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Scherzando col fuoco
Dunque niente Conte barricadiero, ma il solito felpato e verboso navigatore nei marosi della politica. Si sprecano quelli che l’avevano previsto, sottovalutando che da quelle parti ciò che dici oggi può tranquillamente essere capovolto domani. Non che vogliamo sottovalutare il mancato scontro fra Cinque Stelle e Draghi per salvare l’immagine del soldato Bonafede e dei suoi pretoriani. Ci limitiamo a dire che l’ex premier è sempre stato abile a rinviare gli scontri, perché di suo è un galleggiatore ed è probabile che i suoi punti di riferimento nell’establishment, di una sezione del quale è esponente, l’abbiano invitato a non mettere a rischio l’avvio dell’operazione sul PNRR.
Tanto la partita sarà lunga ed essendo in movimento tutto il quadro politico le occasioni per provare a forzare la situazione si ripresenteranno. In questo momento tutti stanno allegramente scherzando col fuoco, convinti che tanto non si brucerà nessuno, un po’ perché siamo ad un passo dal semestre bianco, un po’ perché nessuno è così forte da poter tentare il colpo di mano.
Basta guardare al centrodestra per rendersene conto. A stare ai sondaggi e alle aspettative sarebbe in grado di vincere le elezioni nazionali e di insediarsi al governo. Ma è diviso, non ha una leadership politica accettata da leggi tutto
Elogio del silenzio nei frastuoni della pandemia
Dallo scorso anno, e nella fattispecie da quando è esplosa la pandemia covid 19, ben pochi mostrano di aver fatto tesoro del celebre aforisma di Oscar Wilde secondo il quale “a volte è meglio tacere e sembrare stupidi che aprir bocca e togliere ogni dubbio”. Così nell’era dei virologi molti abituali frequentatori dei vari salotti televisivi si sono trasformati in esperti pronti a dare ricette sicure di fronte a un virus largamente ignoto agli stessi scienziati, così come tanti politici non hanno avuto il men che minimo dubbio a cavalcare facili risposte, quelle che il loro pubblico voleva sentirsi dire, magari riservandosi poi di smentirle nei fatti in tutto o in parte di lì a poco, quando il percorso della pandemia imboccava vie molto lontane da quelle che essi avevano preconizzato. Qualcuno ha per caso sentito qualche politico di casa nostra chiedere scusa dei propri errori anche relativamente a errate misure invocate e a dubbi comportamenti da essi stessi messi in atto sulla scena pubblica in spregio a ogni precauzione idonea a contenere la diffusione del virus? Meno che mai, naturalmente!!! La vera forza della politica, quella che non teme di riconoscere pubblicamente anche i propri eventuali errori, poteva semmai manifestarsi in altri leggi tutto
I limiti di una classe dirigente
I mugugni del M5s sulla riforma della giustizia sono emblematici non soltanto della difficoltà di stare in una coalizione eterogenea (i pentastellati, però, dovrebbero aver imparato qualcosa durante le due precedenti esperienze di governo), ma soprattutto di come sia complicato far entrare le forze politiche italiane in una logica di riassetto complessivo del sistema istituzionale. Decenni di immobilismo - o di riforme fatte male o con intenti personalistici o ideologici - possono ora essere spazzati via grazie al Recovery Plan e agli impegni assunti dal Paese. Su giustizia, fisco, pubblica amministrazione possiamo e dobbiamo cambiare, ma c'è sempre il problema delle "bandierine" (come le chiama Draghi). Sull'obbligo vaccinale le destre (che sanno di avere svariati sostenitori fra gli scettici, se non anche fra qualche settore "no vax") minacciano le barricate se passerà anche da noi la "linea Macron". Certo, quest'ultimo non è un tema da Recovery Plan (così come non lo è il ddl Zan, sul quale infuria la battaglia) ma ci restituisce bene il senso della situazione. I partiti sono ingabbiati nella coalizione attuale e nell'intelaiatura disegnata fino al 2026 dal programma europeo, ma non hanno affatto intenzione di esercitare la propria ragionevolezza. Pochi mesi con Draghi fanno già fibrillare la maggioranza: lo si leggi tutto
I nodi verranno al pettine
C’è poco da illudersi: i nodi politici della situazione italiana verranno al pettine. Il “corsaro” per eccellenza, cioè Matteo Renzi, si è rimesso in moto fiutando la nuova atmosfera. Il dibattito in Senato sul DDL Zan sarà probabilmente solo l’assaggio di quello che potrebbe diventare un campo di battaglia parlamentare quando il 23 luglio arriveranno in parlamento le riforme progettate dalla ministro Cartabia.
