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La ricostruzione del sistema politico
Come era inevitabile dopo il pastrocchio delle elezioni quirinalizie si inizia a parlare di ricostruzione del nostro sistema politico. I due pilastri sono già stati individuati dall’andamento di quanto è accaduto: la presidenza della repubblica e i partiti.
Sul primo punto si torna a parlare di presidenzialismo, non certo “completo” sul modello americano, perché a questo non pensa nessuno, ma “semi” più o meno vagamente sul modello francese. Ci si sta rendendo conto che sarebbe necessario avere un’istituzione che possa porsi al di sopra dello scontro contingente fra i raggruppamenti politici e rappresentare al meglio l’unità della nazione. Lo si è potuto certo fare anche con il nostro attuale modello costituzionale, ma adesso in un quadro di tensioni e angosce sociali crescenti si vede che è rischioso puntare solo, come vorrebbe la nostra Carta, su un atto di responsabilità delle forze parlamentari. Questa volta è andata bene alla fine perché il parlamento ha forzato i capi partito a scegliere il congelamento della situazione, ma non si sa come potrebbe andare in futuro.
I problemi tecnici per un riaggiustamento della figura del Presidente della Repubblica sono molti a partire da una necessaria riforma costituzionale che non sarà facile ottenere con la maggioranza che la sottrarrebbe leggi tutto
Sergio Mattarella e lo spartiacque politico dell’Europa
Il secondo mandato presidenziale a Sergio Mattarella porta con sé un riposizionamento dei partiti e una riorganizzazione del loro sistema. Ciò si collega direttamente alla questione del rapporto con l’Europa. L’elezione di Mattarella, infatti, può essere letta attraverso la prospettiva del conflitto tra i sostenitori del processo di integrazione europea e i loro oppositori.
L’alleanza elettorale di centro-destra è composta da tre partiti: Forza Italia (FI), Lega e Fratelli d’Italia (FdI). FI è un partito filoeuropeo e fa parte del Partito Popolare Europeo. In Italia, tuttavia, FI è un alleato politico della Lega e di FdI. Quest’ultimi rientrano tra i partiti che chiedono “più stato nazionale e meno Europa”: in altre parole che l’Europa passi da un’architettura sovranazionale a una intergovernativa. Questa è una contraddizione di fondo che Forza Italia si porta dietro da sempre.
Ancora l’anno scorso il leader della Lega Matteo Salvini ha cercato, senza esito, di costituire un proprio gruppo “sovranista” all’interno del Parlamento europeo, insieme all’ungherese Viktor Orbán e al polacco Mateusz Morawiecki, entrambi leader di partiti euroscettici. Nel Parlamento europeo la Lega fa parte del gruppo politico “Identità e Democrazia", nel quale confluiscono, tra gli altri, la populista e conservatrice Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ) e il partito di leggi tutto
Napolitano-Mattarella, dall'invettiva alla speranza
Giovedì abbiamo ascoltato il secondo discorso di rielezione di un Capo dello Stato. Rispetto al precedente del 2013, quando Giorgio Napolitano colse l'occasione per sferzare i partiti che l'avevano costretto ad un sacrificio più grande delle proprie forze, necessitato dalle circostanze di un Paese che allora era senza un governo e stentava a scegliere il Capo dello Stato, il panorama è cambiato. Non nell'emergenza, come Mattarella ha ricordato: la pandemia ha anzi aggravato problemi già esistenti, ampliato la sofferenza sociale ed economica. Se però nel discorso di Napolitano si avvertiva la tensione verso la classe politica incapace di trovare soluzioni, nelle parole di Mattarella si è colto un nuovo inizio, per il Parlamento e per l'Italia. Napolitano puntò molto sulla drammaticità e sul rimprovero; Mattarella ha scelto la "pars construens". Quello di ieri è stato il discorso del riscatto di un Paese provato ma che ha grandi potenzialità e un’eccezionale guida morale al Quirinale. Le Camere tornano centrali: lo si capisce col riferimento al "necessario, indispensabile dialogo collaborativo fra Governo e Parlamento" e all'importanza che quest'ultimo "sia sempre posto in condizione di poter esaminare gli atti fondamentali e valutarli in tempi adeguati". In altre parole, Mattarella augura buon lavoro e un futuro fattivo al leggi tutto
Il buon senso c'era ma se ne stava nascosto per paura del senso comune (Alessandro Manzoni)
Dopo inutili e confusi tentativi di creare candidature surrettizie da portare in emiciclo ma durate poi lo spazio di una votazione, il Parlamento ha compiuto un gesto di resipiscenza e una presa d’atto della realtà.
