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Di turismo si vive? La stagione turistica 2014 e l’economia della Grecia
“La Grecia come la immaginiamo”
Oia è un minuscolo villaggio cicladico arroccato sullo sperone settentrionale di Santorini, cinquecento metri sopra lo sguardo ammirato di chi raggiunge l’isola via mare. L’intero scenario in cui si colloca contribuisce all’entusiasmo per il suo avvistamento, per il contrasto tra il candore abbacinante dell’abitato sferzato dal sole e il profilo cinereo dell’isola, che ne denuncia l’origine vulcanica. Non mentono dunque le guide quando battezzano Oia “la Grecia come la immaginiamo”, cartolina punteggiata di cupole celesti che dal vivo non può lasciare indifferenti. Raggiunto il suo dedalo di vicoli contorti, ci si accorge presto come esso sia ormai completamente occupato da un ecosistema al cui centro si colloca il turista di ogni origine e portafogli. Una lunga teoria di attività commerciali ne ha preso possesso negli anni, a onor del vero con ben maggiore armonia e rispetto di quanto purtroppo riscontrabile altrove nel Mediterraneo. Una capacità di adattamento dimostrata anche nell’attrarre la più recente ondata di avventori dai “paesi emergenti”: a ben ascoltare, qualunque esercente (compresa l’attempata custode della piccola chiesa centrale) sembra essersi impadronito a tempo di record di un frasario fondamentale in russo, cinese e arabo. leggi tutto
Deflazione: quantò si’ bruttà
I timori espressi su queste colonne sul pericolo deflazione si sono materializzati con le notizie sui prezzi in calo (inflazione negativa = deflazione) e sullo stop della Germania il cui Pil nel secondo semestre è sceso dello 0.2%, come l’anemica Italia.
Intendiamoci, sarebbe positiva per l’Italia una dinamica dei prezzi più contenuta che in Germania per recuperare la competitività erosa nei primi due decenni di vita dell’euro con l’inflazione italiana superiore a quella teutonica. Dovremmo però evitare di gettarci in una scivolosa spirale deflazionistica. Avremmo perciò bisogno di un po’ di inflazione in Germania, attorno al 2-3% annuo, e stabilità dei prezzi in Italia. La Germania non sembra però disposta ad un’inflazione al 2-3% annuo. Eppoi un’inflazione zero è rischiosa. Perché implica prezzi che scendono un po’ in alcuni comparti e che salgono in altri. Ma non è facile trattenere i settori dove i prezzi crescono dal farli scendere per rincorrere i consumatori. leggi tutto
La ripresa che non c’è e la BCE bella addormentata
Un dato congiunturale insoddisfacente che vede il Pil italiano scendere dello 0.2% nel secondo trimestre del 2014 è bastato per rimettere un punto interrogativo sulle capacità dell’Italia di rimettersi dalla lunga crisi che ormai dura da 4 anni. Lo spread dei tassi a 10 anni rispetto ai corrispondenti tedeschi si è alzato improvvisamente volando verso 180, vanificando in poche ore gli sforzi di tagli della spesa pubblica e di imposte che non si possono ridurre. Il dato congiunturale non è certo incoraggiante ma occorre essere prudenti perché la ripresa lenta sta forse facendosi strada soprattutto in alcuni settori. Tra questi vi sono produzioni tradizionali come alimentari, abbigliamento, legno e metallurgia e alcuni avanzati tra cui elettronica, farmaceutici, mezzi di trasporto, gomma e materie plastiche. Tra i tradizionali, il settore alimentare e quello dell’abbigliamento sono in realtà posizionati per lo più nelle fasce alte della qualità e quindi sono meno colpiti dalla concorrenza internazionale di prezzo. Tra gli avanzati, elettronica e farmaceutica segnalano una forte capacità nell’innovazione e nella ricerca a dispetto di tante litanie recitate giornalmente nei media sulla scarsa capacità di aprire nuovi orizzonti produttivi. Tra le industrie che invece sembrano arrancare di più e che mostrano segni negativi troviamo le apparecchiature elettriche e il settore petrolifero. Il secondo è dovuto ad un minore consumo e ad una ridotta raffinazione a vantaggio di paesi emergenti produttori di petrolio e non, due trend difficili da contrastare. Il primo caso invece preoccupa non poco perché evidenzia un lento e inarrestabile declino del nostro paese in questo ambito. leggi tutto
La Germania: locomotiva di latta