Non si sa come Draghi sia riuscito a compattare i ministri Cinque Stelle sul sostegno a quel progetto in modo da farlo passare con l’unanimità in Consiglio dei Ministri. Si dice che sia il frutto di una telefonata a Grillo, ma non crediamo sia bastato. Le voci di corridoio parlano di una minaccia del premier di salire al Colle presentando le dimissioni ove l’unanimità non ci fosse stata, ma Palazzo Chigi ha smentito. Può darsi che non sia stato detto esplicitamente, ma è certo che qualcuno ha fatto presente che oggi mettere in crisi il governo avrebbe significato imboccare la via delle urne, perché il semestre bianco scatterà solo il prossimo 3 agosto e tutti sanno che i Cinque Stelle (ma non solo) sono poco intenzionati a rimetterci un anno abbondante di stipendio.
Il problema però è solo rinviato. Al momento Conte,
L'ombelico dei partiti
Devono avere un ombelico molto bello i partiti, visto che passano il tempo a guardarselo. E non si tratta di questo o quel partito, perché è una sindrome che li coinvolge proprio tutti.
Fuor di battuta, è abbastanza evidente che in questo momento le forze politiche sono più impegnate a guardare gli zero virgola conquistati o perduti settimanalmente nei sondaggi che ad impegnarsi sulle grandi questioni che affaticano questo paese e interessano il suo futuro. Se si prova a farne un elenco si resta impressionati, ma se si guardano talk show e giornali sembra che l’unico tema decisivo sia il DDL Zan: che ha una sua importanza, lo si volesse de-ideologizzare e inquadrare in un contesto razionale, ma non tale da mettere in secondo piano i nodi del futuro del paese.
Partiamo dalla questione della giustizia. Quanto il nostro sistema giudiziario sia messo male è notissimo. Eppure accelerare una riforma che fra il resto ci viene imposta come condizione per i fondi UE sembra un’impresa titanica. Non c’è solo il tema di evitare una figuraccia al povero Bonafede in tempi in cui le manchevolezze del grillismo emergono ogni giorno. Altrettanto pesano gli interessi corporativi delle associazioni di rappresentanza di magistrati e avvocati, nonché leggi tutto
Conte e il partito plebiscitario
Tutta l’attenzione è stata calamitata a capire se Conte chiudeva la porta in faccia a Grillo e se questi avrebbe reagito scaricando colui che aveva nominato motu proprio capo politico in pectore. Il corollario era ovviamente vedere come avrebbero reagito non i Cinque Stelle in generale, quei militanti di cui tutti parlano, ma che non hanno voce a meno che non gli si dia la possibilità di fare clic su qualche domanda posta dalla piattaforma, bensì il gruppo dirigente che è stato al centro della scena durante questa legislatura.
Nell’immediato i suoi membri hanno detto, per citare Toninelli, che Grillo e Conte sono una coppia fantastica e tale vogliono che rimanga. La ragione banale è che questo garantisce più di ogni cosa un futuro. Il gruppo dirigente spinge per un accordo fra i due “capi” e non si sa ancora se sarà possibile, sebbene Conte, al contrario di quel che scrive qualcuno che guarda troppo alla “recita”, non abbia spinto per una rottura. Non gli conviene, perché un partito suo difficilmente potrebbe mantenere un consenso paragonabile a quello che attualmente viene attribuito a M5S, ma non conviene neppure a Grillo, a meno che non sia preso dall’illusione di poter distruggere e ricostruire il
Adesso il gioco si farà più duro
Arriva in Italia la presidente von der Leyen e ci porta l’approvazione del nostro PNRR: meglio del previsto si fa trapelare, perché in tutte le categorie della valutazione tranne una abbiamo avuto una A (punteggio massimo) e solo in una un B. Significa che fra non molto arriveranno i primi anticipi sui fondi che ci spettano. Ma significa anche che adesso si deve partire e qui il gioco si farà duro.
