Ultimo Aggiornamento:
10 maggio 2025
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Scelte fiscali coraggiose

Gianpaolo Rossini - 15.04.2020

Ci sono scelte fiscali e finanziarie da considerare in condizioni emergenziali e che non necessitano di negoziazioni a livello europeo. Ma occorre battere terreni nuovi senza paura, come fece il Governo degli Stati Uniti durante la Grande Depressione negli anni 30 del secolo scorso.

Il primo è quello della residenza in paradisi fiscali di imprese italiane. Miliardi di gettito ogni anno finiscono in Olanda, Lussemburgo, Inghilterra, Austria, Slovenia e altri paesi i quali ci fanno una concorrenza fiscale che a volte somiglia a grassazione. Uno studio del 2018 di Fatica e Gregori, ricercatori della Commissione Ue, evidenzia cospicua elusione fiscale nelle sedi in Lussemburgo e altri “paradisi” di banche italiane, tedesche e di altri nazionalità. Il fenomeno non riguarda  solo gli istituti di credito ma tutti i settori produttivi con cifre poderose. Cosa fare? Una via d’uscita potrebbe essere l’offerta a tutte le aziende italiane con sede legale all’estero le medesime condizioni del paese ospitante per un periodo di 5 anni in Italia. Alla fine dei 5 anni le imprese rientrate sarebbero assoggettate allo stesso regime fiscale delle imprese italiane con la possibilità di accordi specifici legati a piani di sviluppo e di investimenti in Italia. Per le imprese che non accettassero questa offerta di leggi tutto

Ma tutti questi soldi non si potevano trovare prima?

Massimo Nava * - 15.04.2020

Federal Reserve, duemila miliardi di dollari, BCE 750 miliardi di euro, Fondo Salva Stati, cinquecento miliardi, Germania seicento miliardi, Francia cinquecento, Italia quattrocento, e tutti a promettere “tutto il necessario, fino a quando sarà necessario”. In pratica sembra che il mondo, grazie al coronavirus, abbia vinto la lotteria. “Milioni? Macché, miliardi!” Avrebbe detto Totò. A pioggia. Per imprese, Paesi indebitati, artigiani, commercianti, famiglie, baby sitter e badanti, sanità, polizia ed eserciti, ospedali, scuole, palestre, musei, agenzie di viaggi, compagnie aeree, palestre e persino beauty farm. Basta avere una partita Iva. Stando alle cifre, relazionate alle dimensioni della tragedia che stiamo vivendo, ce ne sarà per tutti. Per tamponare il disastro e possibilmente ripartire. Qualcuno si lancia anche in architetture ideali, genere mondo migliore, solidarietà europea, globalizzazione controllata, fine dei sovranismi, sviluppo sostenibile, riforma della burocrazia.

Tutto bene? Non è detto. Nessuno sa dire quando finirà la pandemia mondiale e nessuno riesce a prevedere come sarà la nostra vita in un domani ravvicinato.

Ma almeno molti governi e L’Europa, - dopo esitazioni e qualche gaffe - stanno prendendo, come si dice, il toro per le corna. Non c’è ancora intesa sui coronabond, ma intanto è stato accantonato il MES, almeno nei criteri di funzionamento e controllo leggi tutto

L’Italia, l’Europa e i “vincoli esterni”

Paolo Pombeni - 08.04.2020

Il grande nodo della politica italiana è il rapporto con l’Unione Europea e in specifico la questione degli “aiuti” che da questa possono venire per superare la crisi economica indotta dal Covid-19. La tesi prevalente da noi è che si devono trovare strumenti europei che finanzino la nostra ripresa, ma senza imporci controlli sulla gestione del nostro bilancio. La questione è dunque quella di superare l’intervento del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) che prevede l’impiego dei controlli.

Per capire bene la questione nei termini politici e non semplicemente economici bisogna ricostruire un quadro accurato. Non che si eviti di farlo, ma in genere si tende a mettere in luce quel che a ciascuno fa piacere, evitando di prendere in considerazione il complesso dei problemi.

Cominciamo dunque col dire che effettivamente, come è stato messo in luce, il MES è stato creato per affrontare quelle che pudicamente vengono chiamate “crisi asimmetriche”, cioè il caso di uno o pochi stati che si trovino in gravi difficoltà di bilancio mettendo in crisi l’intero sistema. Il non detto è che si suppone che normalmente queste situazioni dipendano da “colpe gravi” dei paesi sull’orlo del default. Oggi per un malinteso pietismo si evita di dire che la Grecia a suo tempo è leggi tutto

