Ultimo Aggiornamento:
25 gennaio 2025
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Le due Ansaldo e Rai Way: lo strabismo duro a morire della sinistra

Gianpaolo Rossini - 03.03.2015

Storie parallele di aziende pubbliche si sono intrecciate in questi giorni nelle cronache finanziarie e in quelle politiche del bel paese. La prima riguarda Rai Way, azienda pubblica nata da uno spinoff di Rai che nel 1999 ha scorporato l’attività di trasmissione dei segnali. Rai Way è stata l’attore principale del passaggio al digitale terrestre del segnale televisivo in Italia. Ha circa 600 dipendenti, è quotata in borsa e ha una capitalizzazione di 1.1. miliardi di euro. Il prezzo delle azioni in borsa è circa 37 l’utile. Il governo ha dichiarato che manterrà una quota del 51% ovvero il completo controllo dell’azienda e immetterà sul mercato la restante quota in possesso della Rai. Essendo il flottante, ovvero la parte che è già in mano al mercato, circa il 35% del capitale, la quota che resta da mandare al mercato è di circa il 14%. E potrebbe portare nelle casse Rai circa 160 milioni di euro. Qualche giorno fa Ei Towers, la concorrente di Rai Way di Mediaset, ha lanciato un’offerta pubblica di acquisto (OPA) su tutto il capitale di Rai Way. Questa però è stata collocata in borsa nel novembre 2014 con la clausola che la Rai tenga almeno il 51%, come ha ripetuto il Governo. Il lancio dell’Opa di Mediaset ha suscitato una reazione molto forte nella sinistra del Pd risvegliandone il mai sopito antiberlusconismo e/o antirenzismo. leggi tutto

Grecia: vincitori e vinti

Gianpaolo Rossini - 26.02.2015

Chi ha vinto nel braccio di ferro tra Europa e Grecia? Forse l’Europa intesa come comunità sovranazionale dalla quale non ci si stacca, non tanto per affetto profondo, ma perché sembra non avere alternative nel mondo di oggi che vive le tensioni dei debiti sovrani, della difficile ripresa e i fuochi geopolitici nell’Est Europa e nel medio Oriente.  La paura non è sempre buona consigliera e gli accordi che influenza possono rivelarsi fragili. E allora l’Europa vince perché temiamo la Non Europa. A ben guardare i termini dell’accordo tra le autorità europee e la Grecia ci si accorge però che gran parte dei problemi posti sul tappeto dall’affermazione elettorale di Tsipras sono stati appena toccati e avranno bisogno di nuovi e faticosi negoziati. Il problema di fondo, ovvero la insostenibilità del debito pubblico greco nelle attuali condizioni di spread sui tassi, rimane tutto intero. Nonostante l’ottimismo dei mercati seguito all’accordo i tassi a dieci anni in Grecia sono ancora vicini al 9%.  Nessun paese può pensare di risolvere i propri problemi finanziari con questi tassi che durano ormai da 5 anni. La situazione finanziaria della Grecia non era sostenibile prima. Non lo è neppure dopo l’accordo. La Grecia ha lanciato un grido di dolore. leggi tutto

Lo sguardo del Terzo Settore su EXPO 2015

Miriam Rossi * - 19.02.2015

C’è chi la ama e c’è chi la odia a prescindere. C’è poi chi si è fatto un’idea sulla base dell’enfasi posta dagli organizzatori sui numeri grandiosi della manifestazione e c’è chi la collega a cantieri in ritardo, corruzione e appalti truccati, sulla scorta dell’impronta giornalistica sinora conferita all’evento dal circuito organizzativo. L’Esposizione Universale di Milano, la cosiddetta Expo, ha già diviso l’opinione pubblica. E non solo. “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, il filo conduttore per esposizioni, convegni ed eventi culturali dei 184 giorni dell’evento clou milanese non poteva non mobilitare gli addetti ai lavori del Terzo settore, quello dell’assistenza e della cooperazione internazionale, che di giorno in giorno sono chiamati a individuare la corretta ricetta per uno sviluppo sostenibile.

Prima ancora di aprire le porte alle riflessioni e ai dibattiti dei 20 milioni di visitatori stimati, la partecipazione ad Expo è da mesi divenuta oggetto di scontro tra le organizzazioni che si occupano di alimentazione ed energie alternative. La condivisione del presupposto della fallibilità e dei comprensibili limiti di singoli progetti è fuori questione, così come la percezione della globalità della sfida per individuare nuovi modelli di sviluppo volti a garantire cibo e acqua a tutta la popolazione mondiale, salvaguardando inoltre la biodiversità e la salute del pianeta. leggi tutto

Conoscere il fine. Profitto, scopo e motivazione.

Federico Ronchetti * - 12.02.2015

Anni fa tentai di spiegare a un economista il funzionamento di un calorimetro elettromagnetico (un tipo di rivelatore usato in fisica per misurare l’energia delle particelle elementari) e le sfide ingegneristiche legate alla sua realizzazione. L’interlocutore, poco colpito, a un certo punto domandò e se non fosse semplicemente possibile “copiare i calorimetri”.

