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01 aprile 2023
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Argomenti

L'autorevolezza di Draghi frena le pregiudiziali ideologiche

Francesco Provinciali * - 16.10.2021

Sta dimostrando di possedere le buone doti del decisore politico che lui stesso aveva enunciato nella lectio magistralis alla Cattolica per il conferimento della laurea ad honorem, Mario Draghi, nella sua attuale veste di Presidente del Consiglio.

Al punto che ancora da Palazzo Chigi o dal Quirinale, la sua presenza si rivelerebbe salutare per la buona politica e rassicurante per il popolo italiano. Se quelle doti sono ancora la conoscenza-competenza, il coraggio e l’umiltà, il premier dimostra una accurata conoscenza dei meccanismi istituzionali e si muove a suo agio nei meandri del politically correct ma con un occhio di riguardo alle dinamiche internazionali, puntando su un più saldo accreditamento dell’Italia nell’Unione europea e nella geopolitica mondiale, esprime il coraggio necessario ad affrontare i problemi reali a livello economico e sociale nel perdurare dell’allerta pandemico e sa essere umile al punto giusto – come gli potrebbe raccomandare  William Shakespeare (“presta a molti il tuo orecchio e a pochi la tua voce”) -  nel considerare con par condicio le forze politiche del rassemblement atipico che sta sostenendo l’azione di Governo.

La sua esperienza ai vertici della Banca d’Italia e della BCE ha affinato le doti personali e il talento innato e si sta rivelando leggi tutto

La demagogia e la questione fiscale

Paolo Pombeni - 13.10.2021

Quando non è impegnato coi migranti, green pass, e altro, Salvini si butta volentieri sulla questione fiscale. La sua richiesta di avere un “impegno scritto” a non aumentare le tasse sulla casa nel 2026 è semplicemente ridicola: non solo perché anche in tempi normali (e questi non lo sono) è impossibile prevedere come saremo fra cinque anni, ma perché nessuno sa che maggioranza politica ci sarà allora (come minimo ci sarà stata una tornata di elezioni nazionali) e che governo sarà in carica. Ammesso e davvero non concesso che Draghi possa essere così balordo da infilarsi a sottoscrivere un impegno del genere, non avrebbe nessun valore, non diciamo giuridico, ma neppure politico.

Ciò che tuttavia stupisce di più è che non si riesca mai a impostare un serio discorso sul problema fiscale. Certo ogni tanto qualcuno ricorda che c’è un abisso fra quel che si raccoglie con la tassazione e quel che lo stato spende: secondo l’istituto “Itinerari previdenziali” nel 2019 con l’IRPEF si sono incassati 15 miliardi, per scuola, sanità, assistenza, ecc. se ne sono spesi 174. Ovviamente ci sono altre forme di entrate a cui lo stato può attingere, come la tassazione indiretta, ma nessuno crede che bastino a colmare questo divario, sicché alla fine è tutto debito pubblico, leggi tutto

La fine del "traino dei sindaci"

Luca Tentoni - 09.10.2021

Sull'esito del primo turno delle elezioni amministrative è stato scritto molto, soprattutto per quanto riguarda le liste e le coalizioni. È passato invece un po' sotto silenzio il rendimento reale dei candidati sindaci. Il destra-centro ha scaricato l'insuccesso nelle metropoli sugli aspiranti primi cittadini (dopo averli scelti) ma forse bisognerebbe guardare oltre, anche al centrosinistra. Ad una coalizione che - in due casi col M5s - ha saputo mettere insieme un milione e 56mila voti (compresi quelli ai candidati sindaci) nelle sei metropoli andate alle urne, col 43,3% delle liste, si può dire poco, soprattutto se si considera che il destracentro si è fermato al 31,5% e 772mila voti (fra liste e consensi ai candidati sindaci). Eppure, qualcosa non torna. Se i due maggiori schieramenti hanno raccolto nelle sei "capitali regionali" (Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna e Trieste) il 74,8% dei voti di lista, spazzando via i "terzi incomodi", è però vero che i voti ai soli candidati sindaci dei due poli ammontano solo al 55,3%, cioè 103,9 mila sui 187,6 totali. La facoltà di esprimere un voto solo per il candidato sindaco è ormai utilizzata da pochi (75 votanti su mille), però si tratta di espressioni di consenso alla persona che hanno un valore politico. A Roma, per esempio, è successo di tutto: su 94.959 leggi tutto

Un test importante, ma da analizzare bene

Paolo Pombeni - 06.10.2021

Mai come in politica vale il detto: una rondine non fa primavera. Se andiamo a ritroso e vediamo per esempio l’ultima fase della cosiddetta prima repubblica, troviamo numerosi casi in cui risalite della Dc o incrementi del Pci venivano interpretati come segni a seconda dei casi o della tenuta del vecchio sistema o dell’avvento incombente dell’opposizione al potere. Non è andata così e il sistema poi è crollato quasi di punto in bianco.

