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Valorizzare la funzione ispettiva nella scuola dell'autonomia
Nella società interconnessa e delle relazioni globalizzate la scuola dell’autonomia rischia di celebrare il proprio isolamento autoreferenziale. Come sempre accade ad ogni innovazione legislativa, anche dopo l’approvazione dell’autonomia scolastica (legge 59/1997- DPR 275/1999 e succ.ve disposizioni) si è creata una discrasia tra intenzioni del legislatore e attuazioni operative.
Ciò che rischia di saltare è l’identità e l’unitarietà del sistema nazionale di istruzione.
Molti sedicenti esperti, soloni della pedagogia del nuovo, aspiranti tuttologi e acritici cultori del localismo educativo aperto al mondo, stanno scavando una voragine che va separando la scuola dei progetti e dell’autogestione priva di controlli dalla tradizione culturale ereditata, che viene così dimenticata o gettata al macero delle cose inutili.
Si tratta in genere di affabulatori che non mettono piede nella scuola da quando portavano i calzoni corti ma mietono proseliti riempiendosi la bocca di neologismi, sostituendo la lingua italiana con anglicismi di maniera, il lessico delle parole con sigle, acronimi, formule magiche sideralmente lontane dalla minima cognizione della realtà.
Parlare di autonomia scolastica per loro significa prendere le distanze da tutto, in nome di una qualità inventata che si avvalora da sola, senza un minimo controllo da parte di organi e soggetti titolari di un compito imprescindibile: quello di verificare il leggi tutto
Università telematiche: ciò che può fare la differenza
Propongo che dalla scuola dell’infanzia agli atenei Universitari più prestigiosi, gli addetti ai lavori delle istituzioni interessate a cominciare dai vertici della burocrazia del Ministero dell’Istruzione e del Merito e da quello dell’Università siano obbligati a frequentare ogni anno un corso intensivo di pedagogia comparativa: quel campo di studi e di ricerche che mette a confronto gli asset organizzativi e funzionali dei sistemi di istruzione del mondo. Siamo pregiudizialmente esterofili al punto di voler anglicizzare linguaggi, metodologie, programmi didattici delle nostre scuole e ostinatamente pervicaci nello sfrucugliare in casa nostra cercando tutti i difetti possibili ma nello stesso tempo distratti rispetto alle tendenze veramente innovative che si realizzano altrove. L’attuale dibattito sulle Università telematiche, la loro utilità, la serietà degli insegnamenti disciplinari, il reclutamento del corpo docente, i criteri di valutazione e controllo della qualità dei risultati, la validazione dei corsi di studi e dei titoli rilasciati – che dovrebbero essere i temi da approfondire - si riduce a diatribe intorno alle competenze dei Dicasteri senza escludere pregiudiziali di interessi, incompatibilità di ruoli, finanziamenti e primazie gestionali. Per non saper né leggere né scrivere, da ex ispettore del MIUR sono sempre stato interessato alle tematiche pedagogiche e alla produttività del servizio di istruzione. leggi tutto
Esistono ancora il diritto allo studio e la libertà di insegnamento?
Tra i vari nuclei tematici che la scuola sembra aver perduto strada facendo il diritto allo studio e la libertà d’insegnamento sono indubbiamente quelli più rilevanti e con maggiore valenza simbolica e ricadute operative. Non si tratta tuttavia dei sassolini che Pollicino lasciava cadere dietro di sé per ritrovare la via del ritorno, quanto piuttosto di illustri convitati di pietra al banchetto della pedagogia oggi prevalente, acriticamente protesa al nuovo da inventare e dimentica della tradizione ricevuta. Eppure si tratta di principi fondativi del sistema di istruzione ai quali i padri costituenti avevano attribuito un ruolo centrale sul piano politico e culturale e riassuntivo rispetto ai compiti della scuola, nell’ottica dei diritti e dei doveri irrinunciabili. Ricordando i cento anni dalla nascita di Don Milani viene spontaneo evocarne la figura e l’opera educativa, non in senso retorico e celebrativo quanto per l’operosità e l’esempio, l’umiltà e la dedizione agli ultimi che hanno caratterizzato il suo essere maestro nella scuola e nella vita. Nell’Italia del secondo dopoguerra – che affrontava la ricostruzione del Paese afflitta dalla piaga del diffuso analfabetismo – egli fu una delle figure più rappresentative della volontà di riscatto e di crescita. Di lui il Presidente Mattarella ha detto: “Il leggi tutto
La scuola degli acronimi e dei progettifici
‘Per una maggiore trasparenza, efficienza ed efficacia nel monitorare i progetti previsti dal PEI/PTOF si chiede a ogni docente/team/CdC /GLO di compilare il FORM al seguente link’.
