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Senato, il problema del "Consultellum"

Luca Tentoni * - 25.10.2014
Consultellum

Nel dibattito politico rispunta l'ipotesi (che sembrava accantonata definitivamente, quando mesi fa si votava in prima lettura il ddl costituzionale sulla differenziazione del bicameralismo) di andare al voto anticipato col "Consultellum". Il quadro, in realtà, è molto confuso: se davvero si volesse dar vita ad una nuova legislatura, bisognerebbe farlo comunque nel 2015, poichè la "finestra autunnale" si è ormai chiusa. Il voto, in ogni caso, si svolgerebbe con un sistema elettorale almeno un po' diverso rispetto a quello utilizzato nel 2013. Il Consultellum cancella il premio di maggioranza alla coalizione più votata, però mantiene le soglie di accesso. Ad oggi, sono tre le ipotesi circa il meccanismo che sarà vigente al momento delle prossime elezioni: 1) l'Italicum solo alla Camera, col Senato eletto in secondo grado (occorre, però, che la riforma costituzionale sia compiuta ed entrata in vigore: non prima di fine 2015-inizio 2016); 2) l'Italicum per i deputati e il Consultellum per i senatori; 3) il Consultellum per Senato e Camera. Accantonata la (pur molto probabile) prima ipotesi, che confligge con la possibilità di elezioni in primavera e le rinvia almeno di un anno, restano le altre due. La terza potrebbe essere applicabile abbastanza rapidamente (salvo la non trascurabile questione del voto di preferenza, che non è pacifica come sembra, né di facile soluzione) perchè si tratta di un meccanismo già ritagliato e potenzialmente operativo: voteremmo di nuovo per il Senato, quindi, con un modello "confezionato" dalla Corte Costituzionale, solo se la situazione politica precipitasse o se le larghe intese sulle riforme istituzionali venissero meno ufficialmente o nei fatti. In quanto alla seconda ipotesi, ci restituirebbe due Camere politicamente molto "sbilanciate", con Montecitorio dominata dal Pd (grazie all'Italicum) e Palazzo Madama con una composizione che illustreremo in seguito. Certamente, la combinazione Italicum-Consultellum darebbe al vincitore dell'elezione per la Camera quasi sicuramente un bel numero di "grandi elettori" utile (forse decisivo) per influenzare o determinare l'elezione del successore di Giorgio Napolitano, mentre potrebbe far tornare in gioco per il futuro governo, in Senato, forze non determinanti alla Camera. Ci sarebbe, per la verità, una quarta ipotesi: una modifica all'Italicum per estendere il meccanismo al Senato. Per ora, tuttavia, appare improbabile: ci atteniamo, quindi, agli scenari che hanno maggiori possibilità di realizzazione. Altrimenti, se davvero volessimo sconfinare nella fantapolitica, potremmo arrivare ad immaginare l'applicazione dell'Italicum al Senato (su base nazionale, chissà) e lo scioglimento anticipato della sola Camera Alta, per renderla politicamente omogenea a Montecitorio. Ma questo non è il nostro mestiere. Tornando alla realtà, se si dovesse andare al voto anticipato in primavera, avremmo un vincitore sicuro alla Camera (con l'Italicum) oppure - col Consultellum - una situazione non troppo dissimile da quella dell'attuale Senato. Prendendo per base il risultato delle elezioni europee, a Montecitorio col Consultellum entrerebbero Pd, M5S, Forza Italia, Lega Nord, Ncd e L'Altra europa con Tsipras (tutti sopra il 4%), la Svp ed eventualmente (se coalizzati con FI) Fdi-An. Come ha spiegato Roberto D'Alimonte sul Sole-24 Ore del 29 maggio scorso, il Pd si fermerebbe lontano dalla maggioranza dei seggi (316) alla Camera: 270 deputati se si ripetesse