I movimenti in politica sono spesso lenti e sussultori. Probabilmente sta accadendo così anche oggi. E comunque è bene tenere conto che tutto si inserisce in un sistema più generale che certo subisce l’impatto degli eventi, ma che cerca di assorbirli in qualche modo, anche se non è detto che ci riesca.

Vediamo dunque di cogliere qualche elemento in quel che sta davanti a nostri occhi. Innanzitutto il fenomeno del pesante astensionismo. Ha indubbiamente molte cause ed è un fenomeno composito perché le ragioni per cui ci si astiene possono essere diverse. Ci permettiamo di sottolineare che un contributo non secondario all’astensione l’ha dato l’orgia di demagogia a cui abbiamo assistito. Quando si gioca a scatenare il disprezzo della gente per la fatica della politica, non ci si deve stupire se poi leggi tutto

Riforme a costo zero?

Paolo Pombeni - 22.09.2021

Di qui a fine anno ci sono 42 riforme da fare se vogliamo avere i soldi del Recovery europeo. E magari anche qualcun'altra che non è obbligatoria, ma che sarebbe bene realizzare per tenere il quadro in equilibrio. E si dovrà varare anche la nota di aggiornamento del prossimo bilancio dello Stato in vista della legge finanziaria che va approvata entro fine anno se non vogliamo finire nell’esercizio provvisorio, incompatibile con la gestione dei fondi del PNRR.

Il governo lo sa e ci sta pensando. I partiti lo sanno anche loro, ma non vogliono pensarci perché devono fare le loro battaglie elettorali. E qui casca l’asino. Non è soltanto questione di dilatare e ritardare tutto di almeno trenta, se non quaranta giorni, per attendere che siano espletati i ballottaggi e che i partiti abbiano “digerito” i risultati elettorali: già non sarebbe poco, visto che è un terzo del tempo che ci è concesso per varare le riforme. Si tratta, quel che è peggio, di superare la logica a cui i partiti (ma non solo loro), una parte spudoratamente, una parte con qualche ritrosia, si stanno piegando: che si possano fare le riforme a costo zero.

Non ci vuol molto a notare che in questo momento abbondano leggi tutto

L’incognita Quirinale

Paolo Pombeni - 15.09.2021

Per quanto molti politici si sforzino di dire che sarebbe opportuno cominciare a parlarne a gennaio, il tema che corre neppur troppo sotterraneo all’interno della nostra classe politica riguarda proprio la successione a Sergio Mattarella. Intendiamoci, non è affatto una novità. Fin dagli ultimi sette mesi della presidenza Einaudi si discusse in anticipo della successione e, basta leggersi un po’ di memorialistica, anche dell’opportunità o meno di rieleggerlo. La stessa cosa capitò con Gronchi e poi con Pertini, per citare due casi in cui anche i diretti interessati esplorarono le possibilità di una loro permanenza al Quirinale. Né sono gli unici casi.

Tuttavia oggi siamo di fronte ad una novità assoluta, anzi a più d’una. La prima è che siamo in presenza di una emergenza nazionale con problemi di gestione dell’uscita da essa. Un qualche parallelo potrebbe esserci con l’elezione di Pertini per l’emergenza terroristica dopo l’assassinio di Moro, ma era un fenomeno più circoscritto e non contemplava un programma di ricostruzione come quello di oggi (per di più sotto condizionamento europeo). La seconda è che il successore di Mattarella sarà eletto da un parlamento che al massimo nel giro di un anno e mezzo sarà rivoluzionato dal taglio dei parlamentari approvato per leggi tutto

L'egemonia fragile

Luca Tentoni - 11.09.2021

Manca poco, ormai, al voto per il rinnovo dei consigli comunali di sei importantissimi capoluoghi regionali (Roma, Milano, Torino, Napoli, Bologna e Trieste). Cinque anni fa si votò in condizioni politiche e sociali completamente diverse da quelle odierne: da allora, la leadership di Renzi è tramontata (con la doppia pesante sconfitta al referendum del '16 e alle politiche del '18), poi c'è stato il periodo d'oro del M5s (iniziato col 32% dei voti nel 2018 e finito già alle europee del 2019), quindi abbiamo avuto il boom della Lega alle scorse europee (34% nel 2019) che ora è sostanzialmente rientrato (il partito di Salvini ha ora circa il 19%, cioè poco più del 17% delle politiche); oggi in vetta è Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, cioè quello che fino a due anni fa era un piccolo-medio partito e che oggi supera il 20% dei voti (ma quanto durerà?). Fatto sta che siamo di fronte ad un fenomeno ormai duraturo, tipico della fase di scomposizione (si potrebbe anche dire: di decomposizione) del secondo sistema dei partiti della Repubblica. L'"egemonia fragile" caratterizza gli anni dal 2014 in poi: ciascuno a suo tempo - prima il Pd ('14-'17), poi il M5s ('18-'19), poi la Lega ('19-'21), ora FdI - ha avuto un buon numero di consensi ed esercitato una presa sull'elettorato e sull'opinione pubblica. leggi tutto

