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18 gennaio 2025
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Apple a Napoli: cercasi app

Patrizia Fariselli * - 11.02.2016

Un paio di settimane fa in Italia ha ricevuto molta attenzione mediatica l’incontro tra Renzi e il CEO di Apple Tim Cook nella cornice dei damaschi di Palazzo Chigi e davanti a una tazzina di vero caffè, per dare risonanza al massimo livello all’annuncio della creazione a Napoli del primo centro di sviluppo app iOS  in Europa. La stampa e la TV italiane hanno riportato la stessa notizia nello stesso modo, niente più che un’agenzia di 22 righe gentilmente diffusa da Roma dall’ufficio stampa di Apple basato in +44, verosimilmente Irlanda. Siccome il premier Renzi ha detto che “la Apple farà 600 posti di lavoro a Napoli” la notizia è di quelle che fanno esplodere i mortaretti, e dunque siamo andati a cercare i dettagli. Ma non li abbiamo trovati, e non disponendo di contatti privilegiati con le fonti americane, romane o napoletane direttamente coinvolte, abbiamo cercato di farci un’idea in piena solitudine informativa.

Nel comunicato stampa di Apple si parla estesamente della leadership di Apple nell’innovazione e del ruolo maieutico di Apple Store alla crescita di una “vibrant” comunità di sviluppatori di app (1,2 milioni di posti di lavoro in Europa, oltre 75.000 in Italia) e al suo prosperare (10.2 miliardi di Euro di ricavi dalla vendita di app nel mondo). L’iniziativa a Napoli riguarda la creazione di un centro di formazione per fornire a studenti “skills and training” per lo sviluppo di iOS app che concorrano a rafforzare “seamless experiences” entro l’ecosistema Apple generato dalle quattro piattaforme software (iOS, OS X, watchOS, tvOS), leggi tutto

Prezzi del petrolio in discesa: opportunità e rischi

Gianpaolo Rossini - 26.01.2016

Un piccolo rimbalzo del prezzo del petrolio da 27 a 32 dollari tra venerdì 22 gennaio e inizio settimana non  altera molto la condizione dei mercati dell’oro nero che hanno visto le quotazioni scendere dai quasi 110 dollari a barile toccati nel 2012-4 ai livelli del 1979. Come cambiano le prospettive dell’economia mondiale con un prezzo del petrolio tornato ai livelli di quasi 40 anni fa? Chi ci guadagna? Chi ci perde? E come saranno i prezzi nel futuro prossimo?

Iniziamo dall’ultima questione osservando che dal 2008 il consumo di petrolio nel mondo è cresciuto ad un misero tasso annuo dello 0.5%. Dal 2000 l’energia prodotta con le rinnovabili è cresciuta circa 15-16 volte e quella idroelettrica dal 2010 ha compensato con la sua salita la lenta discesa di quella nucleare. Le proiezioni dei consumi per i prossimi 15 anni, per quanto veritiere, ci danno tassi di crescita annuali del consumo di petrolio attorno allo 0.4%. A fronte di nuovi giacimenti scoperti soprattutto in Africa, produzione Usa di shale oil e ripresa estrazione in Iran le previsione di prezzi, a meno di conflitti di larghe proporzioni, sono piatte se non cedenti.

Per capire invece gli effetti del basso prezzo dell’energia, occorre muoversi per grandi aree. Nei paesi produttori del golfo persico le entrate fiscali provengono in gran parte dalle royalty su petrolio e gas esportati. Ad esempio, nel sultanato dell’Oman, petrolio e gas fanno il 72% del bilancio pubblico. leggi tutto