il voto delle europee, che diverrebbero 296 se Tsipras e Ncd scendessero sotto il 4%. Secondo D'Alimonte, il Pd avrebbe la maggioranza assoluta (col minimo scarto, peraltro) solo ottenendo il 42,6% dei voti (con Tsipras e Ncd fuori) o addirittura col 46,8%. Facile pensare, dunque, che lo scenario del voto col "Consultellum Camera-Senato" si possa verificare solo come extrema ratio. Resta in gioco e si rafforza invece, in contrapposizione ad un altrettanto verosimile proseguimento della legislatura oltre il 2015, l'ipotesi del voto con l'Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato. Sull'Italicum ci sono trattative in corso, perciò non si può contare su molte certezze se non sull’unica, la più importante: che vada alla prima lista o alla prima coalizione, ci sarà un premio che assicurerà a qualcuno la maggioranza assoluta dei seggi di Montecitorio. L'interrogativo, quindi, si sposta sul Senato. A meno, come si diceva quasi per assurdo, di estendere a Palazzo Madama l'Italicum e di assegnare il premio a livello nazionale (se fosse regionale potrebbe però rivelarsi del tutto inutile, come accadde nel 2006 e nel 2013 col "Porcellum"), si voterebbe col sistema ritagliato dalla Consulta: soglia del 20% regionale per le coalizioni, dell'8% per i partiti non coalizzati, del 3% per i partiti coalizzati. Per cercare di comprendere il possibile esito dell'applicazione del Consultellum abbiamo predisposto una simulazione su due scenari: il primo, con coalizioni (Pd-Tsipras; FI-Ncd-Lega-Fdi-AN); il secondo, senza. In presenza di coalizioni, nessuno avrebbe la maggioranza in Senato: il Pd otterrebbe il 43,8% dei seggi (137-138: dipende dalla Valle d'Aosta) col 40,8% dei voti, seguito da M5S (67 senatori), Forza Italia (57), Lega (17), Ncd (12), Fdi-An (12), Tsipras (9), Svp (3). Riproporre l'attuale maggioranza sarebbe impossibile: Pd, Ncd, Svp si fermerebbero a 153 seggi, che diverrebbero 162 (su un Senato di 320 componenti: 315 eletti più cinque a vita dei quali uno - Ciampi - ex Capo dello Stato). Più probabile una coalizione più ampia, basata sugli attuali contraenti del "Patto del Nazareno". La seconda ipotesi, invece (ognuno per conto proprio) vedrebbe il Pd sfiorare la maggioranza degli eletti fermandosi però a quota 153-154. Il M5S avrebbe 82 seggi, Forza Italia 59, la Lega 13, Ncd 4, Svp 3. Un governo Pd-Ncd-Svp si reggerebbe solo col sostegno dei senatori a vita, mentre anche in tal caso le "grandi intese" Pd-Fi (allo stato più probabili di quelle fra Pd e M5S) rappresenterebbero l'unica combinazione numerica in grado di assicurare una maggioranza sufficientemente ampia. Naturalmente, le simulazioni elettorali hanno limiti ben noti, ma indicano comunque come un sistema di trasformazione di voti in seggi "tende a comportarsi". Per avere il controllo del Senato il Pd dovrebbe andare oltre il suo 40,8%, confidando ad esempio nel fatto che nel 2013 le urne (un po' per il voto disgiunto, ma soprattutto per via del voto dei giovani, cioè di chi ha meno di 25 anni e non può eleggere anche i senatori) assicurarono ai Democratici, per Palazzo Madama, il 2% in più (27,4 contro 25,4) rispetto a Montecitorio (il Pdl, invece, guadagnò in Senato appena lo 0,7, mentre il M5S passò dal 25,5% della Camera al 23,8% del Senato). In ogni caso, il segnale che le simulazioni ci danno è chiaro: con un sistema così, avere la maggioranza in Senato è un'impresa. Forse, come nel film “WarGames”, il Consultellum è un gioco dove l'unico modo per vincere è non giocare. Una partita a scacchi, dottor Falken?

 

 

 

Analista politico e studioso di sistemi elettorali