Un autunno complicato

Paolo Pombeni - 08.09.2021

Inizia l’ultimo quadrimestre di un anno che non è stato facile. Non sappiamo se quest’ultima fase consentirà un po’ di sollievo. Dipenderà da fattori oggettivi, ma anche dalle varie soggettività che affollano la vita politica. È banale ricordare che anzitutto avrà un ruolo fondamentale l’andamento della pandemia. Se, come molti prevedono, continuerà il trend attuale che la vede abbastanza sotto controllo, sarà meno complicato procedere sulla via delle misure di rafforzamento delle difese a livello sociale, a cominciare dall’estensione del green pass. L’obbligo vaccinale rimane una misura non semplice da adottare, perché le resistenze di una parte dei parlamentari sconsigliano una battaglia nelle Aule, dove ormai il disciplinamento degli umori è scarso.

Sembra se ne sia reso conto anche Salvini, che lascia intendere di accettare una estensione del green pass evitando così un confronto sulla questione di fiducia che altrimenti il governo sarebbe stato costretto a porre. Tanto le materie su cui fare “agitazione” non mancano: adesso, visto il successo relativo dell’attacco alla ministro Lamorgese, punta tutto sulla abolizione del reddito di cittadinanza. È una mossa per gettare zizzania nel campo del centro-sinistra, visto che si tratta della bandierina a cui i Cinque Stelle sono più affezionati e che il PD difende per ragioni di alleanza. leggi tutto

La leadership dell’inquietudine

Paolo Pombeni - 01.09.2021

La politica italiana ha marciato nelle ultime settimane in tono minore, perché il dramma dell’Afghanistan ha assorbito l’attenzione principale dell’opinione pubblica. Non si è fermato nulla, e presto si rimetterà tutto in moto, perché ormai manca più o meno un mese al grande appuntamento con le urne di ottobre e la fibrillazione nei partiti è molto alta. Vanno al voto 1162 comuni, due collegi parlamentari per le suppletive e la Calabria per le regionali. Difficile non considerarle un test, anche se prudentemente alcuni leader dichiarano che sarà bene non trarre troppe considerazioni generali. Conte per esempio ha già detto che è troppo presto per misurare l’impatto della sua nuova leadership sul consenso ai Cinque Stelle.

In termini generali quel che sembra di vedere è però una corsa scomposta a guadagnare quella che definiremmo la leadership dell’inquietudine. Spesso la politica ha reazioni in ritardo rispetto a quel che succede e forse anche oggi è così. Da un certo punto di vista infatti dovremmo considerarci in una situazione che apre alla speranza: non ci sono i temuti segni di un crollo dell’economia, anzi, eccezioni limitate a parte, stiamo andando molto meglio del previsto; in più sono arrivati i primi soldi per il PNRR e dunque ci potrebbe essere un ulteriore progresso. leggi tutto

La riforma Cartabia e gli squilibri del sistema politico

Maurizio Griffo * - 01.09.2021

Quando si lamentano i malcerti assetti del sistema politico italiano, che in parecchi decenni non è riuscito a trovare un equilibrio duraturo, occorre sempre tener presente un fattore di instabilità che, molto spesso, non viene considerato con la dovuta attenzione. In maniera più pronunciata di quanto avviene in altre democrazie, infatti, la vita politica del nostro paese, da alcuni decenni, è attraversata da un clivage che si somma e si interseca ai correnti clivages politici, siano essi quelli tradizionali (destra/sinistra), o quelli emersi in tempi più recenti (europeismo/sovranismo). In sostanza, accanto alla normale lotta politica esiste una contrapposizione tra il potere politico e l’ordine giudiziario che condiziona in modo negativo la nostra vita politica. L’origine di questo problema risale alla fine della cosiddetta prima repubblica. Come è noto, le inchieste di quella fase, definite riassuntivamente come “tangentopoli”, hanno determinato uno squilibrio tra i poteri dello stato che non si è mai potuto sanare. A far sì che quello squilibrio non fosse solo il portato di una stagione straordinaria è risultata decisiva la sciagurata modifica costituzionale, votata da un parlamento impaurito nell’autunno del 1993. Una modifica che riduceva drasticamente l’immunità parlamentare. A partire da allora l’intera classe politica si è trovata alla mercé dei settori ideologizzati della magistratura. leggi tutto