Nomi autorevoli ne sono circolati più nei corridoi, dietro le quinte e nei conciliaboli malcelati che nelle proposte da sottoporre ai grandi elettori: candidati allo sbaraglio senza una conta iniziale.
Alcuni partiti non hanno proferito parola e si sono trincerati dietro un inspiegabile riserbo, altri hanno scelto la via dell’iniziativa ma finendo per bruciare – come è per i più incauti neofiti della politica- i nomi proposti. La destra ha fallito l’abbordaggio ma la sinistra non ha titolo per cantare vittoria: acefala e muta. Tanti personaggi in cerca d’autore, imprigionati a Montecitorio come i protagonisti di un film di Bunuel.
Evidentemente qualche domanda più di uno dovrà porsela: la politica vince virando in extremis per la scelta migliore e di maggior garanzia per tutti: il settennato di Mattarella si è infatti realizzato all’insegna del senso di responsabilità più avvertito, il ruolo istituzionale è stato avvalorato dalle doti personali dell’uomo, dalla percezione netta e mai venuta meno leggi tutto
Il gioco al massacro fra leader deboli
Concluso il tour de force dell’elezione del Presidente della Repubblica, vale la pena chiedersi come stanno le istituzioni politiche. Molti ritengono che la mancanza di forza o di coraggio, al termine degli ultimi due settennati della Presidenza della Repubblica, nell’individuare nomi nuovi da eleggere alla massima carica dello Stato è probabilmente un segnale di debolezza soprattutto di una classe politica sempre più ripiegata su se stessa. Ognuno di noi può giudicare se la scelta di confermare Sergio Mattarella sia stata una decisione dettata dalla saggezza dei nostri rappresentanti, che hanno interpretato la volontà profonda del Paese, oppure un atto di autodifesa di un corpo politico che, eleggendo un altro Presidente, avrebbe rischiato di sciogliersi. Il fatto certo, però, è che il protagonismo mostrato dai grandi elettori durante le elezioni ha messo in mostra una sostanziale debolezza della leadership politica. Si tratta di un aspetto su cui vale la pena soffermarsi perché, a forza di ripetere che la personalizzazione della politica, avviatasi con la fine del XX secolo, è stato il propellente per l’emersione delle figure dei leader a scapito della tradizionale centralità del partito e delle istituzioni, ci dimentichiamo di dire che tale fenomeno ha avuto degli effetti anche tra i cosiddetti “rank leggi tutto
Un sistema al capolinea?
Se si vuole una conferma che le elezioni quirinalizie sono state un test per quelle politiche future basta constatare che come accade dopo quelle tutti hanno proclamato di avere vinto. Non è proprio così e forse sarebbe giusto dire che non ha vinto nessuno, ma si è arrivati al capolinea col sistema che si era impiantato dopo il crollo della vecchia repubblica dei partiti.
Quel che pare di poter rilevare è che è andato in crisi lo schema del bipolarismo dominante: da una parte il centrodestra, dall’altro il centrosinistra. Il primo aveva orgogliosamente sostenuto che questa volta era il suo turno nel dare le carte, illudendosi di contare su una maggioranza parlamentare che sarebbe stata tenuta insieme dalla prospettiva di una sua sicura vittoria alle prossime elezioni. Questo è tutto da vedere perché è convinzione basata sui sondaggi che non solo fotografano le risposte di getto degli intervistati, ma non tengono conto di una quota molto alta che non si esprime. Comunque il corpo parlamentare non si è mostrato convinto della prospettiva e si è compattato nel proporre che per adesso si congelasse la situazione esistente.
Quanto al secondo, il centrosinistra ha offerto la prova provata della sua aleatorietà in quanto non si sa più se includa davvero leggi tutto
Il labirinto parlamentare
I partiti hanno trasformato il grande parlamento che deve eleggere il successore di Sergio Mattarella in un labirinto da cui non si riesce ad uscire. Tutti attendono che qualcuno porga loro il mitico filo di Arianna che li porti fuori, ma fino al momento in cui scriviamo (martedì 25 gennaio ore 21) non vediamo traccia di qualcosa di simile.
Il problema fondamentale è, come ormai hanno riconosciuto tutti, mettere insieme la soluzione del problema Quirinale con quella del governo e non solo nel caso, che al momento non sembra più molto probabile (ma in politica conta sempre l’ultimo minuto), in cui fosse Draghi stesso a salire al Colle. Il tema di fondo è che la soluzione trovata a febbraio scorso da Mattarella per risolvere la crisi di impotenza delle forze politiche rimane fortemente legata alla presenza chiave di Draghi, personalità capace di imporsi su una coalizione molto larga, ma anche all’equilibrio da lui trovato nella distribuzione dei ministeri. Intendiamoci: non tutte le scelte sono state meravigliose, non tutto funziona alla perfezione, ma non riusciamo a convincerci che ci siano le condizioni per ridisegnare in un modo migliore la compagine dell’attuale esecutivo.