Lo spreco di suolo in Italia

Tiziano Tempesta * - 17.11.2015

Il suolo costituisce una componente fondamentale di ogni ecosistema, sia esso naturale sia esso antropico, e non è quindi il mero supporto fisico delle attività umane. Il suolo è in grado di produrre numerosi servizi ecosistemici tra i quali vanno ricordati: la funzione produttiva primaria, la funzione di regolazione del ciclo dell’acqua, la funzione di regolazione dei cicli degli elementi fondamentali per la vita, la funzione di conservazione della biodiversità, la funzione di regolazione climatica dovuta alla capacità del suolo di immagazzinare anidride carbonica grazie all’accumulo di sostanza organica. Il consumo di suolo in generale può essere definito come la riduzione della capacità dei suoli di produrre uno o più dei servizi ecosistemici richiamati. I fattori che possono causare il consumo di suolo sono molteplici anche se sicuramente quello che ha assunto maggiore rilevanza nei paesi sviluppati a partire dalla seconda metà del Novecento è l’urbanizzazione dei terreni coltivati.

Si noti però che il trasferimento di fattori di produzione e risorse da settori a bassa produttività a settori ad alta produttività costituisce uno dei motori dello sviluppo economico. Ciò vale sia per il capitale e il lavoro sia per la terra e le altre risorse naturali. Quindi, lo sviluppo economico comporta necessariamente un trasferimento di suolo da usi primari ad usi che potremmo definire urbani in senso lato: la città è da sempre il motore leggi tutto

Garanzia europea sui depositi: una buona notizia dall’Europa

Gianpaolo Rossini - 07.11.2015

Abituati alle critiche quotidiane ad un’Europa che si muove a stento in un mondo in fibrillazione dobbiamo essere felici dell’impegno esplicito della BCE e del suo presidente Mario Draghi a dare vita a breve ad una delle colonne portanti della unione monetaria e della integrazione bancaria. Si tratta della assicurazione federale dei depositi bancari dei risparmiatori e delle imprese. Se una banca appartenente all’area euro fallirà chiudendo i battenti i depositi dei suoi clienti saranno salvaguardati e liquidati interamente ai depositanti fino ad una somma che dovrebbe essere attorno ai centomila euro. Questo dovrà avvenire in maniera omogenea in tutta eurolandia e in modo indipendente dagli stati. Oggi invece ciascun membro  euro è dotato di una sua propria parziale salvaguardia sui depositi. Si tratta di assicurazioni difformi tra loro e basate su agenzie che hanno un carattere nazionale e che soffrono delle vicende finanziarie di ciascun paese. E quindi non riscuotono interamente la fiducia degli operatori e dei risparmiatori. Nelle recenti crisi di fiducia dal 2011 in diversi paesi del sud Europa e in Irlanda, colpiti dalle tempeste dei debiti sovrani, si sono avute forti fughe di capitali e corse agli sportelli per ritirare contante. Erano dovute in larga parte al timore che il sistema bancario del paese in difficoltà venisse travolto e non fosse più in grado di risarcire i depositanti. leggi tutto

Limite al contante o alla libertà?

Gianpaolo Rossini - 31.10.2015

Siamo in un periodo di deflazione che rischia di essere più profonda e lunga di quanto non ci aspettiamo.  I tassi d’interesse sui titoli di stato fino a due anni sono entrati in zona negativa. Questo a cascata impone alle banche di rasare quanto i risparmiatori e le imprese depositano su un conto corrente imponendo ai clienti tassi negativi. Se depositiamo 1000 euro in banca dopo 12 mesi ce ne ritroveremo 990 o 980. Se invece  tengo nel materasso i 1000 euro faccio un affare.  Già questo primo aspetto dovrebbe indurre a cautela i paladini della soglia per l’uso del contante a 1000 euro estesa dal governo Renzi a 3000.  Riportare la soglia  sotto i 3000 euro significa infatti imporre una tassa sul risparmio liquido che finisce in larga parte nelle casse delle banche.  Insomma un ennesimo balzello che,  ahimè,  non va all’erario.   Ci sono comunque ulteriori elementi che rendono incomprensibile la battaglia di una parte della magistratura e dei partiti politici per la riduzione drastica nell’uso del contante.