I dati parlano chiaro: dopo una crescita nel 2010 (+4%) e nel 2011 (+3.3%) la Germania si è seduta nel 2012 (+0.7%) e nel 2013 (+0.4%). E ora si è addirittura fermata con il Pil piatto dalla primavera del 2014. Il dato del 2010 e quello del 2011 erano in verità il frutto di un rimbalzo dopo la forte caduta del 2009 (-5.1% contro -5.5% dell’Italia). Ma dopo la risalita è arrivata calma piatta. E non solo per la Germania che appare sempre di più una locomotiva di latta con le batterie scariche. Anche paesi ricchi e affezionati al carro teutonico non se la passano bene. La Finlandia ad esempio, Nokia dipendente, soffre parecchio nonostante i suoi lindi conti pubblici. I dati dicono -1.4% nel 2012 e -1.0% nel 2013 e le prospettive non sono rosee viste le riduzioni di personale (a stipendi medio alti) previste nel colosso Nokia che sta appesantendo i conti del gigante Microsoft che ne è divenuto proprietario da un paio di anni e che non esita ad usare il bisturi. La Germania ha fatto “riforme”. Quelle tanto sbandierate per essere più “competitiva”. Ovvero lavoro, pensioni ed altre. Ma come avviene ovunque mutamenti che riducono la stabilità del posto di lavoro, incidono pesantemente sul welfare previdenziale e, in parte, anche su quello sanitario: riducono i salari e spingono gli individui a spendere meno. In alcuni casi si possono vedere effetti depressivi perfino sul tasso di natalità. Ora la domanda che dobbiamo porci è la seguente: la Germania con conti pubblici in ordine e un avanzo della bilancia dei pagamenti correnti superiore a quello della tanto criticata Cina aveva veramente bisogno di fare queste benedette riforme? La risposta è un deciso no. leggi tutto
L’introduzione del salario minimo in Germania: svolta epocale o minaccia per la ripresa economica?
Il 3 luglio, dopo mesi di trattative e modifiche significative proposte dalle forze politiche conservatrici, il parlamento tedesco ha approvato ad amplissima maggioranza (535 voti a favore, 61 astenuti, 5 contrari) l’istituzione di un salario minimo garantito di 8,50 euro lordi l’ora. Secondo le stime ufficiali la misura riguarderà circa 3,7 milioni di lavoratori, da cui sono esclusi i giovani di età inferiore ai 18 anni, i lavoratori stagionali e i venditori di giornali. La norma entrerà in vigore il 1 gennaio del 2015, ma per alcuni settori è previsto un biennio di transizione.
Secondo il prestigioso IAB (Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung), il bilancio pubblico potrebbe venire sgravato di una cifra compresa tra i 2,2 e i 3 miliardi di euro, sempre che l’occupazione non cali. Le sole entrate legate all’assicurazione sociale dovrebbero crescere tra i 2,9 e i 4,5 miliardi di euro, mentre il fisco dovrebbe recuperare più di un miliardo di euro dalle imposte sul reddito.Pos, Bot, contante: come ridurre il peso del debito pubblico
L’idea di rendere obbligatoria la disponibilità del POS presso tutti gli esercizi commerciali per pagamenti sopra i 30 euro può essere forse utile per ridurre un po’ l’evasione, ma finisce per indebolire l’attività economica in misura determinante in un momento molto critico per la nostra economia. Quello che si recupera dall’evasione potrebbe inoltre rivelarsi molto inferiore del gettito fiscale derivante da una attività economica più sostenuta senza i POS. Probabilmente rivedremo di nuovo quello che è successo per tante misure a capocchia del governo tecnico di Monti, che hanno messo in ginocchio in serie piccola cantieristica, porti turistici, produzione di auto di lusso e tante altre attività economiche. La regola dei POS è poi, nella lunga scia montiana, un indubbio beneficio al sistema bancario che conquista una ulteriore fetta nel sistema dei pagamenti. leggi tutto
A passo lento l’Europa si muove
Il vertice europeo dei capi di stato del 25 e 26 giugno segna una significativa presenza italiana e presenta nel lento cammino dell’integrazione continentale aspetti nuovi: alcuni sconcertanti e altri, per fortuna, più rassicuranti. In primis il vertice sancisce un forte isolamento della Gran Bretagna. In secondo luogo,vi è la nomina del presidente della commissione sulla base della maggioranza che si è stabilita nel parlamento europeo in seguito alle elezioni del 25 maggio 2014. In terzo luogo si accorda una pur lieve flessibilizzazione ai paesi con conti pubblici gravati da alte posizioni debitorie.