Ecco l’incipit di una circolare inviata dal dirigente scolastico ai docenti, che fa riferimento ad un adempimento atteso in corso d’anno. Un tempo i direttori didattici e i presidi organizzavano incontri con gli insegnanti allo scopo di focalizzare il piano di lavoro, le metodologie, gli obiettivi educativi ed erano essi stessi in grado di offrire indicazioni, di consigliare, ascoltare le problematiche emergenti nella gestione della classe e dei singoli alunni, che stavano al centro degli impegni di tutti. In genere queste riunioni erano utili, i docenti potevano esprimersi in un clima solitamente colloquiale, commisurando i programmi nazionali di studio con la progettazione dagli stessi utilmente declinata nel proprio ambito professionale. I capi d’istituto - provenendo dai ruoli magistrali - custodivano un’esperienza didattica che prevaleva sulle incombenze burocratiche ed erano una guida per i propri docenti.
Con l’introduzione delle procedure collegiali, della sperimentazione didattica e dell’aggiornamento attraverso i decreti delegati del 1974 la scuola si era aperta al territorio e alle logiche della programmazione, mentre con la legge 517/1977 – scritta da tecnici competenti e con una forte leggi tutto
Il ministro Valditara rilancia il valore del libro
L’utilizzo sempre più intensivo delle nuove tecnologie sta cambiando la nostra vita: si tratta di una deriva inarrestabile che richiede capacità di metabolizzare l’innovazione conservando un certo distacco tra sé e gli strumenti informatici, per non essere assorbiti in meccanismi di dipendenza che ci privino della facoltà di decidere quando e come utilizzarli. Significativo il distinguo del Ministro Valditara che esprimendosi nel merito di una introduzione massiva della didattica digitale e dei suoi derivati in ambito scolastico, con il rischio di una graduale espunzione della cultura tradizionale, ha. usato la felice e sintetica espressione dell’et-et anziché quella drastica e preclusiva dell’aut-aut. L’auspicio di una convivenza possibile evitando il rifiuto dell’innovazione o la cancellazione della tradizione. La vita stessa, la cultura è sintesi di ‘ratio’ e di ‘traditio’, dovremmo rammentarlo più spesso. Ricordando che il libro e l’apprendimento della letto-scrittura e dei saperi non potranno mai essere espunti dai compiti formativi ed educativi del sistema scolastico. Se la pedagogia comparativa fosse materia obbligatoria di approfondimento per gli indirizzi metodologico-didattici della burocrazia ministeriale e delle scuole dell’autonomia ci accorgeremmo che l’esterofilia- malattia tipicamente italiana – ci porta ad inglobare acriticamente tendenze e stilemi linguistici mutuati da altri sistemi scolastici, trascurando l’enorme bagaglio di esperienze leggi tutto
I docenti fragili in smart working sono adibiti ad attività di supporto al piano triennale di offerta formativa. Con quali modalità?
Il ritorno silente ma in crescita esponenziale del COVID ha indotto il Governo a prorogare i termini dello Smart Working per i lavoratori fragili – scaduti il 30/09 u.s. - fino al 31/12 p.v. Ad onor del vero già la legge n.° 85 del 3/7/2023 aveva stabilito questo differimento a fine anno per la categoria dei cd. “super-fragili”, ovvero per coloro le cui patologie sono comprese nel D.M. Salute 4/2/2022. Riportando lo stralcio del D.L. 29/09//2023 non può sfuggire il passaggio che -su iniziativa del Ministro del Lavoro Calderone – considera la fattispecie relativa alla declinazione nel lavoro agile del personale docente della scuola, che in passato aveva suscitato più di un interrogativo in ordine alla conversione nello smart working di una mansione professionale non del tutto compatibile sul piano del pratico utilizzo degli insegnanti in un’attività differita a domicilio. Ciò che aveva suscitato polemiche e contenziosi soprattutto considerando la atipicità della funzione docente, non sempre convertibile ad esempio nella didattica a distanza, soprattutto per la scuola primaria e dell’infanzia, creando difficoltà operative sia per gli interessati – per i quali il lavoro agile si configura come diritto soggettivo non subordinato ad un potere limitativo discrezionale – che per i dirigenti scolastici cui compete l’onere di focalizzare prestazioni lavorative a distanza leggi tutto
Carta, penna e libri non possono essere rimossi dalla scuola
L’inizio del nuovo anno scolastico impone una coraggiosa riflessione sull’introduzione delle nuove tecnologie che negli ultimi anni, in parte complice la DaD, hanno modificato in modo incisivo la didattica - intesa come applicazione delle metodologie di insegnamento-apprendimento e dei loro contenuti- fino allo stesso concetto di formazione, delle finalità educative, e dei modi di espletamento di questo fondamentale pubblico servizio. Ciò non ha riguardato solo gli alunni ma ha comportato una profonda e radicale trasformazione delle competenze richieste ai docenti, poiché l’uso massivo dell’informatica e la digitalizzazione pervasiva hanno di fatto imposto loro il possesso di requisiti aggiornati e di una professionalità innervata nel volano dell’innovazione.