All’estero e in Italia sovente pago in contanti anche cifre alte perché mi fanno lo sconto – con regolare ricevuta o scontrino. Risparmiamo io e il venditore. Evitiamo la costosa intermediazione bancaria privata (implicita in pago bancomat o carta di credito). leggi tutto

Tanto gentile e tanto oneste paion l’italica deflazione e la manovra di Matteo

Gianpaolo Rossini - 17.10.2015

Non c’è politica espansiva della BCE che tenga. A Francoforte stampano moneta. Ma forse non lo fanno abbastanza o, come ho più volte scritto, hanno preso ad annaffiare l’economia europea di liquidità quando ormai buona parte delle piante si era seccata. E così ora siamo dentro fino al collo ad una bella deflazione con prezzi che scendono. L’Istat ci informa che a settembre 2015 i prezzi al consumo in Italia sono diminuiti dello 0.4% su agosto. Su base annua sono aumentati di un misero 0.2%. Il primo dato è preoccupante. In un solo mese i prezzi hanno ceduto quasi mezzo punto percentuale. Un evento raro nell’economia italiana degli ultimi 70 anni. Più simile ai ritmi della deflazione della grande crisi degli anni ‘30 del secolo scorso o alla grande deflazione della seconda metà ottocento. Il secondo dato è ancor meno rassicurante. Stiamo viaggiando velocemente verso inflazione zero o sottozero. Una anoressica deflazione ci sta soavemente abbracciando con le sue diafane e fredde membra. In molti osservano prezzi degli immobili in caduta, negozi che chiudono, capannoni sui quali cresce l’erba e faticano a legare il tutto alla deflazione. Dobbiamo fare qualcosa anche se c’è qualche aspetto positivo che però fatica a fugare interamente i nostri pensieri negativi. I nostri sistemi economici slittano e si inceppano con la deflazione. leggi tutto

Canone Rai, Tasi: Matteo lascia in pace la casa

Gianpaolo Rossini - 08.10.2015

L’ annuncio fa rumore. Dopo quello sul taglio dell’Imu ora viene quello sulla riduzione del canone Rai che però dovremmo saldarlo nella bolletta elettrica. Sul canone Rai il premier promette una riduzione a 100 euro da 113. Come misura contro l’evasione ce lo troveremo però sulle bollette elettriche. Ma quali? Tutte le utenze elettriche avranno associato il canone Rai? Se una persona ha più di una utenza, caso molto comune, dovrà pagare il canone Rai per ciascuna utenza? E chi non ha televisione o è ipovedente? Cadiamo nel ridicolo anche se l’iniziativa appare più grave di quello che sembra. Il tutto infatti si trasforma in una ennesima tassa sugli immobili che controbilancia e forse è ancor più pesante della Tasi in via di abolizione. Con l’aggravante che sposta le entrate dai comuni all’azienda Rai. Un bel risultato! Senza contare che ormai ci sono molti gestori elettrici tra loro indipendenti. Come facciano questi ad applicare il canone Rai sulle loro bollette senza produrre una enormità di sciocchezze e sovrapposizioni è un bel mistero. Tagliare il canone del 10% significa far scendere le entrate della Rai di circa 170 milioni all’anno. E questo potrebbe spinger qualcuno a che evade a pagarlo. In ogni caso la compensazione per il minor gettito potrebbe venire su due fronti. leggi tutto

Parametri di Maastricht e contabilità nazionale

Francesco Lefebvre D’Ovidio * - 08.10.2015

Dall’inizio della recessione in atto la stampa e i politici discutono con frequenza ossessiva i celebri “parametri” sulla finanza pubblica stabiliti nel Trattato di Maastricht, interpretati da molti come dei vincoli astratti e inutili, che costringerebbero i popoli a una condizione economica svantaggiosa, la deprecata “austerità”.

 

In questa sede prescindiamo dall’analisi delle ragioni per le quali i parametri vengono criticati e ci limitiamo a osservare come le istituzioni pubbliche hanno reagito alla loro imposizione – evidentemente sgradita – modificando le modalità di calcolo dei dati statistici.