La crescente distanza della Gran Bretagna dall’Europa ha origini lontane e vicine. leggi tutto
L’Argentina kirchnerista. Storia di un finale annunciato
Sull’Argentina volano gli avvoltoi: le finanziarie che hanno rastrellato il debito argentino ancora pendente dal default del 2001 e pretendono il rimborso dovuto, hanno ottenuto ragione dalla giustizia degli Stati Uniti, che ha giurisdizione sul caso. Poco importa che il governo di Washington avesse speso qualche buona parola per il governo argentino, che nulla ha in realtà fatto per farsi amare: la giustizia ha tirato dritto per la sua strada. Come stupirsi che a Buenos Aires siano suonate campane nazionaliste? Eppure dove volano gli avvoltoi c’è odore di carogna. La verità, insomma, è che ben poco possono ormai fare simili campane per coprire il boato di un ciclo politico – quello kirchnerista – vicino al mesto tramonto leggi tutto
Il bastone e la carota
Mancano solo due giorni all’avvio dei mondiali di calcio in Brasile e gli occhi del mondo sembrano essere ancora troppo poco interessati alle vicende sportive. I grandi media, infatti, sono attraversati da una sola, grande domanda: si ripeteranno le proteste avvenute lo scorso giugno durante la Confederations Cup Le manifestazioni del 2013, sollevate dall’aumento del prezzo del trasporto pubblico nella città di San Paolo, rapidamente sfociarono in una critica sferzante verso una classe dirigente corrotta, che sperperava, stando a quanto sosteneva la piazza, il denaro pubblico. Ed è così che negli scorsi giorni i principali organi di stampa internazionali si sono affannati a descrivere ogni forma (sia pur minima) di protesta puntando i riflettori prima sui 22mila brasiliani scesi in piazza il 15 maggio scorso in quello che era stato definito il ‘giorno di lotta contro la coppa”, poi sulla suggestiva contestazione delle comunità indigene a Brasilia e, ancora, sui poco più di 200 docenti che hanno manifestato contro la nazionale di calcio brasiliana. Numeri minimi, questi, se confrontati con quelli del giugno 2013, quando scesero in piazza circa un milione e mezzo di brasiliani. La classe media, che era stata il cuore pulsante delle manifestazioni dello scorso anno, leggi tutto
Sempre avara mi è quest’erma banca
“…e questa moneta, che da tanta parte
d’un mestiere dignitoso gli uomini esclude”. Potremmo cominciare con l’Infinito di Leopardi per commentare le decisioni del 5 giugno 2014 della BCE prigioniera di un orizzonte limitato da una siepe, al di là della quale sembra non voler avventurarsi, come lo sguardo del poeta. La misura della inadeguatezza della BCE viene dalle reazioni dei mercati. Quelle positive sono tiepide. L’euro si svaluta sul dollaro di un pelo nel primo pomeriggio del 5 giugno per poi tornare prima del tramonto ai livelli precedenti di 1.36, ovvero sopravvalutato. Gli spread rifiatano, ma solo un pò.
Ma cosa ha deciso la BCE in questa giornata annunciata come punto di svolta verso manovre coraggiose? La conferenza stampa di Mario Draghi e le domande dei giornalisti durano poco più di un’ora e sono la cronaca fedele di un’Europa che vive più di speranze, di paure e di annunci che di politiche coraggiose proiettate verso il futuro. leggi tutto