Gli esperti non legati ai partiti che hanno esaminato il piano mettono in luce che la situazione non è tutta rose e fiori, perché nonostante la cifra rilevante si è dovuto suddividerla per un numero molto alto di necessità per cui è facile sentire lamentele, non infondate, per i pochi fondi destinati a questo o a quel settore di intervento. Certo si sono fatti passi da gigante rispetto alla versione del piano elaborata da Conte: lontani dai taccuini molti esperti confessano che era un disastro, ma che non si deve dire per non turbare la pace di una coalizione sempre coi nervi a fior di pelle. Ai Cinque Stelle non si deve fornire l’occasione per creare difficoltà oltre quelle che già stanno mettendo in campo: vedi alla voce riforma della Giustizia. leggi tutto
La battaglia sui sondaggi
Poiché il mondo politico non riesce ad occuparsi d'altro (per fortuna, i provvedimenti più importanti e le scelte da compiere sono nelle mani di Draghi) c'è bisogno di scatenare qualche polemica di corto respiro. L'ultima è sui sondaggi. Salvini non gradisce che le rilevazioni demoscopiche diano Fratelli d'Italia (e persino il Pd, che tanto in crisi forse non è, differentemente da ciò che reputano alcuni settori minoritari del partito) alla pari col Carroccio, se non addirittura sopra la Lega. Non sfugge a nessuno che l'appello dell'ex vicepremier a Berlusconi per dar vita ad un "rassemblement" fra i due rispettivi partiti è una manovra per evitare a Salvini di dover cedere prima o poi la leadership del destra-centro (in base alla vecchia norma del Cavaliere in base alla quale il capo della coalizione di centrodestra è quello del partito che ha più voti). Ad oggi, Lega e FI valgono rispettivamente fra il 19 e il 22% la prima e fra il 6 e il 9 la seconda. Complessivamente oscillano fra il 26,5 e il 29,5%, teoricamente. Ciò vuol dire, considerando che una parte dei forzisti non approva "connubi" con la Lega e che quest'ultima subisce un'erosione a destra (che sarebbe verosimilmente accentuata dall'ingresso di Salvini e dei suoi nel PPE), che leggi tutto
PD: ritorno al PCI di Berlinguer?
Nessun partito è oggi in buona salute. Le discussioni sulla crisi della “forma partito” datano almeno da fine anni Settanta del secolo scorso, ma sono state a lungo esercitazioni accademiche. Ora sono riflessioni su una realtà che è più o meno sotto gli occhi di tutti. Magari c’è qualche risvolto paradossale, tipo il fato dei Cinque Stelli che sono nati per buttare a mare tutta la logica dei partiti politici e che adesso vogliono rifondarsi più o meno come partito. Ovviamente dichiarando, Conte dixit, che però saranno una cosa diversa dai partiti tradizionali. La storia si era già vista col fascismo e con il suo passaggio da Movimento a Partito Nazionale Fascista (PNF), anche allora dichiarando solennemente che il termine indicava però un’altra cosa. Non fu così, ma è un’altra storia.
Nonostante tutto, il caso più curioso è invece quello del PD, che non ha mai voluto negare la sua storia di partito più o meno tradizionale (congressi, direzioni, assemblee, segretari, circoli e quant’altro), ma che al dunque riesce sempre meno ad essere quello che un partito dovrebbe essere: un canale che travasa rappresentanza dalla società alla politica e viceversa.
Il partito che ha sede al Nazareno è un club, appena un poco allargato, di leggi tutto
Vaghe stelle della politica
La telenovela del contrasto fra Casaleggio, Conte e il vertice più o meno provvisorio di M5S si è conclusa. Non proprio con un “happy end”, ma con una sostanziosa transazione economica e un po’ di polemiche finali. Amen. Non crediamo ci sia da preoccuparsi per quel che succederà di Rousseau (inteso come movimento/piattaforma): per ora sembra che di movimento alternativo ai Cinque Stelle non ci sia sentore, avranno visto come sono finite le varie scissioni che hanno interessato negli ultimi anni gli altri partiti (sembra si tenga prudentemente fuori campo anche il solito Di Battista).
L’attenzione si concentra su ciò che succederà ora all’ ex MoVimento al cui vertice si dà per scontato che sarà eletto Conte, che intanto da tempo agisce come leader designato. Cosa che sarebbe curiosa trattandosi di una formazione in cui uno vale uno e pertanto si dovrebbe immaginare che dal voto dei militanti possa uscire qualsiasi cosa, visto anche che della voce di questi militanti non si è mai sentito nulla, salvo palesarsi in numero vario sulla piattaforma senza che alcuno potesse controllare numeri e veridicità dei dati. Vedremo se almeno su questo la nuova piattaforma offrirà qualche trasparenza in più.
Al momento Conte prosegue nella linea leggi tutto