 

Ora, la costruzione di un rivelatore è un processo che unisce creatività, competenze tecnologiche d’avanguardia e manualità tipica dell’alto artigianato, per cui l’idea di “copiarlo” come se fosse un file, appare alquanto bislacca. Tuttavia il problema di dare una risposta alla domanda rimane e per farlo occorre scardinare la mitologia pragmatista da cui essa trae legittimazione.

 

Infatti, dietro l’idea di “copiare” si affaccia il preconcetto del “non perdere tempo” evidentemente al fine di massimizzare la produttività e in ultima analisi il profitto. Questo modello di business ancora legato al vecchio sistema del bastone e della carota ha certamente funzionato con successo nel secolo XX e in quelli precedenti quando i fattori della produzione erano agganciati prevalentemente al lavoro fisico-meccanico e a compiti ripetitivi.

 

Per contro, nel mondo contemporaneo, specialmente nelle società avanzate, la natura delle attività produttive è radicalmente mutata leggi tutto

La Grecia mette l’euro di fronte ad un bivio

Gianpaolo Rossini - 31.01.2015

Il ribaltone greco con la vittoria di Tsipras e il nuovo governo che intende rinegoziare il debito pubblico pongono l’euro e l’Europa di fronte ad un bivio storico che costituirà una sorta di spartiacque tra due grandi fasi dell’integrazione continentale. Una prima fase fatta di grandi progetti istituzionali che hanno portato ad una aggregazione di entità distinte sempre più vicine ma senza sostanziali vincoli di cooperazione e solidarietà. E una seconda fase, che potrebbe vedere o l’ introduzione di principi di maggiore condivisione ed omogeneità istituzionale oppure un repentino regresso ad un’Europa delle nazioni divisa in forme per ora imprevedibili ma certamente politicamente orientate a ridurre il processo di integrazione intrapreso negli ultimi 60 anni. La posta in gioco è molto alta. I timori dei mercati si sono già materializzati rendendo ormai insostenibile il debito pubblico greco grazie ad una salita degli spread che ha portato i tassi d’interesse a livelli impossibili.  I commenti e l’attenzione da parte del mondo anglosassone sembrano dirci che in queste settimane seguite al voto greco si gioca il destino dell’euro.  E probabilmente hanno ragione. E’ l’Europa pronta a raccogliere la sfida che viene dai mercati e dal voto greco per andare avanti o si avviterà su perniciose polemiche nazionali che la riporteranno  indietro a decenni apparentemente morti e sepolti? leggi tutto

BCE: eppur si muove

Gianpaolo Rossini - 24.01.2015

L’annuncio è chiaro e i mercati lo hanno compreso e metabolizzato. La BCE acquisterà titoli sovrani e altre obbligazioni per circa 1140 miliardi di euro a partire da marzo 2015 fino quasi a fine  2016. L’obiettivo primario è di riportare la dinamica dei prezzi vicina al 2% annuo impedendo una deriva deflazionistica che è già in parte in atto in quanto i prezzi nell’aera euro in dicembre sono calati in media dello 0.2% su base annua.  Secondo obiettivo è quello di fornire altra moneta al sistema economico assetato di liquidità come non mai. Una sete che non è da tempi normali in cui la liquidità di oggi potrebbe essere anche sovrabbondante. Ma una sete che è tipica di periodi in cui la fiducia degli individui e degli operatori è molto scarsa e tutti seguitano a cercare il più possibile posizioni liquide perché riluttanti ad impegnarsi in investimenti e attività con livelli minimi di rischio. Dopo insistenti richieste da tutto il mondo economico di gran parte dei paesi euro, eccettuate Germania, Finlandia e Olanda la BCE ha vestito la preziosa tela tessuta per mesi dal presidente Mario Draghi e ha deciso di erogare liquidità al sistema in misura certamente significativa attraverso l’acquisto di obbligazioni soprattutto di enti sovrani. leggi tutto

Dalla Svizzera una boccata d’ossigeno per le banche centrali (per la BCE) e per l’Italia