Draghi e la fase due: adelante, con juicio

Luca Tentoni - 04.04.2020

A quaranta giorni circa dall'inizio del "confinamento" degli italiani, la politica torna a muoversi, o - meglio - ricomincia a mostrarsi. In queste settimane, infatti, non sono mancati movimenti sotterranei, a partire dalla faticosa opera di cucitura e ricucitura promossa dal Quirinale per cercare di avvicinare maggioranza e opposizioni (al fine di unirsi di fronte all'emergenza) ma ci sono state anche manovre un po' meno nobili, dettate dall'esigenza di alcuni leader di tornare al centro della scena e di recuperare consensi (virtuali o reali che siano, non importa) al più presto possibile. Il tentativo di sostituire il presidente del Consiglio Conte, che era già in stato abbastanza avanzato prima dello sfacelo provocato dal Covid 19, ha prima subito una battuta d'arresto, poi è fallito. Così, le due forze che - una nella maggioranza, una nell'opposizione - avevano in animo di cambiare l'"inquilino di Palazzo Chigi" hanno dovuto mutare tattica. In un primo momento si è, da un lato (Lega), alzato il prezzo dell'intervento economico necessario per evitare la recessione (aggiungendo sempre uno zero alle somme che, di volta in volta, il governo si diceva pronto a stanziare), mentre i renziani ricominciavano a muoversi, con l'intento di arrivare ad una maggioranza di unità nazionale (alla quale, tuttavia, leggi tutto

Virus, reddito, disuguaglianze

Stefano Zan * - 28.03.2020

L’osservazione della realtà economica di queste ultime settimane mette in evidenza che i provvedimenti presi per contrastare la diffusione del virus non solo hanno e avranno un effetto pesante su tutta l’economia del Paese ma hanno altresì un effetto differenziato sulle diverse categorie sociali/economiche e sul loro reddito con impatti e conseguenze molto diverse da quanto è avvenuto in occasione di altre gravi crisi economiche.

Da anni sappiamo che uno dei temi economici e sociali più rilevanti è quello dell’accentuarsi delle diseguaglianze (di reddito) che con le diverse crisi economiche che si sono succedute negli ultimi decenni non solo non sono diminuite ma anzi sono aumentate anche in ragione del modello di sviluppo (neo-liberista) assunto a paradigma di riferimento per le principali politiche pubbliche.

Possiamo parlare di disuguaglianza verticale perché il reddito disponibile si colloca lungo un continuum che va da zero euro a molti milioni di euro, ovviamente con addensamenti che si concentrano nelle posizioni intermedie: pochi sono i poverissimi, pochissimi sono gli straricchi, la più parte si distribuisce su posizioni intermedie tra povertà e ricchezza.

La novità indotta dalla pandemia in corso (o meglio, dai provvedimenti assunti per contrastarla) mette in leggi tutto

I concetti meno noti dell’approccio delle capacità

Mattia Baglieri * - 14.03.2020

L’economista e filosofo indiano Amartya Sen ha introdotto nella teoria economico-politica contemporanea il Capabilities Approach all’inizio degli anni Ottanta, con due opere, Equality of What (1980) e Commodities and Capabilities (1985), proposte quale critica al filone economico liberista propugnato dalla Scuola economica di Chicago e dai suoi due principali economisti di riferimento, ovverosia Milton Friedman e George Stigler: se per Friedman e Stigler, infatti, una corretta gestione dell’apparato economico da parte delle istituzioni dovrebbe essere caratterizzata da un limitato intervento statale al fine di preservare il più possibile il carattere di autonomo equilibrio che contraddistingue il libero mercato (come nel laissez-faire di smithiana memoria), gli autori della scuola afferente alla Teoria della scelta sociale introdotta da Kenneth Arrow, tra cui lo stesso Amartya Sen, spingono per un intervento diretto delle istituzioni (principalmente nei capitoli fondamentali di sanità ed educazione) al fine di promuovere proattivamente la qualità di vita dell’intera cittadinanza.

 

In questo contesto, le Capabilities (che in Italia il lessico economico preferisce tradurre con “capacitazioni”, a fronte del pensiero teorico-politico che le identifica piuttosto come “capacità” tout court) sono concepite da Sen alla stregua leggi tutto

Un nuovo “whatever it takes” contro il rischio sistemico

Gianpaolo Rossini - 11.03.2020

La drammatica risposta dei mercati alla epidemia deve spingere ad agire con tempestività. L’Italia e l’Europa non sono in grado di sostenere oltre al contagio sanitario anche una pandemia finanziaria. Sarebbe un danno gravissimo alla nostra sofferta ma indispensabile integrazione continentale che ci hanno lasciato i padri fondatori e grandi riformatori. Dall’Europa non basta il permesso di sforare e altre concessioni per noi e partners in difficoltà. Occorre un intervento forte e immediato su più fronti da parte della BCE, unica istituzione che ha i mezzi e la velocità di intervento che oggi è richiesta. Abbiamo bisogno di un rinnovato e rinforzato “whatever it takes” con cui Mario Draghi ha salvato l’euro dichiarando agli operatori di mercato che la BCE avrebbe usato ogni strumento possibile per impedire il naufragio della moneta unica nelle acque agitate di crisi di debiti sovrani e depressione globale del secondo decennio del nuovo secolo. Ci sono almeno tre fronti su cui la BCE può muoversi da subito: 1. Erogando direttamente, con i suoi bracci operativi che sono le banche centrali nazionali, fondi a imprese e istituzioni sanitarie a interesse zero da restituire in un arco di tempo di 5 – 10 anni. 2. Intervenendo senza vincoli nei mercati dei titoli di leggi tutto

