così - anche facendo ricorso alla coreografica suspense del VAR, per contare i voti dei minuti di recupero – il 66° governo della repubblica Italiana è rimasto in sella, ma il cavallo appare bolso anche se il fantino – che ha contato su due transfughi dal Cavaliere – vede ancora ‘interessanti prospettive per il futuro’, per usare una frase di Renato Pozzetto.
Sarà Lui l’artefice della ricostituzione del Centro politico? Di personaggi in cerca d’autore ce ne sono molti ma i contenuti sono evanescenti. Un nuovo partito politico che abbia l’ambizione leggi tutto
Tre partiti ed una gamba (la quarta)
Abbiamo ceduto alla tentazione di parafrasare il titolo di un noto film di Aldo Giovanni e Giacomo, perché la situazione attuale ha più di qualche tratto di comicità surreale. La richiesta del premier Conte di costruirsi una “quarta gamba” per puntellare il suo ruolo avviene con l’adesione dei tre partiti che sono rimasti fedeli alla tesi che lui sia la chiave di volta di un sistema che altrimenti crollerebbe lasciando solo macerie. Eppure ognuno di questi dovrebbe avere ottime ragioni per riflettere se l’operazione non si tradurrà in una loro marginalizzazione.
Naturalmente si può condividere la famosa citazione di Romano Prodi della massima per cui “succhiare un osso è meglio che succhiare un bastone” (fatta a suo tempo a pro della riforma costituzionale di Renzi): tenersi Conte con questo governo è meglio che consegnare il paese alle destre con un ricorso al voto anticipato. Rimane però il fatto che un osso sarà meglio di un bastone, ma rimane un osso e come pasto per tenersi in piedi si potrebbe anche provare ad avere qualcosa di più appropriato.
Il problema su cui vorremmo attirare l’attenzione è peraltro diverso e verte sul significato di inventarsi a tavolino un partito che non c’è. Lasciamo perdere le leggi tutto
Il senso della vita nel Paese dei piagnoni
La prima parola che viene in mente quando si prova a riflettere sulla pandemia che ci affligge ormai da un anno, fra momenti di effimero sollievo e di drammatiche ricadute, è “smarrimento”. Siamo quotidianamente bombardati - da giornali, programmi tv e dirette web - da cifre e statistiche sull’andamento della pandemia, sul numero di contagi e di decessi, sul rapporto fra la situazione italiana e quella mondiale. Il tutto mescolato a pareri contraddittori di esperti - virologhi e scienziati, alcuni dei quali ormai più famosi di Vasco Rossi e Claudio Baglioni e c’è da scommetterci prossimi a candidature in parlamento - polemiche politiche strumentali, scorrerie mediatiche negli anfratti più bui della vicenda, che amplificano un caso singolo (ad esempio, il decesso o il contagio di una persona appena vaccinata) con il risultato di sollevare dubbi e confusione laddove occorrerebbe una comunicazione chiara, semplice e il più possibile univoca. Leggiamo ogni giorno decine di pagine sulla pandemia (ridotte soltanto il giorno della morte di Maradona e dopo l’assalto a Capitol Hill) che tuttavia non aiutano a trovare la bussola. L’effetto è di un tutto indistinto e quindi dello “smarrimento”. Ciascuno, alla fine, resta della propria opinione, si affida al sentito dire o all’esperienza personale di amici e parenti, leggi tutto