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20 aprile 2024
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Ripartire dai territori

Ugo Rossi * - 23.10.2014
Italia

Per ricostruire l’Italia non si può che partire dai territori, dalla loro vitalità e dalla loro responsabilità.

Dobbiamo sgombrare il terreno da un possibile equivoco: quello di far coincidere la realtà dei territori con l’assetto istituzionale delle regioni. I territori hanno fatto l’Italia, hanno creato tanti nuclei propulsivi che insieme hanno dato forza al nostro passato e che potranno dar forza al nostro futuro. Ma non sempre le istituzioni regionali hanno fatto altrettanto, diventando non uno stimolo ma un freno alla volontà di crescere. Il rischio che corriamo oggi è quello di equivocare i termini della questione: che a “regioni inadeguate” debbano necessariamente corrispondere “territori inadeguati”. Non è così e per far ripartire l’Italia è necessario evitare questo equivoco puntando a un assetto regionale che sia di traino, e non di freno, alla nostra ricchezza più grande: la varietà e la bellezza delle nostre regioni intese come comunità territoriali e non come apparati burocratici. Cavalcare l’onda di un improbabile neocentralismo giustificato da esigenze di risparmio e di moralizzazione sembra oggi una via più facile, più naturale, e percepita da vasti strati di opinione pubblica come “necessaria”. Bisogna tuttavia essere consapevoli che si tratta di una via di corto respiro e che, come per tutte le soluzioni semplicistiche e scarsamente meditate, rischia di mancare l’obiettivo e di ingenerare altri e più gravi problemi. Va pertanto abbandonata in fretta l’idea di uno stato totalizzante che interviene direttamente e in maniera uniforme su questioni locali senza tener conto che la reattività del Paese nasce dal basso e non dall’alto. Solo su questo presupposto si può immaginare il necessario e innovativo rilancio del regionalismo italiano e della sua evoluzione.

Un percorso complesso, carico di opportunità, ma anche di molti pregiudizi. Quindi, parlarne è d’obbligo e lo dobbiamo fare soprattutto ascoltando la voce delle periferie. La voce di quelle periferie che si riconoscono nell’unità del Paese, ma non nel centralismo, nella presunzione che da Roma sia possibile cogliere e interpretare la molteplicità di anime e di paesaggi che ci rende ricchi e irripetibili.

E’ l’obiettivo delle riflessioni che nei prossimi mesi vorrei sviluppare approfittando del pregevole spazio di confronto offerto dalla rivista Mente Politica.

Riflessioni che muovono dall’esperienza trentina e dai buoni risultati fino ad oggi ottenuti, ma che hanno l’ambizione di guardare non al “particolare”, ma al “generale”, non agli egoismi di campanile, ma all’orizzonte più ampio degli interessi nazionali. Un’ambizione alimentata dalle molte altre esperienze positive, dai dibattiti costruttivi, dalla generosità di cui siamo fortunatamente e sorprendentemente ricchi. L’Italia non è nata come l’espansione di un centro: abbiamo una multipolarità che ci è congeniale da sempre; abbiamo imprese diventate multinazionali nate e rimaste in paesi del Veneto o delle Marche; abbiamo tradizioni municipali e, per chi come me conosce bene i monti, anche di valle con economie e identità diverse. Insomma siamo plurali, sotto ogni registro e a ogni dimensione. Per questo può essere naturale che dall’estremo sud o dall’estremo nord dell’Italia, nel mio caso dal Trentino, possano venire riflessioni che investono l’intero Paese. Per quanto mi riguarda, parto da una autonomia speciale e questo potrebbe far ritenere che l’esperienza di cui sono testimone non sia generalizzabile. Ma non è così, perché è dai territori e non dagli statuti e dalle loro dotazioni finanziarie che trae energia la nostra vitalità e la nostra capacità competitiva. Le regioni ad autonomia speciale, con statuti del tutto analoghi, hanno avuto destini profondamente diversi. Come destini diversi hanno avuto regioni ad autonomia ordinaria, con caratteristiche geografiche e antropiche del tutto simili. Se la ricchezza principale su cui possiamo contare, accanto alla straordinarietà del nostro paesaggio, è la qualità del capitale umano e il modo d’essere dei molti territori che popolano l’Italia, qualunque voce in grado di far crescere e di valorizzare questo capitale e questo modo d’essere rappresenta un’occasione cruciale per parlare al nostro futuro.

 

 

 

* Presidente della Provincia Autonoma di Trento