Carlo Cottarelli: all'Europa serve una politica fiscale condivisa

Francesco Provinciali * - 04.03.2020

Il Presidente uscente della BCE Mario Draghi ha evidenziato tre requisiti imprescindibili per il “decision maker”: la conoscenza, il coraggio e l’umiltà.


Sono requisiti che servono anche ai “decisori politici”?

I requisiti cui ha fatto riferimento il Presidente Draghi valgono per chi agisce a livello tecnico ma

anche a maggior ragione per i decisori politici. Essi si coniugano al possesso della competenza e

della responsabilità come pilastri del buon funzionamento di ogni istituzione.

Non c’è competenza senza responsabilità e non c’è responsabilità che possa essere disgiunta dal sicuro possesso di una competenza.

L’unica differenza che vedo tra i decision maker, come esecutori di decisioni politiche e i politici stessi è che i secondi li abbiamo scelti noi, attraverso le elezioni, sono i nostri rappresentanti e quindi sono competenti per il nostro mandato che abbiamo loro conferito.


Qualità e merito: come possono essere valorizzati e controllati?

Mi sembra che non ci sia meritocrazia laddove essa è figlia dello spoil system.

Però io preciserei una cosa: perché ci sia vera meritocrazia ci deve essere uguaglianza delle opportunità di partenza. Succede in Italia e all’estero, forse più in Italia che altrove. leggi tutto

La saga dell’aceto balsamico

Gianpaolo Rossini - 29.02.2020

Secondo la Corte di Giustizia della Ue, Belema produttore tedesco di aceto può porre sui suoi prodotti l’etichetta “Deutscher Balsamico” senza violare le tutele previste nella Ue per l’aceto balsamico di Modena, che ha aperto la causa. Il consorzio modenese protesta: non si può porre l’aggettivo “balsamico” su prodotti tedeschi. Da dicembre attende il terzo grado di giudizio per poi muoversi eventualmente sul piano giuridico e su altri fronti con nuove iniziative. La saga dell’aceto di Modena fa riflettere. Sono tre gli aceti balsamici italiani riconosciuti. L’Aceto Balsamico di Modena IGP, che può essere prodotto nelle province di Modena e Reggio. Poi c’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP che proviene solo dalla provincia di Modena. E infine c’è l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio DOP esclusivamente dalla provincia di Reggio. E’ quasi impossibile trovare consumatori (italiani) che apprezzino le differenze (ma quali) tra i primi due aceti di Modena. In più uno dei due può venire anche dalla provincia di Reggio che però ha in concorrenza un suo prodotto esclusivo e certificato. I consorzi di tutela hanno giocato sulle differenze tra IGP (indicazione geografica protetta) e DOP (denominazione di origine protetta), e DOP (denominazione di origine protetta), anche queste impossibili leggi tutto

Deutsche Bank chiama collaborazione europea: se non ora quando?

Gianpaolo Rossini - 08.02.2020

La voragine nei conti 2019 della prima banca tedesca è di 5265 milioni di euro di perdite (nel 2018 c’è un profitto di 341 milioni) su ricavi netti pari a 23165 milioni (in calo da 25316 del 2018). Circa 2.8 miliardi di rosso sono dovuti a svalutazione di attività finanziarie in pancia alla banca. Nel quarto trimestre 2019 Deutsche Bank (DB) perde quasi mezzo miliardo (437 milioni) nella parte nobile (core business) dell’attività cioè credito a famiglie (283 milioni) e imprese (107) a testimonianza che il rallentamento dell’attività economica e delle esportazioni stanno infliggendo colpi severi al sistema bancario tedesco. Ma non è solo il rallentamento di oggi a fare traballare la DB. I bilanci recenti sono scioccanti: nel 2015 perde 6.8 miliardi, 1.4 nel 2016, 500 milioni nel 2017. Le falle si aprono nel dicembre 2013 a seguito di una multa da quasi due miliardi delle autorità federali Usa (Housing Finance Agency). I conti 2013 e 2014 restano a galla ma si aggravano nell’ultimo trimestre del 2014. I numeri dimostrano che la lunga crisi della DB non nasce a seguito delle politiche di espansione monetaria di Super Mario presidente della BCE fino a qualche mese fa. Il QE di Draghi inizia più tardi in avanzata primavera 2015. Ma la cronica crisi DB dice anche dell’altro. La fissazione teutonica per conti pubblici specchiati con addirittura leggi tutto