Gianpaolo Rossini - 17.01.2015

La Svizzera ha abbandonato il cambio fisso con l’euro a 1.20 e i mercati hanno immediatamente fatto apprezzare il cambio del franco di quasi il 40% in un solo giorno. Una mossa imprevista nei tempi ma non del tutto inattesa. Un manovra con molti effetti e significati di rilievo per tutte le banche centrali e in special modo per la nostra tentennante BCE.  Diversi operatori dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti al Giappone dovranno leccarsi ferite profonde per questa mossa improvvisa della banca centrale a causa di enormi perdite su posizioni speculative errate. Le conseguenze di questo non sono ancora valutabili ma potrebbero indebolire fortemente qualche operatore bancario globale. In una congiuntura come quella che stiamo vivendo soprattutto in Europa questo potrebbe apparire piuttosto negativo. Ma in realtà la mossa della banca federale elvetica è positiva per molti aspetti che superano di gran lunga le ferite inferte ad alcuni operatori sui cambi. In primis si restituisce alla banca centrale la capacità e il potere di leadership nei mercati dei cambi. E questo serve alla BCE. Dopo anni di manipolazioni dei cambi da parte di grandi banche private globali, dopo anni di banche centrali che sembravano tapine impotenti di fronte alla subissante speculazione apparentemente soverchiante e impossibile da contrastare scopriamo che le banche centrali possono per fortuna muoversi con forza e infliggere perdite ingenti agli operatori di mercato che hanno scorazzato per anni senza trovare mai una adeguata resistenza. leggi tutto

Una BCE sempre più asimmetrica?

Gianpaolo Rossini - 15.01.2015

La BCE alza i requisiti patrimoniali delle banche. In soldoni gli istituti di credito devono accantonare più denaro e quindi sono costretti a prestarne di meno.  Insomma l’annunciato aumento della circolazione di moneta (quantitative easing) si fa precedere da una manovra che ha l’effetto di ridurre l’effetto di quanto promesso, ma ancora non attuato. Con una mano, prima si toglie e con l’altra, più tardi, si darà. La BCE non fa regali e, se li promette, esige in anticipo contropartite da chi li riceve.  Ma se non bastasse ci sono altre spinosità ancora più insidiose nella politica monetaria di questa banca centrale sempre più arcigna. La prima riguarda il merito (il rating) dei titoli sovrani da acquistare nella manovra di (forse) 500 miliardi annunciata da Draghi. Questo esclude in partenza titoli di Cipro e Grecia negando così la cura ricostituente a chi né ha più bisogno. Alla gente comune le regole (che però nessuno ha mai fatto valere in condizioni di emergenza come quelle di questi giorni) della politica monetaria sono inspiegabilmente crudeli e aggiungono antipatia e distacco verso l’Europa e le sue acide vestali. In occasioni analoghe la FED americana leggi tutto

Patto di stabilità o grande alibi?

Gianpaolo Rossini - 30.12.2014

Italia a disagio con il patto di stabilità. Germania  poco incline ad aprirlo per renderlo più flessibile. Sembrano due posizioni inconciliabili con una unica via d’uscita per il paese più debole cui non resta che fare i compiti a casa fino all’ultima riga. La realtà è forse un po’ diversa e ancora più cruda di quanto non appaia dalle frecciate a distanza tra governi nazionali, commissione della Ue e qualche banchiere centrale dell’eurogruppo. Il Patto di stabilità è una regola con una bella dote di sanzioni e reprimende per i paesi che sgarrano. Ma è macchinoso ed è politicamente difficile applicarlo. E quindi serve quanto la Sagrada Famiglia di Barcelona per dire messa tutti i giorni. Perché in verità i veri guardiani del patto di stabilità sono altri. Stanno nei mercati finanziari e nelle agenzie di rating molto più spicci nelle loro decisioni e nei loro giudizi di quanto non siano gli organismi Ue. Le discussioni sul Patto di Stabilità sono delle stucchevoli sceneggiate che ormai stancamente narrate dai giornalisti che per mestiere devono occuparsi di questioni europee.  E neppure suscitano più alcun interesse nel  pubblico  che sa benissimo che ciò che è in agguato è lo spread e la simpatia o meno dei mercati per i titoli di stato del proprio paese. leggi tutto

Petrolio e politica: alla fine del primo boom energetico del XXI secolo

Massimiliano Trentin * - 23.12.2014

Dalla metà dello scorso giugno, il prezzo del barile di petrolio è calato di quasi la metà: secondo i dati forniti dal più grande cartello dei Paesi produttori, l’OPEC, siamo passati da 107 a poco meno di 62US$ nel giro di sei mesi. L’OPEC non esaurisce certamente tutte le riserve e la produzione totale di petrolio, né tantomeno quelle dei combustibili fossili. E tuttavia, le sue scelte sono molto importanti perché tra i suoi membri troviamo ancora i grandi produttori, come i più grandi detentori di riserve ad oggi conosciute ed utilizzabili.

Le spiegazioni per questo calo drastico, anzi possiamo parlare di vero e proprio crollo, sono essenzialmente di due tipi: quella strettamente “economica” basata sulla razionalità, sulla funzione di utilità; e quella geopolitica che considera come preponderanti la lotta di potere in atto a livello mondiale. Nelle società industriali e dei consumi di massa, le relazioni tra produttori e consumatori di energia non hanno mai seguito la razionalità del supposto homo economicus, per cui è difficile parlare di “mercato libero” del petrolio o dell’energia come se queste fossero due merci come le altre. Allo stesso tempo, politiche energetiche che non hanno considerato la propria sostenibilità finanziaria hanno mostrato presto i loro limiti. E’ dunque assai probabile leggi tutto