 

Ormai hanno rilievo solo due dei 5 parametri originari: il tasso di inflazione è irrilevante in quanto da anni ormai è (ovunque) stabilmente vicino allo 0; la quotazione della valuta nazionale non è irrilevante da quando le valute nazionali sono state sostituite dalla “moneta unica”; il tasso d’interesse nominale a lungo termine degli Stati è irrilevante dal momento che i tassi oggi non sono determinati dal mercato ma dagli acquisti delle banche centrali.

 

Prendiamo quindi in esame l’obbligo previsto per gli Stati membri leggi tutto

Volkswagen: i danni di imprese troppo grandi e dominanti

Gianpaolo Rossini - 01.10.2015

Ci vorrà tempo per far metabolizzare al settore auto in Europa e ai mercati finanziari la truffa Volkswagen. E’ la prima volta che una grande impresa automobilistica europea viene colpita al cuore da uno scandalo così imponente che investe la qualità dei suoi prodotti. Eppure l’industria dell’auto in Europa è stata coccolata con incentivi di ogni tipo. I consumatori lo sanno e sono doppiamente amareggiati per aver buttato euro per auto la cui qualità sbandierata non corrisponde al vero e perché i produttori di auto hanno beneficiato negli anni recenti di numerosi favori. Vi sono state facilitazioni finanziarie che hanno consentito operazioni di ristrutturazione della governance (con dubbie regole sui sistemi di voto nei consigli di amministrazione a partire da Volkswagen per finire a Renault). Inoltre il settore auto ha avuto accesso privilegiato a risorse cospicue a prezzi di favore. Ha ricevuto aiuti diretti di stato, con incentivi agli investimenti e ripetuti sussidi all’acquisto di auto nuove. E infine l’auto ha goduto di una colpevole tolleranza per non corrette applicazioni delle norme sulle emissioni. Goccia che ha fatto traboccare il vaso ormai pieno in cui si è consumata l’ennesima eccezione europea. Ovvero una diversità industriale che ha visto l’incentivazione dell'utilizzo del gasolio per l'autotrazione privata. Il beneficio di questa scelta sarebbe stato quello di minori consumi energetici. Un risultato incerto in quanto molti consumatori finiscono per aumentare le percorrenze o usare auto più grandi. A fronte di danni certi. leggi tutto

Crisi cinese: solo un temporale d’estate?

Gianpaolo Rossini - 01.09.2015

Ai pessimisti sull’economia globale non mancano le occasioni. Dopo la crisi greca arriva quella cinese con borse mondiali sulle montagne russe e scosse sui tassi di cambio delle valute principali. Per gli ottimisti è solo un temporale d’estate quello che ha fatto scendere la borsa di Shangai da 5200 del 6 giugno a 3000 di questi giorni perdendo quasi la metà del suo valore in soli 2 mesi e riportando le quotazioni a dicembre 2014.

Dal 1980 il reddito procapite in Cina è decuplicato, correndo ad un ritmo annuale medio di quasi il 7%. Uno sviluppo così lungo e veloce è un evento storico quasi unico. Che però inesorabilmente deve fare i conti con i ritmi che un paese può sostenere sul lungo periodo. Con crescita zero della popolazione, la Cina dovrebbe convergere in pochi anni verso un tasso di crescita del PIL intorno al 2%, ovvero l’obiettivo dell’Europa. Negli Usa con popolazione che sale quasi dell’ 1% all’anno il numero magico è 3%. Dall’inizio 2015 le autorità cinesi hanno fatto intendere che la corsa nel 2015 si sarebbe “ridotta” al 7%, cifra edulcorata da statistiche compiacenti. Ma come far digerire al cinese medio che nei prossimi anni la corsa non potrà essere più quella degli anni scorsi?

In Cina è difficile. In un paese democratico si può. Ma costa caro ai partiti che hanno governato lo sviluppo impetuoso. E’ accaduto in Italia dopo un ventennio di crescita “cinese” il naturale rallentamento negli anni 60 del secolo scorso ha significato uno spostamento dell’asse politico e governativo. leggi tutto