La vecchia metafora di Elio Damiano della società-lepre che fugge e della scuola-tartaruga che la insegue non è più accreditabile e non corrisponde al vero: nel 2024 celebreremo i 50 anni di vita dei cd. ’decreti delegati’ e lo faremo immersi in una realtà organizzativa e funzionale sideralmente lontana da quella riforma di cui resta – è pur vero - l’impianto di fondo anche se l’introduzione dell’autonomia scolastica ha configurato un quadro d’insieme parcellizzato, difforme, a volte persino sfuggente rispetto all’esigenza inderogabile di conservare l’unitarietà del sistema scolastico nazionale.
Temi come il diritto allo studio, l’uguaglianza delle opportunità educative, la leggi tutto
Quello che della scuola va scomparendo
Nessun contesto meglio della scuola riesce a coagulare i processi di sedimentazione della cultura.
Nel senso che – per definizione - trasmette quella del passato, riflette quella del presente ed è laboratorio formativo di quella del futuro.
Ognuno di questi tre compiti deve essere compresente agli altri altrimenti la scuola stessa finisce per essere rispettivamente mero luogo di travaso di nozioni, specchio acritico dei tempi o fucina di una progettualità senza radici.
Nei percorsi istituzionalizzati di educazione e formazione si leggono le ragioni della continuità e dell’innovazione che spiegano il ruolo del sistema formativo nella società della democrazia e della partecipazione.
L’identità della scuola si manifesta in una continua oscillazione tra ratio e traditio, tra stabilità e mutamenti, tra conservazione e cambiamento, nella ricerca di punti di equilibrio su principi, valori, regole, ideali.
Nel suo accreditamento sociale questa istituzione è a un tempo custode delle tradizioni ricevute e agenzia della loro rielaborazione critica.
Ora io credo che da qualche anno a questa parte (potrei dire da qualche decennio) si sia esponenzialmente accentuata una deriva fortemente orientata a far prevalere le ragioni della discontinuità e del cambiamento fine a sé stesso.
Come acutamente ebbe a scrivere Ernesto Galli della Loggia, una volta nelle nostre aule leggi tutto
Dov'è finita l'educazione civica?
Correva l’estate del 2019 e l’educazione civica sarebbe dovuta rientrare con pieno titolo tra le materie scolastiche nelle scuole di ogni ordine e grado con l’inizio dell’anno scolastico 2019/20, con 33 ore all’anno di insegnamento ad hoc. Poi era successo il pasticcio della tardiva pubblicazione della legge istitutiva sulla G.U. del 20 anziché del 16 agosto, a cui aveva tentato di rimediare lo stesso Ministro pro-tempore Bussetti con un decreto ministeriale in data 27 agosto che introduceva la materia come “sperimentazione nazionale obbligatoria”, a sua volta definitivamente cassato dal Consiglio nazionale della P.I. che aveva ritenuto inopportuno un così tardivo provvedimento a tre giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico.
Tutto era stato dunque rimandato all’ a.s. 2020/21: in ritardo ma con grande enfasi l’educazione civica tornava ad essere materia curricolare, dalla scuola dell’infanzia alle superiori, dopo una lunga latitanza dovuta ad una lenta espunzione di questa pedagogia dei diritti e dei doveri individuali e sociali nella scuola e nella vita
Poi le cose si erano complicate con la pandemia, gli alunni a casa, le famiglie in enorme difficoltà, la sperimentazione della didattica a distanza, i salti mortali doppi, tripli e carpiati degli insegnanti che avevano cercato di mantenere un contatto didattico e visivo, persino telefonico con i leggi tutto
Non è obbligatorio il registro elettronico di classe
Non è vero che le azioni che si compiono, i comportamenti che si mettono in atto e ciò che si utilizza per mera abitudine consolidata e persino prevalente sia o possa diventare obbligatorio per prassi: come si dice in termini giuridici “la consuetudine non può mai operare contra legem”.
In molti istituti scolastici i dirigenti scolastici hanno di fatto imposto ai docenti l’utilizzo del registro elettronico in sostituzione di quello cartaceo, in ogni ordine e grado, dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado. La motivazione più accreditata è l’estensione – per una sorta di transfert applicato ad ogni contesto istituzionale e degli apparati della P.A. – della digitalizzazione come modo di svolgere operazioni d’ufficio, pratiche, annotazioni: insomma la sostituzione dei tradizionali mezzi – carta e penna- con le nuove tecnologie, per comunicare o archiviare.
Una deriva che ha assunto toni e modalità attuative persino parossistiche, applicando un principio generale a fattispecie sulle quali occorrerebbe esercitare il prioritario uso del pensiero critico e del buon senso. Specie quando l’uso del digitale vale più come metodo a prescindere, senza chiedersi se ci sia una corrispondenza pratica in termini di efficienza, efficacia, praticità, riservatezza ovvero trasparenza degli atti: se la forma prevale sulla sostanza si rischia leggi tutto