Anche se ci sono state le sementite di prammatica, le indiscrezioni parlano del leggi tutto
Nelle spire di un passato che non passa
La politica italiana è prigioniera del suo passato. Tutti sono disposti a sottoscrivere l’affermazione guardando alla rinascita di Berlusconi che si prende il centro della scena e rimette in pista l’eterna diatriba tra pro e contro il Cavaliere. Che lui sia una presenza ingombrante non c’è dubbio. Che susciti più di un interrogativo inquietante anche.
Ci vuole naturalmente una certa disinvoltura a considerarlo “adatto” per un ruolo come la presidenza della repubblica. Non è tanto questione di suoi guai giudiziari, che certo qualche problema lo pongono, ma alla fine potrebbero anche, sia pure a fatica, essere messi fra parentesi. Le due riserve maggiori riguardano come ha svolto il suo mandato al governo. Basta leggersi quello che ha registrato Marzio Breda nel suo libro Capi senza Stato (Marsilio 2022), a proposito del suo rapporto con Ciampi per farsi venire molti dubbi sulle sue qualità di “statista” (e Breda non è giornalista di una testata pregiudizialmente di parte, né Ciampi era un esponente della “sinistra” che partiva dalla demonizzazione dell’uomo di Arcore). Aggiungiamoci però, ed è la più pesante delle palle al piede che si trascina Berlusconi, che si tratta di un uomo di grande ricchezza, con interessi economici personali notevolissimi, soprattutto nel campo della comunicazione. leggi tutto
Draghi e la querelle sul Quirinale
La conferenza stampa del premier Draghi è stata in genere accolta male da molti esponenti della grande stampa. Si è ritenuto intollerabile che rifiutasse domande sul suo futuro (al Quirinale o a palazzo Chigi), ci si è lamentati che avesse perso decisionismo (dopo naturalmente essersi lamentati nei mesi scorsi del suo piglio decisionista).
In realtà le cose sono più complicate, ma ormai il teatrino della politica commentata non tollera che qualcuno rifiuti di rivestire i panni che gli sono stati assegnati nella rappresentazione. A Draghi troppi non perdonano di non avere fatto il miracolo, cioè avere cancellato la pandemia. Altri si beano nel rilevare che loro l’avevano sempre detto che non ce l’avrebbe fatta. Ovviamente sono due atteggiamenti ridicoli, perché nessuno in nessuna parte del mondo è stato in grado di cancellare questa pandemia, ma Draghi non solo ha fatto molto per metterla il più possibile sotto controllo, ma ha al tempo stesso evitato che essa producesse la catastrofe economica che era profetizzata da vari osservatori.
Tutto però si è ulteriormente complicato quando si è aperta la questione di una possibile investitura dell’attuale premier come prossimo presidente della repubblica. La prospettiva suscita preoccupazione nelle forze politiche per due ragioni. La prima è che non sanno come possono
Mattarella passa la staffetta al successore
Quello del 31 dicembre è stato il congedo - nonostante alcuni sperino ancora, invano, in un ripensamento - di un fermo e coraggioso Capo dello Stato. Un vero arbitro, che è intervenuto quando necessario e che non ha esercitato funzioni "semipresidenziali": semplicemente, ha fatto quanto era in suo potere per assicurare la difesa e il buon funzionamento delle istituzioni repubblicane. Ha richiamato, nel suo settennato, diritti e doveri; in ultimo, ha censurato nuovamente l'atteggiamento dei "no vax" (ampiamente sopravvalutati dai mass media) con parole che la stragrande maggioranza degli italiani non può che sottoscrivere e condividere. Nell'ultimo discorso di fine anno Mattarella ha esaltato la compattezza degli italiani nella crisi pandemica: "il volto reale di una Repubblica unita e solidale". Sebbene il Presidente abbia certamente informazioni maggiori delle nostre, ci è parso che l'Italia non sia affatto uscita dalla pandemia (che, peraltro, è tuttora in corso) più giusta e più unita di prima. Si diceva: ne usciremo migliori; così, però, non è stato, né per i partiti, né per un popolo diviso a causa della pervicacia di pochi "evasori vaccinali". Il discorso di Mattarella ha avuto una parte politica non ampia, ma ricca, fatta di poche espressioni disseminate nel contesto, ma molto chiara. Alla Meloni che vuole un leggi tutto