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24 aprile 2024
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Turchia e Santa Sede. La “trasversalità dialogante” di Papa Francesco nella crisi mediorientale

Carola Cerami * - 02.12.2014
Papa Francesco in Turchia

Il viaggio apostolico di Papa Francesco, svoltosi in Turchia dal 28 al 30 Novembre 2014, è stato preceduto da un importante vertice sul Medio Oriente, convocato dallo stesso pontefice in Vaticano dal 2 al 4 Ottobre. All’incontro hanno partecipato i Nunzi Apostolici del Medio Oriente, i rappresentati della Santa Sede presso le Nazioni Unite a New York e Ginevra, il nunzio apostolico presso l’Unione Europea e i Vertici della Curia Romana. L’incontro aveva come tema “La presenza dei Cristiani in Medio Oriente” e come obiettivo principale uno scambio di informazioni utili per una visione complessiva dell’intera situazione nella regione mediorientale.

Nel comunicato conclusivo dell’incontro, oltre all’urgenza di garantire assistenza umanitaria alle popolazioni della regione, emerse la forte preoccupazione rappresentata dalla minaccia dell’ISIS e dai gruppi estremisti e fondamentalisti. “Grave preoccupazione – si legge nel documento- desta l’operato di alcuni gruppi estremisti, in particolare del cosiddetto “Stato Islamico” le cui violenze e abusi non possono lasciare indifferenti. Non si può tacere, né la comunità internazionale può rimanere inerte, di fronte al massacro di persone soltanto a causa della loro appartenenza religiosa ed etnica, di fronte alla decapitazione e crocifissione di essere umani nelle piazze pubbliche, di fronte all’esodo di migliaia di persone, alla distruzione dei luoghi di culto”. In tale contesto il documento ribadisce la necessità di proteggere le minoranze religiose cristiane e tutelare la libertà di religione e di espressione.

E’ in questo scenario che si inserisce il sesto viaggio internazionale di Papa Bergoglio in Turchia.

Gli obiettivi centrali di questo viaggio si possono riassumere in tre aspetti prioritari: maggiore protezione per i Cristiani in Medio Oriente e difesa della libertà di espressione e religione; promozione del dialogo interreligioso e interculturale e contrapposizione al fondamentalismo; infine, il rafforzamento del dialogo ecumenico fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa. Quest’ultimo aspetto è di grande rilevanza per le due Chiese e la decisione di Papa Francesco di recarsi in Turchia in occasione della festa di Sant’Andrea (festa patronale della Chiesa ortodossa) parte proprio dall’invito del patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I.

La visita di Papa Francesco si inserisce nella tradizione dei rapporti fra la Repubblica Turca e la Santa Sede. All’origine di tale percorso fu determinante il ruolo del delegato apostolico Angelo Roncalli, poi divenuto Papa Giovanni XXIII. Roncalli fu trasferito ad Istanbul come delegato apostolico per la Turchia e la Grecia nel 1934 e vi rimase fino al 1944. Durante i 10 anni trascorsi a Istanbul, Roncalli riuscì a creare con gli ambienti governativi turchi un’atmosfera di amicizia verso la Santa Sede, che si consolidò sotto il suo pontificato. Questo rapporto si rafforzò ancor più quando il presidente turco Celal Bayar si recò in visita dal nuovo Papa Giovanni XXIII l’11 giugno 1959 e insieme decisero di istituire delle rappresentanze ufficiali a partire dal gennaio 1961. La prima visita ufficiale in Turchia è stata quella di Papa Paolo VI (25 e 26 luglio del 1967), quindi quella di Giovanni Paolo II (28 al 30 Novembre del 1979) e infine quella di Benedetto XVI (28-30 Novembre 2006) segnate rispettivamente dagli incontri con i Patriarchi costantinopolitani Atenagora, Demetrio e Bartolomeo.

I tre obiettivi della visita di Papa Francesco in Turchia, sono individuabili in tre momenti, ciascuno caratterizzato da simboli, gesti e ritualità. Il primo momento è quello istituzionale. Comincia ad Ankara con la visita al Mausoleo che custodisce le spoglie di Mustafa Kemal Ataturk (fondatore e padre della moderna Turchia), continua poi nel nuovo palazzo presidenziale con il presidente Erdogan, il primo ministro Davutoglu e le altre autorità politiche. Il discorso di Papa Francesco nell’incontro con le autorità turche pone l’accento sulla crisi mediorientale e sottolinea il ruolo e la “grande responsabilità” della Turchia negli equilibri regionali. Il punto centrale del suo discorso è l’importanza della libertà religiosa e la necessità di contrapporsi senza riserve al fondamentalismo e al terrorismo.  Il messaggio ad Erdogan è forte e chiaro.

Il secondo momento è costituito dalla visita al Presidente degli Affari Religiosi al Diyanet. Qui il tema principale è il dialogo interreligioso e interculturale. Papa Francesco ribadisce l’importanza del ruolo dei leader religiosi, cristiani e musulmani, e l’urgenza della collaborazione per favorire il dialogo e l’educazione alla reciproca comprensione, denunciando la strumentalizzazione della religione per giustificare la violenza.

Il terzo momento è l’incontro con il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I. Papa Francesco entra nel solco dei suoi predecessori e fa dell’Ecumenismo una delle priorità del suo pontificato, ma i suoi gesti, oltre che le sue parole, sembrano superare il dialogo teologico e dare una rinnovata spinta al cammino di riconciliazione fra cattolici e ortodossi. In particolare appaiono dense di significato le seguenti parole “…il ristabilimento della piena comunione (fra le due Chiese), non significa né sottomissione l’uno dell’altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza…”, riuscendo in tal modo a creare le condizioni per il superamento di quel “primato petrino” (del vescovo di Roma) considerato uno dei maggiori ostacoli teologici alla riconciliazione. Il capo chino verso Bartolomeo I sembra imprimere, con un gesto dal forte valore simbolico, il senso delle parole. In un momento di forti difficoltà per i Cristiani in Medioriente, rafforzare l’unione delle due Chiese cristiane, quella cattolica e quella ortodossa, sembra un’urgenza non più rinviabile.

Il concetto di “trasversalità dialogante”, offerto da Papa Francesco nel suo discorso a Strasburgo, al Consiglio d’Europa, il 25 novembre, è dunque riproposto anche per la crisi mediorientale e appare vitale per la sopravvivenza dei Cristiani in quell’area regionale. La difesa del Cristianesimo oggi richiede il dialogo con l’“altro” e la capacità di rinnovare la propria identità. Secondo Bergoglio: “La storia oggi chiede la capacità di uscire per l’incontro dalle strutture che “contengono” la propria identità al fine di renderla più forte e più feconda nel confronto fraterno della trasversalità”.

La Chiesa Cattolica oggi, nella difesa della propria identità, appare vigile ai segnali di un mondo in profonda trasformazione e sembra offrire elementi di rinnovata vitalità: da Lampedusa a Gerusalemme, da Rio de Janeiro alla Corea, dal cuore dell’Europa fino ad Istanbul.

 

 

 

* E' assegnista di ricerca in Storia internazionale all’Università di Pavia e direttore dell’International Center for Contemporary Turkish Studies di Milano