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17 aprile 2024
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Gli anni bui del Novecento: due date da non dimenticare

Francesco Provinciali * - 20.05.2020
Hotel Auschwitz

Nei prossimi venti giorni si ricordano due date emblematiche degli anni bui del Novecento: l’omicidio Matteotti del 10 giugno1924 che impresse una svolta violenta al regime fascista e il primo ingresso di un prigioniero nel campo di concentramento di Auschwitz, avvenuto il 20 maggio 1944, di fatto l’inizio dell’Olocausto. Vogliamo ricordarle affinché – anche in questo periodo così travagliato per il mondo a causa della pandemia -  la memoria prevalga sull’oblio e sul negazionismo.

 

                                       10 giugno 1924: l’omicidio Matteotti e la svolta del fascismo

Giacomo Matteotti, deputato socialista, eletto alla Camera nel 1919 e poi rieletto nel 1921 e 1924 era soprannominato “tempesta” dai suoi colleghi di partito (PSU, dopo l’espulsione sua,  di Filippi Turati e della corrente riformista nel 1922 dal Partito socialista italiano) , per il suo carattere combattivo e rigoroso.               

Il 30 maggio 1924  prese la parola in Aula per contestare i risultati delle elezioni tenutesi il precedente 6 aprile. Mentre dai banchi fascisti si levavano plateali e fragorose contestazioni che lo interrompevano più volte Matteotti, denunciando una nuova serie di violenze, illegalità e brogli commessi dai fascisti per vincere le elezioni, pronunciava un discorso che sarebbe rimasto famoso: «[...] Contestiamo in questo luogo e in tronco la validità delle elezioni della maggioranza. [...] L'elezione secondo noi è essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non è valida in tutte le circoscrizioni. [...] Per vostra stessa conferma (dei parlamentari fascisti) dunque nessun elettore italiano si è trovato libero di decidere con la sua volontà... [...] Vi è una milizia armata, composta di cittadini di un solo Partito, la quale ha il compito dichiarato di sostenere un determinato Governo con la forza, anche se ad esso il consenso mancasse». Terminato il discorso disse ai suoi compagni di partito: “Il mio discorso io l’ho fatto, ora voi preparate l’orazione funebre per me”.

In una precedente occasione aveva pronunciato queste parole che si sarebbero rivelate profetiche: “Uccidete pure me ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”.

Purtroppo il suo ardore e il suo coraggio e soprattutto quella contestazione dei risultati elettorali che premiavano il partito fascista gli furono fatali: il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti fu rapito e assassinato il giorno stesso , dopo un lungo girovagare nell’auto con lui prigioniero, per mano di una squadra di fascisti capitanata da Amerigo Dumini, sepolto sommariamente e ritrovato a due mesi da quel sequestro e brutale omicidio. Questo episodio segnò una svolta movimentista e violenta del Partito fascista: da partito politico e di opinione a partito di regime. Da quel giorno la gente scelse da che parte stare e quel fatto cruento di sangue, un episodio di brutale e inaudita violenza spinse gli uomini liberi ad intraprendere una lunga battaglia di resistenza e opposizione al fascismo.

“Il nemico è uno solo: il fascismo. Suo complice involontario è il comunismo: la violenza e la dittatura predicata dall’uno diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura in atto dall’altra”.

Dopo l’omicidio Matteotti nulla fu come prima poiché fascisti e antifascisti si combatterono a carte scoperte. Si ricordano in particolare le Leggi razziali del 1938 e la dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940: per una coincidenza storica esattamente 16 anni dopo l’assassinio di Matteotti.

Ma questo giorno, il 10 giugno, ci ricorda almeno altre due date tristemente e atrocemente dolorose e memorabili.

Il 10 giugno 1942 a Lidice in Boemia, per una rappresaglia seguita all’uccisione del “boia” Reynard Heydrich – chiamato anche “il macellaio di Praga”, la “bestia bionda”, “il giovane dio della morte” – vennero barbaramente assassinati 192 abitanti, tra cui molte donne e bambini.

Infine il 10 giugno 1944 in una rappresaglia per l’uccisione del criminale di guerra Helmuth Kampfe, i nazisti trucidarono 642 civili dando fuoco al villaggio di Oradour sur Glane, nella Nuova Acquitania, in Francia.

Alla fine della guerra questo paese non fu ricostruito ma divenne “Museo della memoria”.

 

                                        20 maggio 1940: apriva in Polonia  l’”HOTEL  AUSCHWITZ”

Il 20 maggio del 1940 faceva il suo ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz, in Polonia, il primo prigioniero ebreo. Insieme a Chelmo, Belzec, Sobibor, Treblinka, Majdanek. Buchenwald, Dachau, Jasenovac, Varsavia  il complesso di Auschwitz-Birkenau rappresenta nella memoria storica tramandata il più grande campo di raccolta e di sterminio del Terzo Reich.

Dal giorno della sua apertura – di cui oggi ricordiamo la terribile ricorrenza - fino al funzionamento a saturazione della sua capienza Auschwitz ospitò stabilmente una media giornaliera compresa tra i 15 mila e i 20 mila prigionieri,  tra militari fatti prigionieri e popolazione civile: uomini, donne, bambini e anziani.

Al termine del secondo conflitto mondiale le cifre della Shoah ci riferiscono di oltre 6 milioni di vittime nei campi di concentramento nel periodo compreso tra il 1933 e il 1945, di cui circa un milione e mezzo nel solo punto di internamento di Auschwitz, passato alla Storia come il simbolo delle sterminio del regime nazista.

Calcolando anche le anche le centinaia di migliaia di ebrei uccisi tra la popolazione inerme nelle città e nei villaggi di Polonia, Ucraina, Bielorussia, Russia, nonché i morti del ghetto di Varsavia il conto delle vittime dell’Olocausto sale a  7-8 milioni.

Si stima che tra campi di lavoro, di transito, di internamente, e di sterminio furono almeno 55 i punti di raccolta dei prigionieri del regime nazista.

Arbeit macht frei: il lavoro rende liberi. Questo il monito che accoglieva i prigionieri nei campi di internamento. Dovremmo ricordarcene oggi, a 80 anni di distanza dall’apertura di Auschwitz, proprio nel momento in cui nell’U.E. il tema del lavoro diventerà il perno su cui potrà innestarsi il volano della rinascita,  dopo la terribile batosta della pandemia Covid-19.

Per rappresentare alla nostra epoca – specie in questo travagliato e drammatico periodo di crisi planetaria - come le parole possano avere significati diversi, se usate in modo strumentale e come la realtà e l’evidenza dei fatti spieghino assai bene invece il sinistro senso retorico e aberrante che se ne può fare, richiamando principi e valori che si collocano totalmente al di fuori della civiltà e del rispetto dell’essere umano.

Che in fondo vuol dire che a parole in se’ nobili e condivisibili possono corrispondere fatti diversamente dolorosi, nelle alterne vicende della vita e nei corsi e ricorsi della storia.

Come quelle pronunciate il giorno precedente l’apertura dell’”Hotel Auschwitz”,  inteso dai suoi gestori come luogo di redenzione e libertà in nome del lavoro, appunto.

Il 19 maggio di quel 1940 a Milano, il Ministro degli esteri del regime fascista, Conte Galeazzo Ciano – in occasione del 1° anniversario del Patto d’Acciaio, ebbe a pronunciare tra le altre queste parole: “Questa solenne adunata …assume un significato e un valore che a nessuno potrà sfuggire. Essa si compie mentre vicende di singolare grandezza creano, ora per ora, il nuovo destino dell’Europa e del mondo”….”Quali siano questi compiti voi lo sapete al pari di me, essi sono dettati dalla difesa dei nostri diritti di Stato sovrano in terra, aria e sul mare, dalla necessità di realizzare le nostre aspirazioni che sono naturali perché eque e indispensabili alla vita stessa del Paese”.

Sfogliando le pagine della Storia sappiamo oggi come andò a finire.

Queste vicende e queste date sono parte della Storia del Novecento: esse costituiscono un monito perenne che abbiamo il dovere di non dimenticare.

 

 

 

 

* Ex dirigente ispettivo MIUR